di Federica Simoni
Con la presente Circolare vengono approfondite le principali novità contenute nella legge di bilancio 2024 (legge n. 213/2023), ritenute di interesse per i Signori Clienti.
Nel dettaglio, gli interventi che verranno affrontati in questa sede riguardano:
Viene previsto, per il solo 2024, l’incremento della soglia di non imponibilità dei fringe benefit, che passa da € 258,23 a :
€ 1.000,00 per tutti i dipendenti;
€ 2.000,00 per i soli dipendenti con figli fiscalmente a carico.
Rientrano nel suddetto limite, per tutti i dipendenti, con o senza figli, anche le somme erogate o rimborsate dal datore di lavoro per il pagamento:
Viene nuovamente prorogato il regime per la rideterminazione del costo fiscale delle partecipazioni non quotate di cui all’art. 5 della L. 448/2001, confermando la sua applicazione anche alle partecipazioni negoziate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione. Inoltre, viene prorogata anche la rivalutazione dei terreni (agricoli ed edificabili) di cui all’art. 7 della L. 448/2001.
Anche per il 2024, quindi, sarà consentito a persone fisiche, società semplici, enti non commerciali e soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia di rivalutare il costo o valore di acquisto delle partecipazioni e dei terreni posseduti alla data dell’1.1.2024, al di fuori del regime d’impresa, affrancando in tutto o in parte le plusvalenze conseguite, ai sensi dell’art. 67 co. 1 lett. a) – c-bis) del TUIR, allorché le partecipazioni o i terreni vengano ceduti a titolo oneroso.
Per rideterminare il valore delle partecipazioni non quotate e dei terreni, occorrerà che, entro il 30.6.2024, un professionista abilitato rediga e asseveri la perizia di stima della partecipazione o del terreno.
Invece, per la rideterminazione del costo dei titoli, delle quote o dei diritti negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione posseduti all’1.1.2024, il nuovo co. 1-bis dell’art. 5 della L. 448/2001 prevede la possibilità di assumere, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore normale determinato in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nel mese di dicembre 2023 ai sensi dell’art. 9 co. 4 lett. a) del TUIR.
La rideterminazione del costo fiscale delle partecipazioni e dei terreni per l’anno 2024 prevede l’applicazione dell’imposta sostitutiva con aliquota unica del 16%. L’imposta sostitutiva del 16% deve essere versata per l’intero ammontare, entro il 30.6.2024, oppure, in caso di opzione per il versamento rateale, in tre rate annuali di pari importo scadenti, rispettivamente, il 30.6.2024, il 30.6.2025 e il 30.6.2026. Le rate successive alla prima dovranno essere maggiorate degli interessi del 3% annuo, a decorrere dal 30.6.2024.
La rideterminazione si perfeziona con il versamento, entro il 30.6.2024, del totale dell’imposta sostitutiva dovuta o della prima rata.
A decorrere dall’1.1.2024, rientrano tra i redditi diversi le plusvalenze realizzate dalla cessione di immobili sui quali sono stati realizzati interventi con il superbonus, di cui all’art. 119 del DL 34/2020, che si sono conclusi da non più di 10 anni all’atto della cessione.
In pratica, nei successivi 10 anni dalla fine dei lavori agevolati con il superbonus, la vendita di immobili è rilevante ai fini delle imposte sui redditi.
Sono esclusi gli immobili:
Con riguardo alle modalità di determinazione dei costi inerenti ai fini del calcolo della plusvalenza, modificando l’art. 68 co. 1 del TUIR, viene stabilito che:
Rimane fermo che per gli stessi immobili acquisiti o costruiti, alla data della cessione, da oltre 5 anni, il prezzo di acquisto o il costo di costruzione, è rivalutato in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
Alle suddette plusvalenze sarà possibile applicare l’imposta sostitutiva dell’IRPEF del 26%.
La legge di bilancio 2024 interviene sul regime fiscale delle locazioni brevi (fino a 30 giorni), prevedendo dall’1/01/2024 un aumento della tassazione su tali locazioni, per coloro che hanno optato per la cedolare secca. L’aliquota passa dal 21% al 26%.
Viene, però, precisato che l’aliquota resta pari al 21% per un solo immobile, destinato alla locazione breve, individuato dal contribuente in sede di dichiarazione dei redditi.
La disciplina delle locazioni brevi è riservata ai contratti stipulati al di fuori dell’esercizio di impresa.
Infine la legge di bilancio 2024 stabilisce che i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare o che gestiscono portali telematici, qualora incassino o intervengano nel pagamento dei canoni relativi ai contratti in oggetto, operino la ritenuta sempre a titolo d’acconto.
A decorre dall’1 marzo 2024 la ritenuta di acconto che viene applicata sui bonifici bancari o postali per interventi edilizi passa dall’8% all’11%.
La disposizione riguarderà il superbonus di cui all’art. 119 del DL 34/2020, l’ecobonus, di cui all’art. 14 del DL 63/2013, il bonus casa 50%, di cui all’art. 16bis del TUIR e il bonus barriere 75%, di cui all’art. 119ter del DL34/2020.
di Federica Simoni
Con la presente Circolare vengono approfondite le principali novità contenute nella legge di bilancio 2024 (legge n. 213/2023), ritenute di interesse per i Signori Clienti.
Nel dettaglio, gli interventi che verranno affrontati in questa sede riguardano:
Viene previsto, per il solo 2024, l’incremento della soglia di non imponibilità dei fringe benefit, che passa da € 258,23 a :
€ 1.000,00 per tutti i dipendenti;
€ 2.000,00 per i soli dipendenti con figli fiscalmente a carico.
Rientrano nel suddetto limite, per tutti i dipendenti, con o senza figli, anche le somme erogate o rimborsate dal datore di lavoro per il pagamento:
Viene nuovamente prorogato il regime per la rideterminazione del costo fiscale delle partecipazioni non quotate di cui all’art. 5 della L. 448/2001, confermando la sua applicazione anche alle partecipazioni negoziate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione. Inoltre, viene prorogata anche la rivalutazione dei terreni (agricoli ed edificabili) di cui all’art. 7 della L. 448/2001.
Anche per il 2024, quindi, sarà consentito a persone fisiche, società semplici, enti non commerciali e soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia di rivalutare il costo o valore di acquisto delle partecipazioni e dei terreni posseduti alla data dell’1.1.2024, al di fuori del regime d’impresa, affrancando in tutto o in parte le plusvalenze conseguite, ai sensi dell’art. 67 co. 1 lett. a) – c-bis) del TUIR, allorché le partecipazioni o i terreni vengano ceduti a titolo oneroso.
Per rideterminare il valore delle partecipazioni non quotate e dei terreni, occorrerà che, entro il 30.6.2024, un professionista abilitato rediga e asseveri la perizia di stima della partecipazione o del terreno.
Invece, per la rideterminazione del costo dei titoli, delle quote o dei diritti negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione posseduti all’1.1.2024, il nuovo co. 1-bis dell’art. 5 della L. 448/2001 prevede la possibilità di assumere, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore normale determinato in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nel mese di dicembre 2023 ai sensi dell’art. 9 co. 4 lett. a) del TUIR.
La rideterminazione del costo fiscale delle partecipazioni e dei terreni per l’anno 2024 prevede l’applicazione dell’imposta sostitutiva con aliquota unica del 16%.
L’imposta sostitutiva del 16% deve essere versata per l’intero ammontare, entro il 30.6.2024, oppure, in caso di opzione per il versamento rateale, in tre rate annuali di pari importo scadenti, rispettivamente, il 30.6.2024, il 30.6.2025 e il 30.6.2026.
Le rate successive alla prima dovranno essere maggiorate degli interessi del 3% annuo, a decorrere dal 30.6.2024.
La rideterminazione si perfeziona con il versamento, entro il 30.6.2024, del totale dell’imposta sostitutiva dovuta o della prima rata.
A decorrere dall’1.1.2024, rientrano tra i redditi diversi le plusvalenze realizzate dalla cessione di immobili sui quali sono stati realizzati interventi con il superbonus, di cui all’art. 119 del DL 34/2020, che si sono conclusi da non più di 10 anni all’atto della cessione.
In pratica, nei successivi 10 anni dalla fine dei lavori agevolati con il superbonus, la vendita di immobili è rilevante ai fini delle imposte sui redditi.
Sono esclusi gli immobili:
Con riguardo alle modalità di determinazione dei costi inerenti ai fini del calcolo della plusvalenza, modificando l’art. 68 co. 1 del TUIR, viene stabilito che:
Rimane fermo che per gli stessi immobili acquisiti o costruiti, alla data della cessione, da oltre 5 anni, il prezzo di acquisto o il costo di costruzione, è rivalutato in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
Alle suddette plusvalenze sarà possibile applicare l’imposta sostitutiva dell’IRPEF del 26%.
La legge di bilancio 2024 interviene sul regime fiscale delle locazioni brevi (fino a 30 giorni), prevedendo dall’1/01/2024 un aumento della tassazione su tali locazioni, per coloro che hanno optato per la cedolare secca. L’aliquota passa dal 21% al 26%.
Viene, però, precisato che l’aliquota resta pari al 21% per un solo immobile, destinato alla locazione breve, individuato dal contribuente in sede di dichiarazione dei redditi.
La disciplina delle locazioni brevi è riservata ai contratti stipulati al di fuori dell’esercizio di impresa.
Infine la legge di bilancio 2024 stabilisce che i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare o che gestiscono portali telematici, qualora incassino o intervengano nel pagamento dei canoni relativi ai contratti in oggetto, operino la ritenuta sempre a titolo d’acconto.
Viene consentito, a determinate condizioni, di regolarizzare le rimanenze di magazzino adeguandole alla situazione di giacenza effettiva.
È prevista la facoltà:
La facoltà di regolarizzazione riguarda il periodo d’imposta in corso al 30.9.2023 (e, quindi, il 2023 per i soggetti “solari”).
Possono avvalersi della facoltà gli esercenti attività d’impresa che non adottano i principi contabili internazionali. Sono in ogni caso escluse le imprese in contabilità semplificata.
L’adeguamento può riguardare le rimanenze:
Sono, invece, escluse le rimanenze relative:
L’adeguamento delle esistenze iniziali di magazzino può avvenire tramite:
Nel caso dell’eliminazione di esistenze iniziali di quantità o di valori superiori a quelli effettivi, occorre provvedere al versamento:
In relazione all’imposta sostitutiva, la relativa aliquota è stabilita al 18%, da applicare sulla differenza tra il valore eliminato moltiplicato per il suddetto coefficiente di maggiorazione (in pratica, l’ammontare dell’imponibile ai fini dell’IVA come sopra determinato) e il valore del bene eliminato.
Nel caso di iscrizione di esistenze iniziali il contribuente deve provvedere al pagamento della sola imposta sostitutiva del 18%, da calcolare sull’intero valore iscritto.
L’adeguamento deve essere richiesto nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in corso al 30.9.2023, cioè, nei modelli Redditi 2024 e Irap 2024 per i soggetti “solari”.
Le imposte dovute vanno versate in due rate di pari importo; la prima, entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d’imposta in corso al 30.9.2023, la seconda, entro il termine di versamento della seconda o unica rata dell’acconto delle imposte sui redditi relativa al periodo d’imposta 2024.
In caso di mancato pagamento delle imposte dovute per l’adeguamento nei termini previsti, conseguirà l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo delle somme non pagate, dei relativi interessi, nonché delle sanzioni conseguenti. Resta possibile avvalersi del ravvedimento operoso, secondo le disposizioni generali.
L’imposta sostitutiva è indeducibile dalle imposte sui redditi e dall’IRAP.
La regolarizzazione non rileva ai fini sanzionatori di alcun genere, non ha effetto sui processi verbali di constatazione consegnati e sugli accertamenti notificati fino all’1.1.2024.
I valori risultanti dall’adeguamento sono riconosciuti ai fini civilistici e fiscali a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 30.9.2023 e, nel limite del valore iscritto o eliminato, non possono essere utilizzati ai fini dell’accertamento in riferimento a periodi di imposta precedenti.
A decorre dall’1 marzo 2024 la ritenuta di acconto che viene applicata sui bonifici bancari o postali per interventi edilizi passa dall’8% all’11%.
La disposizione riguarderà il superbonus di cui all’art. 119 del DL 34/2020, l’ecobonus, di cui all’art. 14 del DL 63/2013, il bonus casa 50%, di cui all’art. 16bis del TUIR e il bonus barriere 75%, di cui all’art. 119ter del DL34/2020.
di Riccardo Righi
In occasione delle festività natalizie, lo Studio propone un ripasso della disciplina fiscale degli omaggi ai fini delle imposte sui redditi, Irap e dell’imposta sul valore aggiunto, sostanzialmente invariata rispetto all’anno precedente.
SOCIETA’ COMMERCIALI
Imposte sui redditi
La disciplina fiscale sulle spese sostenute per omaggi si differenzia a seconda che i beni siano destinati ai clienti oppure ai dipendenti o assimilati (es. co.co.co. e lavoratori a progetto).
In linea generale, gli omaggi ai clienti rientrano nelle “spese di rappresentanza”.
Gli oneri sostenuti per omaggi destinati a ciascun cliente dell’impresa sono deducibili secondo lo schema di seguito proposto:
Tale differenziazione vale solo per le cessioni di beni, poiché, come chiarito dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 34 del 13.7.2009, la deducibilità integrale non è mai applicabile alle erogazioni di servizi a titolo gratuito, per i quali valgono di conseguenza i limiti di cui al secondo punto.
Al fine di determinare il “valore unitario” degli omaggi, è necessario fare riferimento al regalo nel suo complesso (e non ai singoli beni che lo compongono) e, in particolare, al suo valore di mercato.
Si ricorda che, per gli omaggi di valore unitario superiore a 50 euro è necessario che sia rispettato il criterio dell’inerenza, ovvero che le spese di rappresentanza siano:
Per quanto riguarda, invece, i beni autoprodotti dall’impresa (beni alla cui ideazione, produzione e commercializzazione è diretta l’attività d’impresa che vengono prodotti dalla società o che sono commissionati a lavoranti esterni e acquistati dall’impresa per la successiva rivendita), è necessario effettuare una distinzione:
Un semplice esempio è utile a chiarire quanto detto. Nel caso in cui il valore di mercato dell’omaggio sia di € 60, mentre il costo di produzione sostenuto dall’impresa sia di € 45, si avrà una spesa deducibile secondo i limiti di congruità di cui al D.M. 19.11.2008 (in quanto è superata la soglia dei 50 euro) e a concorrere al calcolo di tale limite andrà il costo di produzione di € 45.
Per quanto riguarda gli omaggi destinati ai dipendenti la disciplina di riferimento è quella dei costi per le prestazioni di lavoro, ovvero l’articolo 95, comma 1, del TUIR. I costi relativi a tali spese sono quindi deducibili dal reddito d’impresa, a condizione che non abbiano finalità di istruzione, educazione, ricreazione, assistenza sociale o di culto. Queste ultime infatti sono deducibili nel limite del 5 per mille delle spese per prestazioni di lavoro dipendente.
IRAP
Per quanto riguarda la determinazione della base imponibile Irap delle società di capitali e cooperative, il costo degli omaggi indirizzati ai clienti è deducibile per la parte stanziata a conto economico. D’altro canto, con riferimento agli omaggi destinati ai dipendenti e soggetti assimilati, le relative spese sono deducibili in quanto funzionali all’attività d’impresa e non assumenti natura retributiva per il dipendente o il collaboratore.
Con riguardo alle società di persone commerciali e alle ditte individuali, sia le spese per omaggi destinati ai clienti sia quelle per i dipendenti e soggetti assimilati sono indeducibili ai fini Irap, posto che esse non sono comprese tra i costi deducibili previsti dall’articolo 5-bis del D.Lgs. 446/97.
PROFESSIONISTI E LAVORATORI AUTONOMI
Sia ai fini Irpef che ai fini Irap, posto che sia rispettato il requisito dell’inerenza all’attività svolta, i costi relativi ai beni oggetto di omaggio ai clienti è deducibile dal reddito del professionista e dal valore della produzione, a titolo di spese di rappresentanza, nel limite dell’1% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta.
Per quanto riguarda gli omaggi destinati ai dipendenti e soggetti assimilati, i relativi costi sono integralmente deducibili sia ai fini Irpef che ai fini Irap.
Per i contribuenti assoggettati al regime dei cosiddetti “nuovi minimi”, i costi relativi agli omaggi sono integralmente deducibili se di valore non superiore a € 50. Per i costi superiori a 50 euro, si applica il trattamento previsto per le spese di rappresentanza, ovvero la deducibilità nel limite dell’1% del reddito di lavoro autonomo.
Con riferimento ai contribuenti che determinano il reddito secondo il nuovo regime forfetario per gli autonomi di cui alla L. 23.12.2014 n. 190, il tema della deducibilità degli omaggi non assume alcun rilievo, in quanto tali soggetti determinano il reddito forfettariamente e non deducono i costi analiticamente.
La tabella che segue riassume quanto sopra detto per quanto riguarda il regime fiscale delle società di capitali e cooperative (soggetti Ires), società di persone e ditte individuali (soggetti Irpef), lavoratori autonomi e professionisti.
REGIME OMAGGI |
IMPOSTE SUI REDDITI |
IRAP |
|
SOGGETTI IRES |
CLIENTI |
Cessioni gratuite di beni |
Deducibili per l’importo stanziato a conto economico |
DIPENDENTI E ASSIMILATI |
Integralmente deducibili purchè non aventi finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto |
Deducibili in quanto funzionali all’attività d’impresa, non assumendo natura retributiva |
|
SOGGETTI IRPEF |
CLIENTI |
Cessioni gratuite di beni |
Indeducibili |
DIPENDENTI E ASSIMILATI |
Integralmente deducibili purchè non aventi finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto |
Indeducibili |
|
LAVORO AUTONOMO E PROFESSIONISTI |
CLIENTI |
Deducibili, se rispettano il requisito di inerenza, nel limite dell’1% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta |
Deducibili in quanto funzionali all’attività di lavoro autonomo e non assumenti natura retributiva per il dipendente o collaboratore |
DIPENDENTI E ASSIMILATI |
Integralmente deducibili |
Deducibili in quanto funzionali all’attività di lavoro autonomo e non assumenti natura retributiva per il dipendente o collaboratore |
DISCIPLINA IVA
La disciplina dell’imposta sul valore aggiunto relativa alle spese per beni oggetto di omaggio si divide a seconda che i beni stessi rientrino o meno nell’attività propria dell’impresa. Di seguito si espongono le principali differenze fra le due categorie di beni e, in conclusione, si riporta una tabella riassuntiva di quanto descritto.
Beni rientranti nell’attività propria dell’impresa
Come chiarito dalla Circolare Ministeriale n. 188/E del 16.7.1998, gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o commercio rientra nell’attività propria dell’impresa, non costituiscono spese di rappresentanza. Pertanto, l’Iva su tali acquisti risulta detraibile, non essendo applicabile l’articolo 19-bis1 del DPR 633/72. La relativa cessione gratuita risulta sempre imponibile Iva.
Al fine di determinare la base imponibile della cessione è necessario fare riferimento:
Tenendo in considerazione che la rivalsa dell’Iva non è obbligatoria in caso di cessioni gratuite di beni, in caso di assenza di rivalsa l’operazione può essere certificata, alternativamente:
L’Iva non addebitata in rivalsa non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi.
Le autofatture per omaggi devono essere emesse in modalità elettronica:
Campioni gratuiti
Un’eccezione al regime di imponibilità delle cessioni gratuite di beni rientranti nell’attività propria dell’impresa è rappresentata dalle cessioni gratuite di campioni:
Seguendo il disposto dell’articolo 2, comma 3, lettera d) del DPR 633/72, tali operazioni di cessione sono fuori campo Iva. Ciononostante, il relativo diritto di detrazione resta esercitabile, secondo quanto stabilito dall’articolo 19, comma 3, lettera c) del DPR 633/72.
Beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa
Facendo riferimento alla Circolare Ministeriale n. 188/E del 16.7.1998, i costi relativi ai beni destinati ad essere oggetto di cessioni gratuite, la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa, costituiscono sempre spese di rappresentanza ai fini della detrazione dell’Iva. In base al combinato disposto dell’art. 2 co. 2 n. 4 e dell’art. 19-bis1, co. 1, lett. h) del DPR 633/72, le relative operazioni di cessione sono sempre fuori campo Iva.
Per quanto riguarda il diritto di detrazione, è necessario effettuare una distinzione:
Omaggi ai dipendenti e soggetti assimilati
I beni acquistati destinati ad essere oggetto di cessione gratuita verso i propri dipendenti e soggetti assimilati non sono inerenti all’attività d’impresa e non possono essere qualificati come spese di rappresentanza. Di conseguenza la relativa Iva sugli acquisti è indetraibile e la successiva cessione è fuori campo Iva.
Nel caso in cui i beni siano oggetto dell’attività d’impresa, spetterà il diritto alla detrazione e la cessione gratuita sarà imponibile.
La tabella che segue riassume brevemente quanto sopra descritto sulla disciplina Iva degli omaggi.
|
IVA ACQUISTI |
CESSIONI |
Beni rientranti nell’attività propria dell’impresa |
Detraibile |
Imponibili |
Beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa |
Detraibile per costo unitario ≤ € 50 |
Fuori campo Iva |
Beni destinati a omaggi per i dipendenti |
Indetraibile, se i beni non sono oggetto dell’attività d’impresa |
Fuori campo Iva, se i beni non sono oggetto dell’attività d’impresa |
DISCIPLINA IVA DEI “BUONI ACQUISTO” (VOUCHER)
La disciplina IVA applicabile all’emissione, al trasferimento e al riscatto dei voucher è stata riformata con il D.Lgs. 141/2018, le cui disposizioni trovano applicazione per i buoni emessi successivamente al 31/12/2018.
Nell’ambito della nuova disciplina, i voucher (o “buoni corrispettivo”) sono definiti come strumenti che contengono l’obbligo di essere accettati come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi e che riportano sul supporto utilizzato o sulla relativa documentazione le informazioni necessarie a individuare i beni o servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo dei buoni medesimi.
Nella nuova disciplina, si distingue tra:
di Enrico Ferra
Come anticipato nella Circolare dello Studio n. 10/2022, si ricorda che al 31/12/2022 scade il periodo transitorio previsto dalla Legge di Bilancio per il 2018 per la tassazione dei dividendi percepiti dai possessori di partecipazioni qualificate.
Pertanto, con riferimento alle riserve di utili formatisi precedentemente al 01/01/2018, per le partecipazioni qualificate è possibile usufruire della tassazione agevolata sui dividendi (applicazione dell’Irpef sul 40%, 49,72%, 58,14% dell’imponibile a seconda del periodo di formazione degli utili) in luogo dell’attuale tassazione al 26%, a condizione che la distribuzione sia deliberata entro il suddetto termine del 31/12/2022.
Chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
In vista dell’approssimarsi della scadenza del regime transitorio, si ritiene utile tornare sull’argomento alla luce dei recenti chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate in risposta ad un’istanza di interpello pubblicata il 16 settembre 2022 con il n. 454/2022.
In tale intervento di prassi, l’Agenzia ha interpretato in maniera molto restrittiva la portata del regime transitorio affermando, senza particolari motivazioni, che l’applicazione del regime di cassa (cui soggiacciono i percettori dei dividendi in questione) “porta a ritenere che per i dividendi percepiti a partire dal 1° gennaio 2023 relativi a partecipazioni qualificate si applica la ritenuta a titolo d’imposta o l’imposta sostitutiva nella misura del 26 per cento”.
Ciò equivale a dire che anche se la norma transitoria parla genericamente di “utili […] deliberati dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2022”, lasciando immaginare che la delibera basti per beneficiare del regime agevolato (a prescindere dal pagamento effettivo dei dividendi), per l’Agenzia delle Entrate l’adozione della delibera è condizione sì necessaria ma non sufficiente a tale scopo.
La conseguenza è che, al fine di usufruire del regime agevolato, è necessario che entro il 31/12/2022 si realizzi sia la distribuzione che il pagamento degli utili ante 2018; eventuali tranche di dividendi non pagate entro la fine dell’anno saranno soggette alla tassazione del 26% a titolo definitivo in quanto ricadenti nel nuovo regime.
Per maggiori dettagli sulle modalità di tassazione alternative alla ritenuta del 26%, si rinvia alla citata Circolare n. 10/2022, ricordando qui molto succintamente che nel periodo transitorio in scadenza (con riferimento alle partecipazioni qualificate) è possibile usufruire della precedente tassazione sui dividendi consistente nell’assoggettare a tassazione gli stessi, con le aliquote progressive Irpef, limitatamente al:
– 40% del loro ammontare, qualora nel corso dell’anno siano stati distribuiti (e pagati) dividendi formati con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31/12/2007;
– 49,72% del loro ammontare, qualora nel corso dell’anno siano stati distribuiti (e pagati) dividendi formati con utili prodotti a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31/12/2007 e fino all’esercizio in corso al 31/12/2016;
– 58,14% del loro ammontare, qualora nel corso dell’anno siano stati distribuiti (e pagati) dividendi formati con utili prodotti a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016.
di Enrico Ferra
Ad integrazione della Circolare dello Studio n. 6 del 31/01/2022, con la presente vengono approfondite nel dettaglio le modalità di utilizzo del credito d’imposta per investimenti strumentali.
Fruizione dell’agevolazione
Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione tramite F24 con codice tributo:
Ai fini dell’utilizzo non è necessaria la preventiva presentazione della dichiarazione dei redditi.
Modalità di utilizzo dell’agevolazione
In linea generale, il credito d’imposta è utilizzabile in compensazione con tributi e contributi e spetta per i beni materiali e immateriali (sia “ordinari” che “4.0”) in tre quote annuali.
Per i soggetti con ricavi/compensi inferiori a 5 milioni di euro che hanno effettuato investimenti in beni materiali e immateriali “ordinari” nel periodo 16/11/2020 – 31/12/2021 il credito d’imposta è utilizzabile in compensazione in un’unica quota annuale.
Il credito è utilizzabile, inoltre, in un’unica quota annuale per i soggetti con ricavi/compensi non inferiori a 5 milioni di euro che hanno effettuato investimenti in beni materiali “ordinari” nel periodo 16/11/2020 – 31/12/2021.
L’utilizzabilità in un’unica quota, quindi, non riguarda né il credito d’imposta per i medesimi investimenti effettuati nel secondo anno di applicazione dell’agevolazione (esercizio 2022 per i solari), né il credito d’imposta per gli investimenti in beni materiali e immateriali “Industria 4.0”, per i quali il beneficiario dovrà spalmare l’importo del credito su tre quote annuali e ciò indipendentemente dal volume dei ricavi o dei compensi conseguiti.
Di seguito, si offre uno schema di sintesi utile ai fini dell’utilizzo.
Tipo di investimento |
Investimenti 16/11/2020 – 31/12/2021 |
Investimenti 2022 e seguenti |
Beni materiali “ordinari” (per tutti) |
1 quota annuale |
3 quote annuali |
Beni immateriali “ordinari” (ricavi e compensi inferiori a 5 milioni) |
1 quota annuale |
3 quote annuali |
Beni immateriali “ordinari” (ricavi e compensi pari o superiori a 5 milioni) |
3 quote annuali |
3 quote annuali |
Beni materiali e immateriali “4.0” |
3 quote annuali |
3 quote annuali |
Nel caso di investimenti in beni materiali “ordinari” è utilizzabile a decorrere dall’anno di entrata in funzione dei beni, mentre per gli investimenti in beni “Industria 4.0” a decorrere dall’anno dell’avvenuta interconnessione.
Contabilizzazione dei crediti d’imposta
Quanto alle modalità di contabilizzazione, la prassi prevalente assimila tali benefici economici ai contributi in conto impianti.
In aderenza a tale prassi, i contributi in conto impianti commisurati al costo delle immobilizzazioni materiali dovranno essere rilevati a conto economico con un criterio sistematico lungo la vita utile dei cespiti come segue:
di Riccardo Righi
Con la presente circolare lo Studio ricorda che l’articolo 18 del 73/2021 (cosiddetto “Sostegni-bis”) ha modificato la disciplina relativa ai termini di emissione delle note di credito IVA nei casi di assoggettamento del cessionario/committente a procedure concorsuali (fallimento, concordato preventivo, ecc.).
Dopo le modifiche apportate dal decreto Sostegni-bis all’articolo 26 del DPR 633/72, ai fini dell’emissione delle note di credito non è più necessario attendere il verificarsi dell’infruttuosità della procedura (che, ad esempio, nel caso del fallimento avviene con l’approvazione del piano di riparto dal quale si evince il mancato incasso da parte del fornitore), ma è possibile emettere la nota di variazione in diminuzione e portare in detrazione la relativa imposta già alla data in cui il debitore viene assoggettato alla procedura (in caso di fallimento, alla data della sentenza che dichiara il fallimento medesimo).
Nello specifico, il nuovo comma 10-bis dell’art. 26 del DPR 633/72 identifica il momento da cui il debitore si considera assoggettato a una procedura concorsuale, ovvero:
E’ necessario precisare che, nel caso in cui, successivamente al momento di assoggettamento alla procedura (e alla emissione della nota di credito), il debitore paghi in tutto o in parte il corrispettivo, il cedente o prestatore è tenuto a emettere nota di variazione IVA in aumento. A sua volta, il cessionario o committente potrà esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta, ai sensi dell’art. 19 c. 1 del DPR 633/72, previa registrazione della nota di variazione.
Infine, si precisa che i nuovi termini di emissione delle note di variazione in oggetto si applicano alle procedure avviate a decorrere dal 26 maggio 2021. Per le procedure avviate prima di tale data vale la previgente normativa. Di seguito si riporta un esempio per chiarire, prendendo in esame un caso in cui il cessionario/committente è stato dichiarato fallito. Pertanto, seguendo le nuove indicazioni dell’art. 26, DPR 633/72, è necessario prendere in considerazione la data della sentenza di fallimento. Dunque, i casi che si possono prospettare sono due:
di Federica Simoni
In via preliminare, si ricorda che al 31/12/2022 scade il periodo transitorio previsto dalla Legge di Bilancio per il 2018 per la tassazione dei dividendi percepiti dai possessori di partecipazioni qualificate.
Pertanto, al fine di non penalizzare le riserve di utili formatisi precedentemente all’1/1/2018, con riferimento alle partecipazioni qualificate è possibile usufruire della precedente tassazione sui dividendi (applicazione dell’Irpef al 40%, 49,72%, 58,14% dell’imponibile a seconda del periodo di formazione degli utili) in luogo dell’attuale tassazione al 26%, a condizione che la distribuzione sia deliberata entro il suddetto termine del 31/12/2022.
Con la presente s’intende rammentare ai Signori clienti che le società di capitali che hanno distribuito utili nel corso dell’anno 2021 sono tenute a rilasciare apposita certificazione attestante l’ammontare degli utili corrisposti.
La certificazione, cosiddetta CUPE (Certificazione degli Utili e dei Proventi Equiparati), deve essere rilasciata al percettore entro il 16 marzo dell’anno successivo a quello di corresponsione.
Si ricorda che non sono soggette all’obbligo di certificazione le distribuzioni di utili a soggetti residenti qualora i medesimi utili siano assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva.
L’obbligo sussiste, invece, per i dividendi corrisposti a soggetti non residenti anche se assoggettati a ritenuta.
Qualora riteniate opportuno che le suddette certificazioni siano predisposte dallo Studio, Vi invitiamo a trasmetterci la pertinente documentazione entro il giorno 28/02/2022.
0 0 0
Si coglie, inoltre, l’occasione per rammentarVi sinteticamente la disciplina tributaria applicabile ai percettori degli utili corrisposti da società di capitali ed enti di cui all’art. 73, comma 1, lett. a) e b), del TUIR.
Di seguito vengono delineati i diversi regimi di tassazione a seconda che il soggetto percettore dei dividendi sia:
Come anticipato in premessa, la Legge di Bilancio 2018 ha uniformato la tassazione sui dividendi relativi a partecipazioni qualificate e non qualificate. Pertanto, dal 2018 i dividendi percepiti da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa sono assoggettati a una ritenuta del 26%, a prescindere dal fatto che la partecipazione sia qualificata o non qualificata.
La stessa Legge di Bilancio 2018 ha inoltre previsto un periodo transitorio in relazione agli utili derivanti da partecipazioni qualificate prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017, la cui distribuzione sia deliberata nel lasso temporale compreso tra il 01/01/2018 e il 31/12/2022.
Conseguentemente, al fine di non penalizzare le riserve di utili formatisi precedentemente all’1/1/2018 con riferimento alle partecipazioni qualificate, è possibile usufruire della precedente tassazione sui dividendi consistente nell’assoggettare a tassazione gli stessi limitatamente al:
– 40% del loro ammontare, qualora nel corso dell’anno siano stati distribuiti dividendi formati con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31/12/2007;
– 49,72% del loro ammontare, qualora nel corso dell’anno siano stati distribuiti dividendi formati con utili prodotti a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31/12/2007 e fino all’esercizio in corso al 31/12/2016;
– 58,14% del loro ammontare, qualora nel corso dell’anno siano stati distribuiti dividendi formati con utili prodotti a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016.
Ai sensi dell’art. 59 del TUIR, i dividendi percepiti sia da imprese individuali sia da società di persone, indipendentemente che la partecipazione sia qualificata o meno, concorrono alla formazione del reddito imponibile complessivo dei beneficiari limitatamente al:
– 40% del loro ammontare, qualora nel corso dell’anno siano stati distribuiti dividendi formati con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31/12/2007;
– 49,72% del loro ammontare, qualora nel corso dell’anno siano stati distribuiti dividendi formati con utili prodotti a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31/12/2007 e fino all’esercizio in corso al 31/12/2016;
– 58,14% del loro ammontare, qualora nel corso dell’anno siano stati distribuiti dividendi formati con utili prodotti a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016.
L’art. 89, comma 2, del TUIR stabilisce che gli utili percepiti da società di capitali concorrono a formare il reddito dell’esercizio nel quale vengono percepiti nella misura del 5% del loro ammontare.
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Si ricordano infine due presunzioni legali in materia di distribuzione di dividendi:
La prima è prevista dall’art. 47, comma 1, del D.P.R. 917/86 secondo la quale “indipendentemente dalla delibera assembleare, si presumono prioritariamente distribuiti l’utile dell’esercizio e le riserve di utili liberamente disponibili, per la quota di esse non accantonata in sospensione d’imposta”. Ciò significa che nell’ipotesi in cui vi sia la contemporanea presenza di riserve di utili e riserve di capitale, nel caso di distribuzione di somme, queste vengono prioritariamente imputate alle riserve di utili liberamente disponibili e successivamente a quelle di capitale, indipendentemente dalla delibera adottata dai soci.
La seconda è contemplata dall’art. 1 del D.M. 26/05/2017, secondo la quale “a partire dalle delibere di distribuzione successive a quella avente ad oggetto l’utile dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2016, agli effetti della tassazione del soggetto partecipante, i dividendi distribuiti si considerano prioritariamente formati”:
di Riccardo Righi
Con la presente lo Studio informa i clienti che il Decreto Legge n. 157 del 11/11/2021, c.d. “Antifrode”, ha esteso l’obbligo del visto di conformità e dell’attestazione di congruità dei prezzi a tutte le opzioni di cessione del credito o sconto in fattura effettuate a partire dal 12 novembre 2021, sia che si tratti di detrazioni 110% (cosiddetto “superbonus”) sia con riferimento ad agevolazioni già in vigore in precedenza (recupero edilizio 50%, riqualificazione energetica 65%, bonus facciate 90%, sismabonus 50-70-75-80-85%, ecc.).
Il DL 157/2021 estende l’obbligo del visto di conformità (fino all’11/11/2021 richiesto solo con riguardo al superbonus 110%) a tutte le opzioni per la cessione del credito o sconto in fattura, esercitate ai sensi dell’art. 121 co. 1 del DL 34/2020. Di conseguenza, anche per tutte le detrazioni “edilizie” diverse dal superbonus per le quali è possibile optare per la cessione del credito o per lo sconto in fattura, il contribuente deve richiedere il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta.
In aggiunta agli interventi che consentono di beneficiare del superbonus 110%, il visto di conformità è quindi obbligatorio qualora si intenda optare per la cessione del credito o lo sconto in fattura in relazione ai seguenti interventi agevolati:
Soggetti abilitati al rilascio del visto di conformità
Il visto di conformità è rilasciato ai sensi dell’art. 35 del DLgs. 241/97:
Modalità di esercizio dell’opzione
La comunicazione dell’opzione per la cessione del credito relativo alla detrazione spettante o per lo sconto in fattura deve essere trasmessa, sia per gli interventi sulle singole unità immobiliari che per gli interventi sulle parti comuni degli edifici:
Il provv. Agenzia delle Entrate 12/11/2021 n. 312528, modificando il precedente provv. 8/8/2020 n. 283847, par. 4.2 e 4.3, dispone che:
Ai fini della trasmissione della comunicazione, recependo le novità introdotte dal DL 157/2021, con il provv. 12.11.2021 n. 312528, l’Agenzia delle Entrate ha reso disponibile il nuovo modello per la comunicazione delle opzioni per la cessione del credito o per lo sconto in fattura relative alle detrazioni.
In caso di opzione per lo sconto in fattura o la cessione del credito, per tutte le detrazioni “edilizie” i tecnici abilitati devono asseverare la congruità delle spese sostenute secondo le disposizioni dell’art. 119 co. 13-bis del DL 34/2020.
Viene pertanto esteso l’obbligo di attestazione, a cura di tecnici abilitati, di congruità delle spese (sino all’11/11/2021 richiesta solo in relazione alle spese agevolate per interventi di efficienza energetica con ecobonus o superbonus e alle spese agevolate per altri tipi di interventi con superbonus) a tutte le spese agevolate che sono oggetto delle opzioni esercitate ai sensi dell’art. 121 co. 1 del DL 34/2020.
In altre parole, nel caso di spese per interventi di:
l’attestazione di congruità delle spese, a cura di tecnici abilitati, diviene necessaria se il beneficiario esercita le opzioni per lo sconto in fattura o la cessione del credito, mentre rimane non necessaria se il beneficiario si avvale della “normale” detrazione in dichiarazione dei redditi (nel caso dell’ecobonus e del superbonus, l’attestazione era e continuerà a essere dovuta anche in quest’ultima ipotesi).
Per quanto riguarda il superbonus del 110% di cui all’art. 119 del DL 34/2020, invece, il visto di conformità (già richiesto in caso di opzione per lo sconto in fattura o la cessione del credito ai sensi dell’art. 121 del DL 34/2020) diventa obbligatorio anche nel caso in cui si intenda fruire della detrazione nella propria dichiarazione dei redditi, con l’eccezione delle dichiarazioni:
Dalla lettura della norma sembrerebbe che il visto non si renda necessario solo nel caso in cui venga trasmesso direttamente il modello 730; si giungerebbe a questa conclusione in considerazione del riferimento al sostituto d’imposta del contribuente che può prestare assistenza fiscale e trasmette la dichiarazione dei redditi, che riguarda solo il modello 730.
di Enrico Ferra
Il secondo approfondimento sul “Decreto Sostegni-bis” (D.L. 73/2021) è dedicato ai nuovi contributi a fondo perduto a favore degli operatori economici colpiti dall’emergenza epidemiologica da COVID-19.
A differenza della precedente edizione, i contributi concessi si articolano in tre componenti, segnatamente:
Il contributo “automatico” è riconosciuto a tutti i soggetti, con partita Iva attiva alla data del 26/05/2021 (data di entrata in vigore del decreto), a condizione che abbiano presentato istanza e ottenuto il contributo a fondo perduto previsto dal D.L. 41/2021 (decreto “Sostegni”).
Il nuovo contributo spetta in misura pari a quello ricevuto grazie al decreto “Sostegni” ed è corrisposto con la stessa modalità scelta, ossia mediante accredito in conto corrente o compensazione nel modello F24.
Per questo tipo di contributo, non è richiesta la presentazione di alcuna istanza.
2. Contributo “alternativo”
Il secondo tipo di contributo è riconosciuto a tutti i soggetti, a prescindere che abbiano o meno presentato l’istanza per il contributo previsto dal decreto “Sostegni”, a condizione che:
Sono esclusi dal contributo i soggetti che non avevano una partita Iva attiva alla data del 26/05/2021 nonché gli enti pubblici, gli intermediari finanziari e le società di partecipazione.
I soggetti che hanno beneficiato del contributo “automatico” possono ottenere l’eventuale maggiore contributo “alternativo”.
Calcolo del contributo
Il contributo viene calcolato in maniera differente a seconda che i soggetti abbiano o meno ottenuto il contributo a fondo perduto previsto dal decreto “Sostegni”.
Più in particolare:
Presentazione dell’istanza
Il contributo “alternativo” si ottiene a seguito di presentazione di apposita istanza all’Agenzia delle Entrate, con modalità e termini che saranno definiti da un provvedimento di prossima emanazione.
Per i soggetti tenuti all’invio delle comunicazioni della liquidazione periodica Iva, l’istanza può essere presentata solo dopo la presentazione della comunicazione riferita al primo trimestre 2021.
3. Contributo “perequativo”
L’ultima tipologia di contributo è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea.
Tale contributo spetta agli stessi soggetti cui spetta il contributo “alternativo” a condizione che registrino un peggioramento del risultato economico d’esercizio relativo al periodo d’imposta in corso al 31/12/2020 rispetto a quello in corso al 31/12/2019, in misura pari o superiore alla percentuale che sarà definita con apposito decreto ministeriale sulla differenza dei risultati economici d’esercizio.
Il contributo è riconosciuto previa presentazione di un’istanza all’Agenzia delle Entrate, il cui contenuto e termini di presentazione saranno definiti con apposito provvedimento.
L’istanza potrà essere trasmessa solo se la dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2020 verrà presentata entro il 10/09/2021.
di Enrico Ferra
Con la presente si fornisce un primo approfondimento sul “Decreto Sostegni-bis” (D.L. 73/2021), con particolare riferimento alle novità in materia di sospensione dei termini di versamento dei ruoli affidati all’Agente della Riscossione, con particolare riguardo alle cartelle di pagamento e agli avvisi di addebito dell’Inps.
L’art. 9 del decreto estende la sospensione dei termini dei versamenti in scadenza dall’8 marzo 2020 al 30 giugno 2021 derivanti da cartelle emesse dall’Agente della Riscossione, da accertamenti esecutivi notificati dell’Agenzia delle Entrate, da avvisi di addebito emessi dall’Inps, da atti di accertamento emessi dalle Dogane e da atti esecutivi emessi dagli enti locali.
In base alla precedente versione della norma (v. Circ. dello Studio n. 20/2021), la sospensione era prevista dall’8 marzo 2020 al 30 aprile 2021 e il pagamento doveva essere effettuato in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2021.
Per effetto delle modifiche in commento, gli atti di cui sopra, in scadenza nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 30 giugno 2021, dovranno essere pagati, in un’unica soluzione, entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione e, quindi, entro il 31 luglio 2021.
Pertanto, ad esempio, una cartella notificata nel mese di aprile 2021, i cui termini di versamento (60 giorni dalla notifica) scadono ordinariamente nel mese di giugno 2021, può essere pagata senza maggiorazioni entro il 31 luglio 2021.
Una conseguenza della sospensione è il temporaneo “blocco” dell’attività di notifica delle cartelle e delle misure cautelari (es. fermi ed ipoteche) nel periodo di sospensione.
2. Sospensione dei piani di dilazione
La sospensione opera anche per le rate da dilazione dei ruoli in corso (in particolare cartelle di pagamento ed avvisi di addebito Inps).
Conseguentemente, il pagamento delle rate dei piani di dilazione in corso in scadenza dall’8 marzo 2020 al 30 giugno 2021 dovrebbe ritenersi sospeso fino a tale ultima data, con l’obbligo di versamento del totale importo non pagato entro il 31 luglio 2021.
di Enrico Ferra
A seguito delle recenti modifiche apportate dal “Decreto Sostegni” (D.L. 41/2021), con la presente Circolare lo Studio torna ad affrontare le novità in materia di sospensione dei termini di versamento dei ruoli affidati all’Agente della Riscossione, con particolare riguardo alle cartelle di pagamento e agli avvisi di addebito dell’Inps.
1.Sospensione delle cartelle e degli avvisi di addebito Inps
L’art. 4 del decreto estende la sospensione dei termini dei versamenti in scadenza dall’8 marzo 2020 al 30 aprile 2021 derivanti da cartelle emesse dall’Agente della Riscossione, da accertamenti esecutivi notificati dell’Agenzia delle Entrate, da avvisi di addebito emessi dall’Inps, da atti di accertamento emessi dalle Dogane e da atti esecutivi emessi dagli enti locali.
In base alla precedente versione della norma (v. Circ. dello Studio n. 8/2021), la sospensione era prevista dall’8 marzo 2020 al 28 febbraio 2021 e il pagamento doveva essere effettuato in un’unica soluzione entro il 31 marzo 2021.
Per effetto delle modifiche in commento, gli atti di cui sopra, in scadenza nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 30 aprile 2021, dovranno essere pagati, in un’unica soluzione, entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione e, quindi, entro il 31 maggio 2021.
Pertanto, ad esempio, una cartella notificata nel mese di febbraio 2021, i cui termini di versamento (60 giorni dalla notifica) scadono ordinariamente nel mese di aprile 2021, può essere pagata senza maggiorazioni entro il 31 maggio 2021.
Una conseguenza della sospensione è il temporaneo “blocco” dell’attività di notifica delle cartelle e delle misure cautelari (es. fermi ed ipoteche) nel periodo di sospensione.
2. Sospensione dei piani di dilazione
La sospensione opera anche per le rate da dilazione dei ruoli in corso (in particolare cartelle di pagamento ed avvisi di addebito Inps).
Conseguentemente, il pagamento delle rate dei piani di dilazione in corso in scadenza dall’8 marzo 2020 al 31 aprile 2021 dovrebbe ritenersi sospeso fino a tale ultima data, con l’obbligo di versamento del totale importo non pagato entro il 31 maggio 2021.
di Enrico Ferra
L’art. 1 del D.L. 22/03/2021 n. 41 (c.d. “Decreto Sostegni”) prevede un nuovo contributo a fondo perduto al fine di sostenere gli operatori economici colpiti dall’emergenza epidemiologica COVID-19.
Rientrano tra i soggetti ammessi i titolari di partita IVA, residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, che svolgono attività d’impresa, arte o professione o producono reddito agrario.
Beneficiano dell’agevolazione anche i contribuenti in regime forfetario e gli enti non commerciali, limitatamente all’attività commerciale esercitata.
Sono esclusi dal contributo, tra gli altri, i soggetti la cui attività risulti cessata alla data di entrata in vigore del decreto (23/03/2021) e i soggetti che hanno attivato la partita IVA dopo tale data.
Il contributo spetta ai soggetti sopra citati a condizione che:
Per l’individuazione del fatturato e dei corrispettivi rileva la data di effettuazione dell’operazione di cessione dei beni o di prestazione dei servizi.
In base al volume dei ricavi o compensi realizzato nel 2019 dal soggetto interessato, l’ammontare del contributo è determinato applicando la percentuale di cui alla seguente tabella alla differenza tra:
Percentuale |
Ricavi/compensi 2019 (euro) |
60% |
Non superiori a 100.000 |
50% |
Tra 100.000 e 400.000 |
40% |
Tra 400.000 e 1.000.000 |
30% |
Tra 1.000.000 e 5.000.000 |
20% |
Tra 5.000.000 e 10.000.000 |
L’ammontare del contributo a fondo perduto è comunque riconosciuto, ai soggetti che soddisfano i suddetti requisiti, per un importo non inferiore a:
In ogni caso, l’ammontare del contributo a fondo perduto non può essere superiore a 150.000 euro.
L’istanza deve essere presentata in via telematica all’Agenzia delle Entrate, direttamente oppure tramite intermediario abilitato delegato, a partire dal giorno 30 marzo 2021 e non oltre il giorno 28 maggio 2021.
Il contributo è accreditato sul conto corrente identificato dall’Iban indicato nell’istanza oppure può essere fruito, nella sua totalità, sotto forma di credito d’imposta, da utilizzare esclusivamente in compensazione.
Nel caso riteniate di poter beneficiare del contributo in oggetto, Vi invitiamo a prendere contatti con lo Studio per l’esame della pratica e l’eventuale presentazione dell’istanza.
di Enrico Ferra
A distanza di pochissimi giorni dal precedente contributo, con la presente Circolare lo Studio torna ad affrontare le ultime novità in materia di sospensione dei termini di versamento dei ruoli affidati all’Agente della Riscossione, con particolare riguardo alle cartelle di pagamento e agli avvisi di addebito dell’Inps.
L’art. 1 del decreto legge n. 7 del 30/01/2021 estende la sospensione dei termini dei versamenti in scadenza dall’8 marzo 2020 al 28 febbraio 2021 derivanti da cartelle emesse dall’Agente della Riscossione, da accertamenti esecutivi notificati dell’Agenzia delle Entrate, da avvisi di addebito emessi dall’Inps, da atti di accertamento emessi dalle Dogane e da atti esecutivi emessi dagli enti locali.
In base alla precedente versione della norma (v. Circ. dello Studio n. 2/2021), la sospensione era prevista dall’8 marzo 2020 al 31 gennaio 2021 e il pagamento doveva essere effettuato in un’unica soluzione entro il 28 febbraio 2021.
Per effetto delle modifiche in commento, gli atti di cui sopra, in scadenza nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 28 febbraio 2021, dovranno essere pagati, in un’unica soluzione, entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione e, quindi, entro il 31 marzo 2021.
Pertanto, ad esempio, una cartella notificata nel mese di dicembre 2020, i cui termini di versamento (60 giorni dalla notifica) scadono ordinariamente nel mese di febbraio 2021, può essere pagata senza maggiorazioni entro il 31 marzo 2021.
Una conseguenza della sospensione è il temporaneo “blocco” dell’attività di notifica delle cartelle nel periodo di sospensione.
Allo stesso modo, nel periodo di sospensione sono bloccate le misure cautelari (come, ad esempio, fermi ed ipoteche) e i pignoramenti.
2. Sospensione dei piani di dilazione
Sebbene la norma non ne parli espressamente, si ritiene che la sospensione operi anche in relazione alle rate da dilazione dei ruoli in corso (in particolare cartelle di pagamento ed avvisi di addebito Inps).
Conseguentemente, il pagamento delle rate dei piani di dilazione in corso in scadenza dall’8 marzo 2020 al 28 febbraio 2021 dovrebbe ritenersi sospeso fino a tale ultima data, con l’obbligo di versamento del totale importo non pagato entro il 31 marzo 2021.
di Riccardo Righi
Come comunicato con la circolare dello Studio n. 38/2020, con provvedimento del 28/2/2020 n. 99922, modificato dal provvedimento del 20/4/2020 n. 166579, l’Agenzia delle Entrate ha approvato le nuove specifiche tecniche della fattura elettronica, versione 1.6. Tali specifiche erano adottabili dall’1 ottobre 2020 in via facoltativa, mentre a partire dall’1 gennaio 2021 il loro utilizzo diverrà obbligatorio.
Pertanto, con l’avvicinarsi della scadenza per l’obbligatorietà delle nuove specifiche lo Studio ritiene opportuno comunicare alcune indicazioni operative in merito.
In data 23 novembre 2020 l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato una “guida alla compilazione delle fatture elettroniche e dell’esterometro”, che si allega alla presente.
Le principali novità del nuovo tracciato riguardano:
Di seguito si riporta un indice del presente approfondimento.
1.1 Fattura immediata e fattura differita
1.2 Reverse charge “elettronico”
1.3 Cessione di beni ammortizzabili, fatture per autoconsumo e fatture per omaggi senza rivalsa dell’IVA
2.1 Operazioni non imponibili
2.2 Operazioni non soggette
2.3 Operazioni in inversione contabile (reverse charge)
Preliminarmente, si riporta di seguito una tabella di confronto fra i codici Tipo Documento delle specifiche tecniche 1.5 e delle nuove specifiche 1.6.
Specifiche tecniche versione 1.5 |
Specifiche tecniche versione 1.6 |
||
TD01 |
Fattura |
TD01 |
Fattura |
TD02 |
Acconto/Anticipo su fattura |
TD02 |
Acconto/Anticipo su fattura |
TD03 |
Acconto/Anticipo su parcella |
TD03 |
Acconto/Anticipo su parcella |
TD04 |
Nota di Credito |
TD04 |
Nota di Credito |
TD05 |
Nota di Debito |
TD05 |
Nota di Debito |
TD06 |
Parcella |
TD06 |
Parcella |
|
|
TD16 |
Integrazione fattura reverse charge interno |
|
|
TD17 |
Integrazione/autofattura per acquisto servizi dall’estero |
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TD18 |
Integrazione per acquisto di beni intracomunitari |
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|
TD19 |
Integrazione/autofattura per acquisto di beni ex art. 17 co. 2 del DPR 633/72 |
TD20 |
Autofattura |
TD20 |
Autofattura per regolarizzazione e integrazione delle fatture (art. 6 co. 8 del DLgs. 471/97 o art. 46 co. 5 del DL 331/93) |
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|
TD21 |
Autofattura per splafonamento |
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|
TD22 |
Estrazione beni da Deposito IVA |
|
|
TD23 |
Estrazione beni da Deposito IVA con versamento dell’IVA |
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TD24 |
Fattura differita di cui all’art. 21 co. 4 lett. a) del DPR 633/72 |
|
|
TD25 |
Fattura differita di cui all’art. 21 co. 4 terzo periodo lett. b) del DPR 633/72 |
|
|
TD26 |
Cessione di beni ammortizzabili e passaggi interni ex art. 36 del DPR 633/72 |
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|
TD27 |
Fattura per autoconsumo o per cessioni gratuite senza rivalsa |
Oltre ai codici in tabella, esistono anche i codici relativi ai documenti “semplificati” (da TD07 a TD09) e i codici relativi alla comunicazione “esterometro”, ovvero TD10 (acquisti intracomunitari di beni), TD11 (acquisti intracomunitari di servizi) e TD12 (documento riepilogativo di cui all’art. 6, DPR 633/72).
Di seguito si riportano le novità di maggiore rilevanza e alcune indicazioni operative su come utilizzare i relativi nuovi codici.
1.1 Fattura immediata e fattura differita
A differenza delle precedenti specifiche tecniche, la fattura immediata e la fattura differita hanno ora due codici differenti, ovvero rispettivamente il TD01 (“Fattura”) e il TD24 (“Fattura differita”). A questa nuova distinzione è necessario prestare molta attenzione in quanto tali due tipologie di fatture hanno regole differenti in termini di utilizzo e di tempi di emissione:
1.2 Reverse charge “elettronico”
Un’altra importante novità delle nuove specifiche tecniche è costituita dall’introduzione di tipi documento specifici per la procedura di integrazione/autofattura delle operazioni in reverse charge.
NOTA BENE. Come specificato nella guida dell’Agenzia delle Entrate allegata alla presente, l’integrazione/autofattura in modalità elettronica con i nuovi tipi documento TD16, TD17, TD18 e TD19 non è obbligatoria. I cessionari di operazioni in reverse charge potranno continuare a integrare le fatture manualmente, come fatto fino ad ora.
Si tenga presente che, nel caso in cui non si opti per la nuova modalità, nei casi di fatture di fornitori esteri sarà necessario comunicare i relativi dati nell’esterometro.
Di seguito si riporta una tabella dei nuovi tipi documento per le relative casistiche di reverse charge, sia interno che transfrontaliero.
Codice “Tipo Documento” |
Tipologia dell’operazione |
Modello IVA |
TD16 |
Acquisti di oro da investimento, acquisti di oro e semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi di cui all’art. 17 co. 5 del DPR 633/72 |
Rigo VJ7 (oro puro) Rigo VJ8 (oro da investimento) |
TD16 |
Acquisti di servizi resi nel settore edile da subappaltatori nei confronti di imprese che svolgono attività di costruzione o ristrutturazione di immobili o nei confronti dell’appaltatore principale o di altro subappaltatore di cui all’art. 17 co. 6 lett. a) del DPR 633/72 |
Rigo VJ12 |
TD16 |
Acquisti di fabbricati o di porzioni di fabbricato per le quali il cedente abbia manifestato in atto l’opzione per l’imposizione (art. 10 co. 1 n. 8-bis e 8-ter del DPR 633/72) di cui all’art. 17 co. 6 lett. a-bis) del DPR 633/72 |
Rigo VJ13 |
TD16 |
Acquisti di servizi di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento relativi ad edifici di cui all’art. 17 co. 6 lett. a-ter) del DPR 633/72 |
Rigo VJ16 |
TD16 |
Acquisti di apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazioni soggette alla tassa sulle concessioni governative di cui all’art. 17 co. 6 lett. b) del DPR 633/72 |
Rigo VJ14 |
TD16 |
Acquisti di console da gioco, tablet PC e laptop, nonché acquisti di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale di cui all’art. 17 co. 6 lett. c) del DPR 633/72 |
Rigo VJ15 |
TD16 |
Acquisto di beni e servizi del settore energetico di cui all’art. 17 co. 6 lett. d-bis), d-ter) e d-quater) del DPR 633/72 |
Rigo VJ17 |
TD17 |
Acquisto di servizi da soggetti non residenti di cui all’art. 17 co. 2 del DPR 633/72 |
Rigo VJ3 |
TD18 |
Acquisti di beni intra-UE ex art. 38 del DL 331/93 |
Rigo VJ9 |
TD19 |
Acquisto di beni da soggetti non residenti di cui all’art. 17 co. 2 del DPR 633/72 (caso di acquisto di beni già esistenti sul territorio italiano al momento della vendita) |
Rigo VJ3 |
1.3 Cessione di beni ammortizzabili, fatture per autoconsumo e fatture per omaggi senza rivalsa dell’IVA
Un’ulteriore fattispecie per la quale è stato introdotto un codice tipo documento nuovo è la cessione di beni ammortizzabili: per tale operazione sarà necessario utilizzare il codice TD26. Si precisa che, come specificato dall’Agenzia delle Entrate, in caso si debba emettere una nota di credito per effettuare una variazione in diminuzione di una cessione di beni ammortizzabili, sarà necessario utilizzare il tipo documento TD04 (“Nota di credito”) e non un TD26 con segno negativo.
Infine, è stato introdotto un nuovo codice tipo documento per i casi di “autoconsumo” e per gli omaggi senza rivalsa dell’IVA (codice TD27). Si ricorda infatti che la rivalsa dell’Iva non è obbligatoria in caso di cessioni gratuite di beni. In caso di assenza di rivalsa l’operazione può essere certificata, alternativamente:
Le autofatture per omaggi devono essere emesse in modalità elettronica:
Il codice “Natura” viene utilizzato qualora non sia applicabile l’IVA in relazione all’operazione documentata (per effetto di esenzione, non imponibilità, ecc.). Nella predisposizione della fattura elettronica occorre indicare uno specifico codice “Natura”, ogni qual volta i campi relativi all’aliquota e all’imposta assumano valore pari a zero.
Nella seguente tabella si pongono a confronto i codici “Natura” presenti nella precedente versione delle specifiche tecniche (1.5) e nella nuova versione (versione 1.6).
Specifiche tecniche versione 1.5 |
Specifiche tecniche versione 1.6 |
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N1 |
Operazioni escluse |
N1 |
Operazioni escluse |
N2 |
Operazioni non soggette |
N2 |
Operazioni non soggette (non più valido dall’1.1.2021) |
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N2.1 |
Operazioni non soggette a IVA ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies del DPR 633/72 |
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N2.2 |
Altre operazioni non soggette |
N3 |
Operazioni non imponibili |
N3 |
Operazioni non imponibili (non più valido dall’1.1.2021) |
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N3.1 |
Non imponibili – Esportazioni |
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N3.2 |
Non imponibili – Cessioni intracomunitarie |
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N3.3 |
Non imponibili – Cessioni verso San Marino |
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N3.4 |
Non imponibili – Operazioni assimilate alle cessioni all’esportazione |
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N3.5 |
Non imponibili – A seguito di dichiarazioni di intento |
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N3.6 |
Non imponibili – Altre operazioni che non concorrono alla formazione del plafond |
N4 |
Operazioni esenti |
N4 |
Operazioni esenti |
N5 |
Regime del margine / IVA non esposta in fattura |
N5 |
Regime del margine / IVA non esposta in fattura |
N6 |
Inversione contabile (da utilizzare per operazioni in reverse charge o nei casi di autofatturazione per acquisti extra-UE di servizi ovvero per importazioni nei soli casi previsti) |
N6 |
Inversione contabile (da utilizzare per operazioni in reverse charge o nei casi di autofatturazione per acquisti extra-UE di servizi ovvero per importazioni nei soli casi previsti) (non più valido dall’1.1.2021) |
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N6.1 |
Inversione contabile – Cessione di rottami e di altri materiali di recupero |
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N6.2 |
Inversione contabile – Cessione di oro e argento puro |
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N6.3 |
Inversione contabile – Subappalto nel settore edile |
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N6.4 |
Inversione contabile – Cessione di fabbricati |
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N6.5 |
Inversione contabile – Cessione di telefoni cellulari |
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N6.6 |
Inversione contabile – Cessione di prodotti elettronici |
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N6.7 |
Inversione contabile – Prestazioni del comparto edile e settori connessi |
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N6.8 |
Inversione contabile – Operazioni del settore energetico |
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N6.9 |
Inversione contabile – Altri casi (attualmente non utilizzabile: vedi relativo paragrafo) |
N7 |
IVA assolta in altro Stato UE (vendite a distanza ex art. 40 co. 3 e 4 e art. 41 co. 1 lett. b) del DL 331/93; prestazione di servizi di telecomunicazioni, tele-radiodiffusione ed elettronici ex art. 7-sexies lett. f) e g) del DPR 633/72 e art. 74-sexies del DPR 633/72) |
N7 |
IVA assolta in altro Stato UE (vendite a distanza ex art. 40 co. 3 e 4 e art. 41 co. 1 lett. b) del DL 331/93; prestazione di servizi di telecomunicazioni, tele-radiodiffusione ed elettronici ex art. 7-sexies lett. f) e g) – ora art. 7-octies – del DPR 633/72 e art. 74-sexies del DPR 633/72) |
2.1 Operazioni non soggette
Il codice “Natura” N2 viene sostituito – obbligatoriamente dall’1/1/2021 – da due differenti codifiche in relazione all’assenza del presupposto territoriale o oggettivo:
2.2 Operazioni non imponibili
Di seguito si riporta una tabella con i nuovi codici relativi ai diversi casi di non imponibilità delle operazioni e i rispettivi riferimenti normativi.
Codice “Natura” |
Tipologia dell’operazione |
Riferimento normativo |
Modello IVA |
N3.1
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Cessioni all’esportazione (incluse le operazioni c.d. “triangolari”). |
Art. 8 co. 1 lett. a) e b) del DPR 633/72 |
Rigo VE30 campo 2 |
Cessione con trasporto o spedizione fuori del territorio dell’UE entro 180 giorni dalla consegna, a cura del cessionario o per suo conto, effettuate, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, nei confronti delle Amministrazioni Pubbliche e dei soggetti della cooperazione allo sviluppo iscritti nell’elenco di cui all’art. 26 co. 3 della L. 11.8.2014 n. 125, in attuazione di finalità umanitarie, comprese quelle dirette a realizzare programmi di cooperazione allo sviluppo. |
Art. 8 co. 1 lett. b-bis) del DPR 633/72 |
||
Cessioni di beni estratti da un deposito IVA con trasporto o spedizione fuori del territorio dell’Unione europea. |
Art. 50-bis |
||
N3.2 |
Cessioni intra UE (cessioni di beni a titolo oneroso trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro, ecc.). |
Art. 41 |
Rigo VE30 campo 3 |
Cessioni di beni effettuate nei confronti di cessionari, se i beni sono trasportati o spediti in altro Stato membro a cura o a nome del cedente anche per incarico dei propri cessionari (triangolazioni IntraUE). |
Art. 58 |
||
Cessioni intracomunitarie di beni estratti da un deposito IVA con spedizione in un altro Stato membro dell’Unione europea, salvo che si tratti di cessioni intracomunitarie soggette ad imposta nel territorio dello Stato. |
Art. 50-bis |
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N3.3 |
Operazioni di cessioni di beni con la Repubblica di San Marino. |
Art. 71 del DPR 633/72 |
Rigo VE30 campo 4 |
N3.4 |
Operazioni assimilate alle esportazioni (cessioni di navi adibite alla navigazione in alto mare, cessioni di aeromobili e satelliti ad organi dello Stato, ecc.). |
Art. 8-bis del DPR 633/72 |
Rigo VE30 campo 5 |
Servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali (trasporti di persone eseguiti in parte nel territorio dello Stato e in parte in territorio estero in dipendenza di un unico contratto, trasporti relativi a beni in esportazione, noleggi e locazioni di navi, ecc.). |
Art. 9 del DPR 633/72 |
||
Cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti delle sedi e dei rappresentanti diplomatici e consolari, nei confronti dei comandi militari degli Stati membri, ecc. |
Art. 72 del DPR 633/72 |
||
N3.5 |
Cessioni, anche tramite commissionari, di beni diversi dai fabbricati e dalle aree edificabili, e prestazioni di servizi rese a soggetti che, avendo effettuato cessioni all’esportazione od operazioni intracomunitarie, si avvalgono della facoltà di acquistare, anche tramite commissionari, o importare beni e servizi senza pagamento dell’imposta (dietro presentazione di dichiarazione di intento). |
Art. 8 co. 1 lett. c) e co. 2 del DPR 633/72 |
Rigo VE31 |
N3.6 |
Cessioni di beni eseguite mediante introduzione in un deposito IVA. |
Art. 50-bis co. 4 lett. c) |
Rigo VE32 |
Cessioni di beni e prestazioni di servizi aventi ad oggetto beni custoditi in un deposito IVA. |
Art. 50-bis co. 4 lett. e) |
||
Trasferimenti di beni da un deposito IVA all’altro. |
Art. 50-bis co. 4 lett. i) |
2.3 Operazioni in inversione contabile (reverse charge)
Un intervento significativo è stato operato anche con riferimento all’inversione contabile, posto che il codice natura N6 è stato sostituito da ben nove differenti codifiche, corrispondenti ad altrettante fattispecie. Nella seguente tabella si riportano i nuovi codici, con una specifica spiegazione della casistica, del riferimento normativo e del rigo della dichiarazione in relazione alle diverse fattispecie di reverse charge.
Codice “Natura” |
Tipologia dell’operazione |
Norma di riferimento |
Modello IVA |
N6.1 |
Cessione di rottami, cascami e avanzi di metalli ferrosi e dei relativi lavori, di carta da macero, stracci, ecc. |
Art. 74 co. 7 e 8 |
Rigo VE35 campo 2 |
N6.2 |
Cessioni imponibili di oro da investimento, cessioni di oro e semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi. |
Art. 17 co. 5 |
Rigo VE35 campo 3 |
N6.3 |
Prestazione di servizi resi nel settore edile da subappaltatori nei confronti di imprese che svolgono attività di costruzione o ristrutturazione di immobili o nei confronti dell’appaltatore principale o di altro subappaltatore. |
Art. 17 co. 6 lett. a) |
Rigo VE35 campo 4 |
N6.4 |
Cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato per le quali il cedente abbia manifestato in atto l’opzione per l’imposizione (art. 10 co. 1 n. 8-bis e 8-ter del DPR 633/72). |
Art. 17 co. 6 lett. a-bis) |
Rigo VE35 campo 5 |
N6.5 |
Cessioni di apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazioni soggette alla tassa sulle concessioni governative. |
Art. 17 co. 6 lett. b) |
Rigo VE35 campo 6 |
N6.6 |
Cessioni di console da gioco, tablet, PC e laptop, nonché cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale. |
Art. 17 co. 6 lett. c) |
Rigo VE35 campo 7 |
N6.7 |
Servizi di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento relativi ad edifici. |
Art. 17 co. 6 lett. a-ter) |
Rigo VE35 campo 8 |
N6.8 |
Trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra. |
Art. 17 co. 6 lett. d-bis) |
Rigo VE35 campo 9 |
Trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla direttiva 2003/87/CE e di certificati relativi al gas e all’energia elettrica. |
Art. 17 co. 6 lett. d-ter) |
||
Cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo-rivenditore ai sensi dell’art. 7-bis co. 3 lett. a) del DPR 633/72. |
Art. 17 co. 6 lett. d-quater) del DPR 633/72 |
NOTA BENE. Come specificato nella guida dell’Agenzia delle Entrate allegata alla presente, il codice N6.9 non è attualmente utilizzabile, in quanto previsto per tipologie di reverse charge di eventuale futura introduzione.
La presente circolare ha lo scopo di dare alcune indicazioni operative sulle fattispecie ritenute di uso più comune e dunque maggiormente rilevanti. Ciò significa che non tutte le novità sono state affrontate e pertanto si invitano i clienti, in caso di operazioni particolari che implicano l’utilizzo di nuovi codici, a chiedere allo Studio una consulenza specifica.
A conclusione del presente approfondimento, si sottolinea che, nonostante la prossimità dell’adozione obbligatoria delle nuove specifiche tecniche in commento (1 gennaio 2021), la prassi, la dottrina e le stesse specifiche tecniche sono in continua evoluzione e dunque lo Studio si riserva di comunicare gli aggiornamenti ritenuti più rilevanti.
di Enrico Ferra
Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 297 del 30/11/2020 del Decreto Ristori-quater viene data ufficialità ai differimenti dei versamenti e alle proroghe di alcune scadenze fiscali.
In questa sede si evidenziano, tra le altre, due disposizioni principali:
Per la generalità dei soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato, il termine di versamento della seconda o unica rata dell’acconto delle imposte sui redditi e dell’IRAP, in scadenza il 30/11/2020, è posticipato al 10/12/2020.
1.1 Proroga dei versamenti per i soggetti ISA
Nel caso specifico dei contribuenti assoggettati agli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA), inclusi i contribuenti che applicano il regime “forfettario” o di vantaggio (c.d. “contribuenti minimi”) nonché coloro che partecipano a società che determinano il reddito per trasparenza (soci di snc e sas), la proroga opera soltanto a condizione che, nel primo semestre dell’anno 2020, l’ammontare del fatturato o dei corrispettivi sia diminuito di almeno il 33% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Al verificarsi della condizione relativa al calo del fatturato o dei corrispettivi, il termine di versamento della seconda o unica rata dell’acconto delle imposte sui redditi e dell’IRAP, in scadenza il 30/11/2020, è posticipato al 30/04/2021.
1.2 Proroga dei versamenti per i soggetti estranei agli ISA con determinati parametri quantitativi
Beneficiano della proroga al 30/04/2021 anche i soggetti estranei agli ISA che hanno conseguito nel 2019 ricavi o compensi non superiori a 50 milioni di euro e che, nel primo semestre 2020, hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33% rispetto al primo semestre 2019.
In virtù di quanto previsto dall’art. 2 del decreto in commento, per i soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato, è disposta la sospensione dei versamenti in scadenza nel mese di dicembre.
La sospensione opera qualora tali soggetti rispettino entrambe le seguenti condizioni:
Al verificarsi delle condizioni di cui sopra, sono sospesi i termini dei versamenti che scadono nel mese di dicembre 2020 relativi:
In riferimento ai versamenti relativi all’IVA di cui al punto b), si tratta in particolare dei versamenti periodici dell’IVA riferita al mese di novembre 2020, in scadenza il 16 dicembre 2020, nonché dell’acconto IVA, in scadenza il 28 dicembre 2020 (in quanto il 27 dicembre è festivo).
I versamenti sospesi potranno essere effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi in un’unica soluzione, entro il 16 marzo 2021, oppure mediante rateizzazione, fino a un massimo di quattro rate mensili di pari importo, effettuando il versamento della prima rata entro il 16 marzo 2021.
di Enrico Ferra
Con la presente Circolare lo Studio presenta le principali novità in materia di sospensione dei termini di versamento dei ruoli affidati all’Agente della Riscossione, con particolare riguardo alle cartelle di pagamento e agli avvisi di addebito dell’Inps.
1. Sospensione delle cartelle e degli avvisi di addebito Inps
L’art. 1 del decreto in commento estende la sospensione dei termini dei versamenti in scadenza dall’8 marzo al 31 dicembre 2020 derivanti da cartelle emesse dall’Agente della Riscossione, da accertamenti esecutivi notificati dell’Agenzia delle Entrate, da avvisi di addebito emessi dall’Inps, da atti di accertamento emessi dalle Dogane e da atti esecutivi emessi dagli enti locali.
In base alla precedente versione della norma (v. Circ. dello Studio n. 34/2020), la sospensione era prevista dall’8 marzo al 15 ottobre 2020 e il pagamento doveva essere effettuato in un’unica soluzione entro il 30 novembre 2020.
Per effetto delle modifiche in commento gli atti di cui sopra, in scadenza nel periodo compreso tra l’8 marzo e il 31 dicembre 2020, dovranno essere pagati, in un’unica soluzione, entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione e, quindi, entro il 31 gennaio 2021.
Pertanto, ad esempio, una cartella notificata nel mese di settembre 2020, i cui termini di versamento (60 giorni dalla notifica) scadono ordinariamente nel mese di novembre 2020, può essere pagata senza maggiorazioni entro il 31 gennaio 2021.
Una conseguenza della sospensione è il temporaneo “blocco” dell’attività di notifica delle cartelle nel periodo di sospensione.
Allo stesso modo, nel periodo di sospensione sono bloccate le misure cautelari (come, ad esempio, fermi ed ipoteche) e i pignoramenti.
2. Sospensione dei piani di dilazione
Sebbene la norma non ne parli espressamente, si ritiene che la sospensione operi anche in relazione alle rate da dilazione dei ruoli in corso (in particolare cartelle di pagamento ed avvisi di addebito Inps).
Conseguentemente, il pagamento delle rate dei piani di dilazione in corso in scadenza dall’8 marzo al 31 dicembre 2020 dovrebbe ritenersi sospeso fino a tale ultima data, con l’obbligo di versamento del totale importo non pagato entro il 31 gennaio 2020.
di Enrico Ferra
In questo ulteriore approfondimento sul “Decreto Rilancio” lo Studio presenta le ulteriori novità in materia di contributi a fondo perduto alla luce della pubblicazione del Provvedimento del 10 giugno 2020 da parte dell’Agenzia delle Entrate.
La norma individua come beneficiari del contributo i soggetti esercenti attività d’impresa, di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA.
Più in particolare, il contributo a fondo perduto può essere richiesto:
L’ammontare dei ricavi/compensi non deve essere ragguagliato ad anno.
2. Condizioni
Il contributo spetta a condizione che l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019.
Al fine di determinare correttamente i predetti importi, si fa riferimento alla data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o di prestazione dei servizi.
Il contributo non spetta, in ogni caso:
3. Ammontare del contributo
L’ammontare del contributo è determinato applicando una percentuale alla differenza tra l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 e l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019 come segue:
L’ammontare del contributo a fondo perduto è riconosciuto, comunque, ai soggetti beneficiari per un importo non inferiore ad € 1.000 per le persone fisiche e ad € 2.000 per i soggetti diversi dalle persone fisiche.
4. Modalità e termini di presentazione dell’istanza
L’istanza deve essere presentata in via telematica all’Agenzia delle Entrate direttamente oppure tramite intermediario abilitato delegato al servizio del “Cassetto fiscale” dell’Agenzia delle Entrate o al servizio di “Consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici” del portale “Fatture e Corrispettivi” oppure appositamente delegato con autodichiarazione nel modello.
L’istanza può essere presentata a partire dal giorno 15 giugno 2020 e non oltre il giorno 13 agosto 2020.
5. Modalità di pagamento del contributo
Il contributo è accreditato sul conto corrente identificato dall’Iban indicato nell’istanza.
6. Esame delle pratiche
Nel caso si ritenga di poter beneficiare del contributo in oggetto, Vi invitiamo a prendere contatti con lo Studio per l’esame della pratica e l’eventuale presentazione dell’istanza.
di Enrico Ferra
Alla luce dei recenti chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con Circolare 14/E/2020 lo Studio presenta le ulteriori novità in relazione ai crediti d’imposta relativi ai canoni di locazione di immobili ad uso non abitativo.
Come chiarito dalla stessa Agenzia, la finalità dell’agevolazione è quella di contenere gli effetti economici negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 che hanno determinato una riduzione dei ricavi o dei compensi delle attività economiche a fronte dell’incidenza dei costi fissi quali, ad esempio, il canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili delle piccole attività economiche
La norma individua come beneficiari del credito d’imposta i soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto (per i cosiddetti “soggetti solari” il periodo d’imposta di riferimento è il 2019).
Si tratta, tra gli altri, dei seguenti soggetti:
Inoltre, in base ai chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate, si ritengono inclusi tra i soggetti beneficiari:
Il credito d’imposta è stabilito in misura percentuale in relazione ai canoni:
In merito ai contratti di leasing, l’Agenzia ha chiarito nella Circolare 14/E che l’agevolazione spetta solo relativamente ai contratti di leasing “operativo” (o di godimento), ossia quei contratti che a differenza dei leasing “finanziari” (o traslativi) sono assimilati ai contratti di locazione “tipici”.
Questo importante chiarimento dell’Agenzia di fatto porta all’esclusione dalle agevolazione della maggior parte dei contratti di leasing immobiliare in corso.
Quanto, invece, agli immobili destinati all’esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo, viene precisato che rientrano nell’ambito di applicazione del credito anche gli immobili adibiti promiscuamente all’esercizio dell’arte o professione e all’uso personale o familiare del contribuente. Ne consegue che il credito di imposta è riconosciuto sul 50% del canone di locazione e sempre che il contribuente non disponga, nel medesimo comune, di altro immobile adibito esclusivamente all’esercizio dell’arte o professione.
Il credito d’imposta spetta a condizione che i soggetti esercenti attività economica abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi in ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio di almeno il 50% rispetto allo stesso mese del periodo d’imposta precedente.
In particolare, il calcolo del fatturato e dei corrispettivi relativi, rispettivamente, ai mesi di marzo, aprile e maggio del 2019 e del 2020, da confrontare al fine di verificare la riduzione percentuale, va eseguito prendendo a riferimento le operazioni eseguite nei mesi di marzo, aprile e maggio fatturate o certificate, e che, conseguentemente, hanno partecipato alla liquidazione periodica del mese di marzo 2019 (rispetto a marzo 2020), aprile 2019 (rispetto ad aprile 2020) e maggio 2019 (rispetto a maggio 2020), cui vanno sommati i corrispettivi relativi alle operazioni effettuate in detti mesi non rilevanti ai fini IVA.
La data da prendere a riferimento è quella di effettuazione dell’operazione che, per le fatture immediate e i corrispettivi, è rispettivamente la data della fattura (nel caso di fattura elettronica il campo 2.1.1.3 ) e la data del corrispettivo giornaliero, mentre per la fattura differita è la data dei DDT o dei documenti equipollenti richiamati in fattura (nel caso di fattura elettronica il campo 2.1.8.2 ).
Il calo del fatturato o dei corrispettivi deve essere verificato mese per mese. Quindi può verificarsi il caso, ad esempio, che spetti il credito d’imposta solo per uno dei mesi elencati.
Il credito d’imposta ammonta:
Il credito è commisurato all’importo versato nel periodo d’imposta 2020 con riferimento a ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio.
Per poter beneficiare del credito occorre che il canone sia stato corrisposto.
In caso contrario, la possibilità di utilizzare il credito d’imposta resta sospesa fino al momento del pagamento. Si pensi, ad esempio, al caso in cui il canone relativo al mese di aprile sia stato pagato a maggio; in tale ipotesi, il credito risulta fruibile successivamente al pagamento fatto in maggio.
L’Agenzia ricorda inoltre che è consentita la possibilità di cedere il credito d’imposta al locatore a titolo di pagamento del canone. In tale ipotesi il versamento del canone è da considerarsi avvenuto contestualmente al momento di efficacia della cessione.
In altri termini, considerata la finalità della norma di ridurre l’onere che grava in capo al locatario, è possibile fruire del credito attraverso la cessione dello stesso al locatore, fermo restando che in tal caso deve intervenire il pagamento della differenza tra il canone dovuto ed il credito di imposta.
Il credito d’imposta è utilizzabile:
In alternativa, come anticipato, può essere ceduto:
Per quanto concerne l’utilizzo diretto da parte dei soggetti che possiedono i requisiti per fruire del credito d’imposta, si precisa che la compensazione mediante modello F24 deve avvenire successivamente al pagamento dei canoni agevolabili.
Invece, in relazione all’utilizzo del credito in dichiarazione dei redditi occorre fare riferimento alla dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui la spesa per il canone è stata sostenuta. Inoltre, per utilizzare il credito nella predetta dichiarazione dei redditi, è necessario che risulti pagato nel 2020.
Nei casi di utilizzo diretto da parte del locatario, il credito spettante e i corrispondenti utilizzi andranno indicati nel quadro RU della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale la spesa si considera sostenuta. L’eventuale residuo sarà riportabile nei periodi d’imposta successivi e non potrà essere richiesto a rimborso.
In caso di cessione del credito, il cessionario può utilizzarlo esclusivamente:
Le modalità relative alle cessioni dei crediti saranno definite con un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate di prossima emanazione.
Da ultimo si segnala che i componenti positivi rilevati dai locatari/fruitori del credito non concorrono:
La norma prevede infine espressamente il divieto di cumulo con il credito d’imposta previsto dal decreto “Cura Italia” in relazione ai canoni di locazione pagati relativi al mese di marzo.
Si rammenta che l’articolo 65 di tale decreto prevede un credito d’imposta, a favore dei soggetti esercenti attività di impresa, pari al 60% delle spese sostenute per il mese di marzo 2020 per canoni di locazione relativi ad immobili rientranti nella categoria catastale C/1.
di Enrico Ferra
Con la presente Circolare lo Studio presenta le ulteriori novità in materia di sospensione dei termini di versamento dei ruoli affidati all’Agente della Riscossione, con particolare riguardo alle cartelle di pagamento e agli avvisi di addebito dell’Inps e alla rottamazione-ter.
L’art. 154 del “decreto rilancio” estende la sospensione dei termini dei versamenti in scadenza dall’8 marzo al 31 agosto 2020 derivanti da cartelle emesse dagli agenti della riscossione, da accertamenti esecutivi delle Entrate, da avvisi di addebito dell’Inps, da atti di accertamento emessi dalle Dogane e da atti esecutivi emessi dagli enti locali.
In origine, la sospensione era prevista dall’8 marzo al 31 maggio 2020 e il pagamento doveva essere effettuato in un’unica soluzione entro il 30 giugno 2020.
Per effetto delle modifiche in commento gli atti di cui sopra, in scadenza nel periodo compreso tra l’8 marzo e il 31 agosto 2020, dovranno essere pagati, in un’unica soluzione, entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione e, quindi, entro il 30 settembre 2020.
Pertanto, ad esempio, una cartella notificata nel mese di febbraio 2020, i cui termini di versamento (60 giorni dalla notifica) sono scaduti ordinariamente nel mese di aprile 2020, può essere pagata senza maggiorazioni entro il 30 settembre 2020.
Una conseguenza della sospensione è il temporaneo “blocco” dell’attività di notifica delle cartelle nel periodo di sospensione.
Una conferma di ciò è contenuta nella sezione dedicata al decreto sul sito istituzionale dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, dove l’Agenzia chiarisce che nel periodo di sospensione l’attività di notifica delle cartelle è sospesa.
Sebbene la norma non ne parli espressamente, si ritiene che la sospensione operi anche in relazione alle rate da dilazione dei ruoli in corso (in particolare cartelle di pagamento ed avvisi di addebito Inps).
Conseguentemente, il pagamento delle rate dei piani di dilazione in corso in scadenza dall’8 marzo al 31 agosto 2020 dovrebbe ritenersi sospeso fino a tale ultima data, con l’obbligo di versamento del totale importo non pagato entro il 30 settembre 2020.
L’ultima novità oggetto della presente Circolare riguarda il differimento al 10 dicembre 2020 di tutte le rate in scadenza nel 2020 relative alla definizione agevolata delle cartelle (rottamazione-ter).
La norma su questo punto prevede espressamente che il mancato ovvero tardivo versamento, alle relative scadenze, delle rate da corrispondere nell’anno 2020 non determina l’inefficacia della procedura di definizione agevolata se il debitore effettua l’integrale versamento entro il 10 dicembre 2020.
Con riferimento alla rottamazione-ter dovrebbe trattarsi, in sostanza, delle rate in scadenza al 31/05/2020, 31/07/2020 e 30/11/2020, che quindi potranno essere pagate (integralmente) entro la suddetta data del 10 dicembre.
di Enrico Ferra
Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del D.P.C.M. del 27 aprile 2020 viene aggiornato l’elenco delle attività ritenute strettamente necessarie, in allegato alla presente circolare.
Decorrenza e validità dei precedenti provvedimenti
Le disposizioni in commento nella presente Circolare si applicano dalla data del 4 maggio 2020 e sono efficaci fino al 17 maggio 2020.
È previsto, tuttavia, che le imprese che riprendono la loro attività a partire dal 4 maggio 2020, possono svolgere tutte le attività propedeutiche alla riapertura a partire dalla data del 27 aprile 2020.
Dalla data del 4 maggio non sono quindi efficaci i precedenti decreti con gli elenchi delle attività ammesse.
Conseguentemente, la precedente Circolare dello Studio n. 24/2020 viene sostituita dalla presente.
Misure di contenimento del contagio
L’art. 1 del decreto prevede, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19, sull’intero territorio nazionale l’adozione, tra le altre, delle seguenti misure:
Svolgimento in sicurezza delle attività produttive industriali e commerciali
Sull’intero territorio nazionale sono sospese tutte le attività produttive industriali e commerciali, ad eccezione di quelle indicate nell’allegato 3.
Le attività produttive sospese in conseguenza delle disposizioni del presente articolo possono comunque proseguire se organizzate in modalità a distanza o lavoro agile.
È sempre consentita l’attività di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna di farmaci, tecnologia sanitaria e dispositivi medico-chirurgici nonché di prodotti agricoli e alimentari. Resta altresì consentita ogni attività comunque funzionale a fronteggiare l’emergenza.
Le imprese, le cui attività vengono sospese per effetto delle disposizioni in commento, completano le attività necessarie alla sospensione, compresa la spedizione della merce in giacenza, entro il termine di tre giorni.
Per le attività produttive sospese è ammesso, previa comunicazione al Prefetto, l’accesso ai locali aziendali di personale dipendente o terzi delegati per lo svolgimento di attività di vigilanza, attività conservative e di manutenzione, gestione dei pagamenti nonché attività di pulizia e sanificazione.
È consentita, previa comunicazione al Prefetto, la spedizione verso terzi di merci giacenti in magazzino nonché la ricezione in magazzino di beni e forniture.
di Enrico Ferra
Dopo aver commentato le principali disposizioni in tema di proroga dei versamenti, con la presente Circolare vengono esaminate le ulteriori misure di sostegno alla liquidità apportate dal D.L. n. 23/2020 (c.d. “decreto liquidità”), in vigore dal 9 aprile 2020.
Il decreto introduce alcune misure finalizzate ad incrementare il volume dei finanziamenti alle imprese e agli esercenti arti e professioni, da parte di banche e altri intermediari finanziari autorizzati all’esercizio del credito, mediante la concessione di garanzie statali per il tramite di SACE spa e del Fondo centrale di garanzia per le PMI.
L’art. 13 del decreto introduce una serie di modifiche alla disciplina del Fondo centrale di garanzia per le PMI.
In primo luogo, viene previsto che la garanzia è concessa dal Fondo a titolo gratuito e non è dovuta la commissione per il mancato perfezionamento delle operazioni finanziarie.
Importo massimo garantito
L’importo massimo che può essere garantito per singola impresa viene elevato da 2,5 a 5 milioni di euro.
Beneficiari
Beneficiari dei finanziamenti per i quali è ammessa la garanzia sono le imprese con un numero di dipendenti non superiore a 499.
Sono escluse le imprese che presentano esposizioni classificate come “sofferenze”.
Tuttavia, la garanzia può essere concessa anche in favore di:
Percentuale di copertura della garanzia
Previa autorizzazione della Commissione europea, viene incrementata al 90% la percentuale di copertura di garanzia diretta e al 100% quella di riassicurazione con riguardo ai finanziamenti di ammontare non superiore all’importo maggiore tra:
I finanziamenti aventi le caratteristiche di cui sopra dovranno avere una durata fino a 72 mesi.
In favore dei soggetti beneficiari con ammontare di ricavi non superiore a 3.200.000 euro, la cui attività d’impresa è stata danneggiata dall’emergenza COVID-19, la garanzia del 90%, previa autorizzazione della Commissione europea, può essere cumulata con un’ulteriore garanzia concessa da Confidi o altri soggetti abilitati al rilascio di garanzie, sino alla copertura del 100% del finanziamento concesso.
La garanzia in questo caso è rilasciata per prestiti di importo non superiore al 25% dei ricavi del soggetto beneficiario.
Vengono altresì ammesse alla garanzia del Fondo, nella misura dell’80% per le garanzie dirette e del 90% per le garanzie di riassicurazione, le operazioni di finanziamento finalizzate alla rinegoziazione del debito del soggetto beneficiario, purché il nuovo finanziamento preveda l’erogazione al medesimo soggetto beneficiario di credito aggiuntivo in misura pari ad almeno il 10% dell’importo del debito accordato in essere del finanziamento oggetto di rinegoziazione.
Limitatamente alle richieste di garanzia per finanziamenti di importo non superiore a 25.000,00 euro (fermo restando il rispetto del tetto massimo del 25% dei ricavi o compensi del soggetto beneficiario) viene previsto che la copertura della garanzia possa arrivare al 100% dell’importo finanziato (previa autorizzazione della Commissione europea), purché:
Per questi finanziamenti fino ad un massimo di 25.000,00 euro, viene previsto anche un iter procedurale accelerato, nel senso che il rilascio della garanzia è automatico, senza alcuna valutazione da parte del Fondo, e il soggetto finanziatore può erogare il finanziamento con la sola verifica formale del possesso dei requisiti, senza attendere l’esito dell’istruttoria del gestore del Fondo.
Beneficiari
Beneficiari dei finanziamenti sono in questo caso le piccole e medie imprese, le persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni la cui attività d’impresa è stata danneggiata dall’emergenza COVID-19.
Oltre alle misure di cui sopra il decreto introduce, sempre fino al 31/12/2020, le garanzie fornite da SACE spa, deputata a rilasciare garanzie per finanziamenti sotto qualsiasi forma alle imprese.
Beneficiari
I beneficiari sono gli esercenti arti e professioni, le PMI e le grandi imprese.
Caratteristiche della garanzia
La garanzia rilasciata da SACE spa prevede delle commissioni in base all’importo garantito ed è rilasciata a condizione che il finanziamento sia:
Tra le altre caratteristiche si segnala inoltre che il finanziamento coperto dalla garanzia deve essere destinato a sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dell’impresa beneficiaria.
La garanzia copre:
di Enrico Ferra
Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del D.P.C.M. del 10 aprile 2020 viene aggiornato l’elenco delle attività ritenute strettamente necessarie, in allegato alla presente circolare.
Decorrenza e validità dei precedenti provvedimenti
Le disposizioni in commento nella presente Circolare si applicano dalla data del 14 aprile 2020 e sono efficaci fino al 3 maggio 2020.
Dalla data del 14 aprile non sono quindi efficaci i precedenti decreti con gli elenchi delle attività ammesse.
Cessano di produrre effetto, in particolare, i DPCM del 8 marzo, del 9 marzo, del 11 marzo, del 22 marzo e del 1° aprile 2020.
Conseguentemente, la precedente Circolare dello Studio n. 11/2020 viene sostituita dalla presente.
Misure di contenimento del contagio
L’art. 1 del decreto prevede, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19, sull’intero territorio nazionale l’adozione, tra le altre, delle seguenti misure:
Svolgimento in sicurezza delle attività produttive industriali e commerciali
Sull’intero territorio nazionale sono sospese tutte le attività produttive industriali e commerciali, ad eccezione di quelle indicate nell’allegato 3.
Le attività produttive sospese in conseguenza delle disposizioni del presente articolo possono comunque proseguire se organizzate in modalità a distanza o lavoro agile.
Restano sempre consentite, previa comunicazione al Prefetto della provincia ove è ubicata l’attività produttiva, nella quale comunicazione sono indicate specificamente le imprese e le amministrazioni beneficiarie dei prodotti e servizi attinenti alle attività consentite, anche le attività che sono funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività di cui all’allegato 3, nonché delle filiere delle attività dell’industria dell’aerospazio, della difesa e delle altre attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale, autorizzate alla continuazione, e dei servizi di pubblica utilità e dei servizi essenziali. Il Prefetto può sospendere le predette attività qualora ritenga che non sussistano le condizioni di cui al periodo precedente. Fino all’adozione dei provvedimenti di sospensione, l’attività è legittimamente esercitata.
È sempre consentita l’attività di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna di farmaci, tecnologia sanitaria e dispositivi medico-chirurgici nonché di prodotti agricoli e alimentari. Resta altresì consentita ogni attività comunque funzionale a fronteggiare l’emergenza.
Sono inoltre consentite le attività degli impianti a ciclo produttivo continuo, previa comunicazione al Prefetto della provincia ove è ubicata l’attività produttiva, dalla cui interruzione derivi un grave pregiudizio all’impianto stesso o un pericolo di incidenti. Il Prefetto, può sospendere le predette attività qualora ritenga che non sussistano le condizioni di cui al periodo precedente. Fino all’adozione dei provvedimenti di sospensione, l’attività è legittimamente esercitata sulla base della dichiarazione resa. In ogni caso, non è soggetta a comunicazione l’attività dei predetti impianti finalizzata a garantire l’erogazione di un servizio pubblico essenziale.
Sono consentite le attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa, incluse le lavorazioni, gli impianti, i materiali, i servizi e le infrastrutture essenziali per la sicurezza nazionale e il soccorso pubblico, nonché le altre attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale, previa comunicazione al Prefetto della provincia ove sono ubicate le attività produttive.
Le imprese, le cui attività vengono sospese per effetto delle disposizioni in commento, completano le attività necessarie alla sospensione, compresa la spedizione della merce in giacenza, entro il termine di tre giorni.
Per le attività produttive sospese è ammesso, previa comunicazione al Prefetto, l’accesso ai locali aziendali di personale dipendente o terzi delegati per lo svolgimento di attività di vigilanza, attività conservative e di manutenzione, gestione dei pagamenti nonché attività di pulizia e sanificazione.
È consentita, previa comunicazione al Prefetto, la spedizione verso terzi di merci giacenti in magazzino nonché la ricezione in magazzino di beni e forniture.
di Enrico Ferra
Oltre a quanto previsto in tema di sospensione dei versamenti e di crediti d’imposta, di cui si è detto nelle precedenti circolari, con il decreto c.d. “Cura Italia” sono state disposte misure urgenti per imprese, lavoratori e famiglie a causa dell’emergenza epidemiologica da Coronavirus (COVID-19).
L’art. 56 del decreto dispone una moratoria straordinaria sui mutui e finanziamenti volta ad aiutare le micro, piccole e medie imprese.
In particolare, viene previsto che:
Ambito soggettivo
La moratoria è destinata alle micro, piccole e medie imprese aventi sede in Italia, ma come chiarito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze trova applicazione anche ai lavoratori autonomi:
Ambito oggettivo
La norma trova applicazione in relazione alle esposizioni debitorie nei confronti di banche, di intermediari finanziari e degli altri soggetti abilitati alla concessione di credito in Italia a condizione che alla data del 17/03/2020 non siano classificate come “crediti deteriorati”.
Adempimenti
Per ottenere la moratoria è necessario che i soggetti interessati inviino alle banche o agli intermediari finanziari un’apposita comunicazione mediante PEC, oppure attraverso altre modalità che consentano di tenere traccia della comunicazione con data certa.
La comunicazione deve essere corredata da una autocertificazione relativa al fatto di aver subito, quale conseguenza diretta della diffusione dell’epidemia da COVID-19, carenze di liquidità in via temporanea.
Trattandosi di una “comunicazione” ai sensi dell’art. 47 DPR 445/2000, le banche saranno tenute ad accettarla, ma non dovranno verificare la veridicità delle autocertificazioni. In ogni caso, una eventuale autocertificazione mendace sarà passibile di sanzione penale in base alla norma citata.
L’art. 54 del decreto ha disposto l’ammissione dei lavoratori autonomi e dei liberi professionisti ai benefici del Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa (c.d. “Fondo Gasparrini”) per un periodo di 9 mesi e quindi dal 17/03/2020 al 17/12/2020.
Tale Fondo prevede la possibilità, per i titolari di un mutuo contratto per l’acquisto della prima casa, di beneficiare della sospensione del pagamento delle rate al verificarsi di situazioni di temporanea difficoltà.
In linea generale, può presentare domanda il proprietario di un immobile adibito ad abitazione principale, titolare di un mutuo contratto per l’acquisto dello stesso immobile non superiore a 250.000,00 euro.
I lavoratori autonomi e i liberi professionisti, per accedere al Fondo, devono aver registrato in un trimestre successivo al 21/02/2020, ovvero nel minor periodo intercorrente tra la data dell’istanza e la data del 21/02/2020, un calo del proprio fatturato superiore al 33% rispetto al fatturato dell’ultimo trimestre 2019, in conseguenza della chiusura o della restrizione della propria attività operata in attuazione delle disposizioni adottate dall’autorità competente per l’emergenza Coronavirus.
Anche tale circostanza deve risultare da un’apposita autocertificazione ai sensi degli artt. 46 e 47 del DPR 445/2000.
Presentazione dell’istanza
La domanda di sospensione deve essere presentata alla banca presso la quale è in corso il pagamento delle rate del mutuo, utilizzando la modulistica che sarà resa disponibile nell’apposita sezione del sito Internet del Dipartimento del Tesoro (www.dt.tesoro.it) o della CONSAP (www.consap.it).
Diversamente da quanto inizialmente indicato, non è invece più necessario allegare il modello ISEE.
Disposizioni attuative
L’attuazione delle disposizioni in commento è subordinata all’emanazione di un apposito decreto ministeriale.
Ai liberi professionisti titolari di partita iva attiva alla data del 23 febbraio 2020 e ai lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa attivi alla medesima data, iscritti alla Gestione Separata dell’Inps, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, è riconosciuta un’indennità per il mese di marzo pari a 600 euro.
L’indennità è riconosciuta anche agli iscritti alle gestioni speciali dell’AGO (Assicurazione generale obbligatoria), vale a dire:
Anche tali categorie non devono essere titolari di un trattamento pensionistico diretto e non devono essere iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria, salva la Gestione Separata Inps.
In base a come è formulata la norma agevolativa, si ritiene che l’indennità prescinda da eventuali disagi (chiusura o interruzione dell’attività) causati dall’epidemia in corso.
Presentazione della domanda
Le domande andranno presentate in modalità telematica attraverso i canali messi a disposizione dell’Inps sul sito istituzionale.
di Enrico Ferra
Con la presente Circolare lo Studio presenta alcuni chiarimenti relativi alla sospensione dei ruoli a seguito della pubblicazione da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione di alcune FAQ sul sito istituzionale.
Sospensione delle cartelle
Come chiarito nella Circolare dello Studio n. 16/2020, per la generalità dei contribuenti, sono sospesi i termini dei versamenti in scadenza dall’8 marzo al 31 maggio 2020 derivanti da cartelle emesse dagli agenti della riscossione, da accertamenti esecutivi delle Entrate, da avvisi di addebito dell’Inps, da atti di accertamento emessi dalle Dogane e da atti esecutivi emessi dagli enti locali.
Tali versamenti dovranno essere effettuati in un’unica soluzione entro il 30 giugno 2020.
Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione nella FAQ n. 2 pubblicata nella sezione dedicata al decreto “cura Italia” chiarisce che i pagamenti sospesi fino al 31 maggio 2020 “dovranno essere effettuati entro il 30 giugno 2020”.
Pertanto, ad esempio, una cartella notificata nel mese di febbraio 2020, i cui termini di versamento (60 giorni dalla notifica) scadono ordinariamente nel mese di aprile 2020, può essere pagata senza maggiorazioni entro il 30 giugno 2020.
Un’ulteriore conseguenza della sospensione è il temporaneo “blocco” dell’attività di notifica delle cartelle nel periodo di sospensione. Una conferma di ciò è contenuta nella FAQ n. 1, dove si legge testualmente che “nel periodo di sospensione, Agenzia delle entrate-Riscossione non può notificare nessuna cartella di pagamento, neanche attraverso la posta elettronica certificata”.
Un altro importante chiarimento è poi contenuto nella FAQ n. 3, dove l’Agenzia chiarisce che sebbene la norma si riferisca al pagamento in “unica soluzione” è comunque possibile, per le cartelle di pagamento che scadono nel periodo di sospensione (8/3 – 31/5), richiedere la rateizzazione presentando l’istanza entro il 30 giugno 2020.
Sospensione dei piani di dilazione
Il chiarimento più importante è quello contenuto nella FAQ n. 4, dove l’Agenzia specifica che la sospensione dei versamenti riguarda anche le rate da dilazione dei ruoli (in particolare cartelle di pagamento ed avvisi di addebito Inps). Più in particolare, l’Agenzia specifica che “il pagamento delle rate dei piani di dilazione in corso in scadenza dall’8 marzo al 31 maggio 2020 è sospeso. Il pagamento di queste rate deve comunque avvenire entro il 30 giugno 2020”.
Dunque, le rate scadute a marzo, aprile e maggio potranno essere corrisposte, in unica soluzione, entro fine giugno.
Su questo punto, bisogna tuttavia prestare molta attenzione perché in caso di impossibilità di effettuare il pagamento delle rate sospese entro la data del 30 giugno il rischio è quello della decadenza dei piani in essere, che si realizza con il mancato pagamento di 5 rate anche non consecutive.
di Enrico Ferra
Nella serata di ieri è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il D.P.C.M. in materia di misure di contenimento dell’emergenza COVID-19, portante l’elenco delle attività ritenute strettamente necessarie, in allegato alla presente circolare.
Più nel dettaglio, l’art. 1 del decreto prevede, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19, sull’intero territorio nazionale l’adozione delle seguenti misure:
Decorrenza
Le disposizioni del decreto ministeriale producono effetto dalla data del 23 marzo 2020 e sono efficaci fino al 3 aprile 2020.
Le imprese le cui attività sono sospese completano le attività necessarie alla sospensione entro mercoledì 25 marzo 2020, compresa la spedizione della merce in giacenza.
di Riccardo Righi
Gentili Clienti,
con la presente lo Studio comunica talune misure fiscali previste nel Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020 (cosiddetto “Cura Italia”), pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 17 marzo 2020.
Di seguito si riportano le misure del decreto in materia fiscale:
Tali versamenti sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di maggio 2020.
La presente sospensione viene estesa anche ai seguenti soggetti:
Per tutti i soggetti sopracitati sono inoltre sospesi i termini dei versamenti relativi all’IVA in scadenza nel mese di marzo 2020 (es. saldo Iva relativo al 2019 e Iva relativa al mese di febbraio 2020).
I versamenti sospesi sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2020 (1 giugno in quanto il 31 maggio cade di Domenica) oppure mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo, a decorrere dal mese di maggio 2020.
N.B. Questa sospensione non riguarda i versamenti (anche rateali) derivanti da avvisi di irregolarità (o anche detti avvisi bonari) nonché da atti relativi ai controlli formali. In ogni caso, per qualsiasi dubbio, contattare lo Studio prima di sospendere i versamenti.
di Riccardo Righi
Con la presente lo Studio riassume le principali novità in ambito di imposta sul valore aggiunto derivanti dal processo cosiddetto “Brexit”, ovvero l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.
In data 29.1.2020, il Parlamento europeo ha ratificato il testo dell’accordo di recesso del Regno Unito dall’Unione europea (c.d. “Brexit”). Gli elementi essenziali dell’accordo sono rappresentati:
PERIODO TRANSITORIO (1.2.2020 – 31.12.2020)
Fino al 31.12.2020 agli effetti fiscali e doganali, il territorio del Regno Unito continuerà a far parte del territorio dell’Unione Europea. Gli scambi di beni tra il Regno Unito e gli altri Stati membri saranno dunque regolati ancora dalle norme armonizzate in materia di IVA, dogane e accise.
In particolare, gli scambi tra operatori economici dell’Unione Europea con operatori del Regno Unito o viceversa continueranno ad essere regolati dalle norme in materia di “scambi intracomunitari” (articolo 41, DPR 331/93 per le cessioni di beni e articolo 38, DPR 331/93 per gli acquisti di beni).
USCITA EFFETTIVA (dall’1.1.2021)
A decorrere dall’1 gennaio 2021, salvo proroghe o diversi accordi, il Regno Unito diverrà a tutti gli effetti territorio ExtraUE e le conseguenze in materia di IVA saranno le seguenti:
di Enrico Ferra
Con la presente Circolare vengono approfondite le ulteriori novità contenute nella legge n. 160/2019 (Legge di Bilancio 2020) in materia di reddito d’impresa e di lavoro autonomo in vigore dal 01/01/2020, salvo quanto previsto in termini di decorrenza da disposizioni specifiche.
Nel dettaglio, gli interventi di rilievo che verranno affrontati in questa sede riguardano:
In materia di crediti d’imposta, quello relativo agli investimenti strumentali interesserà la maggior parte di imprese e professionisti.
Le nuove disposizioni prevedono un nuovo credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi effettuati nel 2020, in sostituzione delle agevolazioni in materia di super e iper-ammortamenti.
Sono esclusi dall’agevolazione, tra gli altri:
Misura dell’agevolazione
Il credito d’imposta relativo agli investimenti in beni materiali strumentali nuovi non “4.0” è riconosciuto alle imprese e agli esercenti arti e professioni nella misura del 6% del costo nel limite massimo di 2 milioni di euro.
Per gli investimenti in beni “4.0” compresi nell’Allegato A alla L. 232/2016, il credito d’imposta è riconosciuto solo alle imprese nella misura del:
Per gli investimenti relativi a beni immateriali compresi nell’Allegato B alla L. 232/2016, il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 15% del costo nel limite massimo di costi ammissibili pari a 700.000,00 euro.
Profili temporali
Sono agevolabili i suddetti investimenti effettuati dall’01/01/2020 al 31/12/2020.
L’agevolazione spetta altresì per gli investimenti effettuati entro il 30/06/2021 a condizione che, entro la data del 31/12/2020, il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione.
Modalità di utilizzo dell’agevolazione
Il credito d’imposta è utilizzabile in compensazione con tributi e contributi e spetta per i beni materiali (sia “ordinari” che “4.0”) in cinque quote annuali di pari importo e per i soli investimenti in beni immateriali in tre quote annuali.
Nel caso di investimenti in beni materiali “ordinari” è utilizzabile a decorrere dall’anno successivo a quello di entrata in funzione dei beni, mentre per gli investimenti in beni “Industria 4.0” a decorrere dall’anno successivo a quello dell’avvenuta interconnessione.
Trattamento fiscale
Il credito d’imposta non concorrere alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini Irap.
Dicitura in fattura
Nella fattura di acquisto dei beni deve essere riportato il riferimento normativo dell’agevolazione.
Viene introdotto, per il 2020, un nuovo credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative.
Il precedente credito ricerca e sviluppo disciplinato dall’art. 3 del D.L. 145/2013 viene quindi anticipatamente abrogato al 31/12/2019.
Soggetti beneficiari
Possono beneficiare dell’agevolazione le imprese, a prescindere dalla forma giuridica, dalla natura giuridica, dalla dimensione, dal regime di determinazione del reddito.
Profili temporali
Il nuovo credito d’imposta opera per il periodo d’imposta successivo al 31/12/2019, vale a dire il 2020 per i soggetti “solari”.
Misura dell’agevolazione
La determinazione e la misura del credito d’imposta variano a seconda della tipologia di investimenti agevolabili:
Trattamento fiscale
Il credito d’imposta concorrere alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini Irap.
Il credito d’imposta spettante è utilizzabile esclusivamente in compensazione in tre quote annuali di pari importo a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di maturazione subordinatamente all’avvenuto adempimento degli obblighi di certificazione previsti.
Il credito d’imposta non può formare oggetto di cessione o trasferimento neanche all’interno del consolidato fiscale.
Obblighi documentali
Sono previsti alcuni obblighi documentali, vale a dire in estrema sintesi:
La disciplina del credito d’imposta formazione 4.0 si applica anche alle spese di formazione sostenute nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31/12/2019 (2020 per i soggetti “solari”).
Soggetti beneficiari
Possono beneficiare dell’agevolazione tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato.
La fruizione del beneficio spettante è però subordinata alle seguenti condizioni:
Misura dell’agevolazione
Alle piccole imprese (occupati < 50; fatturato/totale di bilancio ≤ 10 milioni di euro) l’agevolazione spetta nella misura del 50% delle spese ammissibili nel limite massimo annuale di 300.000,00 euro.
Per le medie imprese (occupati < 250; fatturato ≤ 50 milioni di euro e/o totale di bilancio ≤ 43 milioni di euro), l’agevolazione spetta in misura pari al 40% delle spese ammissibili nel limite massimo annuale di 250.000,00 euro.
Per le grandi imprese, l’agevolazione spetta in misura pari al 30% delle spese ammissibili nel limite massimo annuale di 250.000,00 euro.
Fermi restando i limiti massimi annuali, la misura del credito d’imposta per il 2020 è aumentata, per tutte le imprese, al 60% nel caso in cui i destinatari delle attività di formazione ammissibili rientrino nelle categorie dei lavoratori dipendenti svantaggiati o molto svantaggiati, come definite dal D.M. 17/10/2017.
Viene prorogato al 2020 il credito d’imposta sulle spese sostenute dalle PMI per la partecipazione a fiere internazionali.
In particolare, viene previsto che, al fine di migliorare il livello e la qualità di internazionalizzazione delle PMI italiane, viene riconosciuto un credito d’imposta:
Si interviene sulla disciplina della deducibilità IRPEF/IRES dell’IMU relativa agli immobili strumentali.
Analoghe misure si applicano all’IMI della Provincia autonoma di Bolzano e all’IMIS della Provincia autonoma di Trento.
In particolare è confermata, per il periodo di imposta successivo a quello in corso al 31/12/2018 (vale a dire, per il periodo di imposta 2019), la deducibilità al 50%, dal reddito di impresa e di lavoro autonomo dell’IMU relativa agli immobili strumentali.
Dal periodo di imposta 2020, la deducibilità IMU dal reddito di impresa e di lavoro autonomo, sempre in relazione agli immobili strumentali, opera nella misura del:
di Enrico Ferra
Con la presente Circolare vengono approfondite le principali novità contenute nella legge n. 160/2019 (Legge di Bilancio 2020) in materia di reddito d’impresa e di lavoro autonomo in vigore dal 01/01/2020, salvo quanto previsto in termini di decorrenza da disposizioni specifiche.
Nel dettaglio, gli interventi di rilievo che verranno affrontati in questa sede riguardano:
In materia di riqualificazione energetica, viene confermata la detrazione Irpef/Ires del 65% per tali interventi sugli edifici: la proroga riguarda di conseguenza le spese sostenute fino al 31/12/2020.
Si ricorda, al riguardo, che a partire dal 01/01/2018 la detrazione spetta nella misura del 50% per alcune tipologie di interventi: è il caso ad esempio delle finestre e delle schermature solari, in relazione alle quali la detrazione Irpef/Ires spetta nella misura del 50% per gli interventi di acquisto e posa in opera delle stesse.
Anche la detrazione Irpef del 50% prevista per gli interventi volti al recupero del patrimonio edilizio, introdotta a regime nell’art. 16-bis, co. 1, del Tuir e ordinariamente stabilita nella misura del 36%, viene prorogata anche alle spese sostenute fino al 31/12/2020.
Si ricorda che la detrazione spetta nel limite massimo di spesa di 96.000,00 euro per unità immobiliare.
2.1 Detrazione Irpef per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici (c.d. “bonus mobili”)
Vengono prorogate inoltre le agevolazioni relative al c.d. “bonus mobili ed elettrodomestici” previste dal co. 2 dell’art. 16 del D.L. n. 63/2013.
La detrazione spetta ai soggetti che beneficiano della detrazione Irpef per gli interventi di recupero edilizio, che godono quindi di un’ulteriore detrazione Irpef del 50% per le ulteriori spese documentate sostenute nell’anno 2020 in relazione all’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore ad A+, nonché A per i forni, per le apparecchiature per le quali sia prevista l’etichetta energetica, finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione.
A tal fine rilevano gli interventi di recupero del patrimonio edilizio iniziati dal 01/01/2019.
La legge di bilancio 2020 introduce una nuova detrazione Irpef/Ires pari al 90% delle spese documentate e sostenute nell’anno 2020 in relazione agli interventi finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna.
Con riguardo alle spese sostenute nell’anno 2020 per i suddetti interventi, la norma non prevede un limite di spesa massimo.
Interventi agevolati
La nuova agevolazione riguarda soltanto gli interventi sulle strutture opache della facciata, su balconi o su ornamenti e fregi.
Rientrano tra gli interventi agevolati quelli di:
Ripartizione
La nuova detrazione del 90% deve essere ripartita in 10 rate annuali.
Diversamente da quanto previsto inizialmente, dal 01/01/2020 viene eliminata la possibilità di optare per lo sconto sul corrispettivo per gli interventi antisismici.
Lo sconto sul corrispettivo per gli interventi di riqualificazione energetica permane per i soli interventi di ristrutturazione importante di primo livello sulle parti comuni degli edifici condominiali per importi pari o superiori a 200.000,00 euro.
Viene inoltre soppressa la cessione della detrazione Irpef derivante dall’esecuzione dagli interventi di recupero edilizio dai quali si ottiene un risparmio energetico.
Viene portata “a regime” l’aliquota del 10% della cedolare secca sulle locazioni a canone concordato.
Ambito di applicazione dell’aliquota del 10%
Si ricorda che l’art. 3 co. 2 del D.Lgs. 23/2011 prevede l’applicazione della cedolare secca con aliquota ridotta esclusivamente per i contratti di locazione che:
Cedolare secca sulle locazioni commerciali
La legge di bilancio 2020 non ha prorogato la cedolare secca del 21% sulle locazioni di immobili commerciali (negozi e botteghe classificati C/1 aventi superficie non superiore a 600 mq) introdotta, limitatamente ai contratti stipulati nel 2019, dalla legge di bilancio 2019.
Un’ulteriore proroga interessa la c.d. “Nuova Sabatini” di cui all’art. 2 del D.L. n. 69/2013, con il rifinanziamento della misura fino al 2023.
Rinviando alla Circolare dello Studio n. 15/2014 per maggiori chiarimenti, si ricorda che le disposizioni del D.L. n. 69/2013 consentono alle piccole e medie imprese di accedere a finanziamenti e a contributi a tasso agevolato in relazione agli investimenti – anche in leasing – in macchinari, impianti, beni strumentali d’impresa e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, nonché in relazione agli investimenti in hardware, software e tecnologie digitali.
Viene inoltre introdotta una riserva pari al 25% delle risorse per l’acquisto, anche mediante leasing finanziario, di macchinari, impianti e attrezzature nuove di fabbrica ad uso produttivo, a basso impatto ambientale, nell’ambito dei programmi finalizzati a migliorare l’ecosostenibilità dei prodotti e dei processi produttivi.
La Legge di Bilancio 2020 ripropone le agevolazioni fiscali introdotte e disciplinate dagli artt. 5 e 7 della L. n. 448/2001.
In particolare, è consentito alle persone fisiche, società semplici, enti non commerciali e soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia di rivalutare il costo o valore di acquisto delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni posseduti alla data del 01/01/2020, al di fuori del regime d’impresa, affrancando in tutto o in parte le plusvalenze che dovessero emergere nel caso in cui le partecipazioni o i terreni vengano ceduti a titolo oneroso.
Tale agevolazione presuppone l’assolvimento di un’imposta sostitutiva sul c.d. “valore di perizia” previsto per le partecipazioni o i terreni (agricoli ed edificabili).
A tal fine, occorre che entro il 30/06/2020:
L’aliquota dell’imposta sostitutiva è unica è ed pari all’11% sia nel caso di rivalutazione delle partecipazioni sia nel caso di rivalutazione dei terreni, diventando quindi:
La Legge di Bilancio 2020 riapre le disposizioni in materia di rivalutazione dei beni d’impresa e di riallineamento dei valori civili e fiscali.
Per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, la rivalutazione è operata nel bilancio al 31/12/2019.
Soggetti ammessi
I soggetti ammessi alla rivalutazione sono tutti coloro che detengono i beni in regime di impresa.
La rivalutazione può essere eseguita anche da parte dei soggetti in contabilità semplificata.
Beni rivalutabili
Possono essere rivalutati:
I beni rivalutabili devono risultare dal bilancio dell’esercizio in corso al 31/12/2018.
Effetti fiscali
Sui maggiori valori iscritti in bilancio per effetto della rivalutazione è dovuta un’imposta sostitutiva pari:
I maggiori valori sono riconosciuti ai fini fiscali:
Saldo attivo di rivalutazione
Come contropartita dei maggiori valori iscritti può essere iscritto nel passivo dello stato patrimoniale (al netto dell’imposta sostitutiva) un saldo attivo di rivalutazione.
Tale saldo attivo, se distribuito ai soci, concorre alla formazione del reddito della società e dei soci stessi; all’atto della distribuzione è concesso alla società un credito d’imposta pari all’imposta sostitutiva a suo tempo versata.
Il saldo attivo di rivalutazione può essere affrancato con un’imposta sostitutiva del 10% ed è ammesso l’affrancamento anche di una sola parte della riserva.
Versamento delle imposte sostitutive
Le imposte sostitutive per la rivalutazione dei beni d’impresa, l’affrancamento del saldo attivo e/o il riallineamento dei valori civili e fiscali devono essere versate in un’unica soluzione, entro il termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d’imposta con riferimento al quale le operazioni sono eseguite (2019, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare).
È però concessa la facoltà di effettuare versamenti rateali e in particolare:
È espressamente ammessa la compensazione in F24 del debito per le imposte sostitutive con altri crediti d’imposta.
Riallineamento dei valori civili e fiscali
Oltre alla rivalutazione dei beni d’impresa, viene riaperta la possibilità di allineare i valori civili e fiscali dei beni ai sensi dell’art. 14 della L. 342/2000 con un’imposizione sostitutiva pari a quella prevista per la rivalutazione.
I maggiori valori sono riconosciuti ai fini fiscali con le stesse tempistiche previste per la rivalutazione, ad eccezione del valore degli immobili che è riconosciuto a partire dal 2021.
La legge di bilancio 2020 ripristina l’ACE, già dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31/12/2018 (ovvero, dal 2019 per i soggetti “solari”). L’agevolazione si applica, quindi, senza soluzione di continuità rispetto al 2018.
È stato, però, ulteriormente ridotto il coefficiente di remunerazione del capitale, previsto a regime (dal 2019) nella misura dell’1,3%.
Il ripristino dell’Ace si accompagna, d’altro canto, all’abrogazione della “mini” Ires, agevolazione collegata a sua volta alla capitalizzazione dell’impresa che si sarebbe, quindi, sovrapposta all’Ace.
Un’ulteriore modifica riguarda il regime fiscale del fringe benefit in caso di veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti.
Il nuovo regime riguarderà i contratti stipulati dall’01/07/2020, in relazione ai quali la percentuale di determinazione del fringe benefit varierà a seconda del livello di emissioni di anidride carbonica. In particolare:
di Enrico Ferra
Con il D.M. 12/12/2019, pubblicato sulla G.U. n. 293 del 14/12/2019, il saggio di interesse legale di cui all’art. 1284 c.c. è stato ridotto dall’attuale 0,8% allo 0,05% con decorrenza dal 01/01/2020.
Come noto, il saggio d’interesse si applica ad alcune disposizioni fiscali e contributive.
Effetti ai fini fiscali
Dal punto di vista fiscale, l’aumento del tasso di interesse legale ha effetto, da un lato, sugli importi dovuti in caso di “ravvedimento operoso” e, dall’altro, sugli istituti deflativi del contenzioso. Vengono, inoltre, influenzate dall’aumento del saggio d’interesse legale anche alcune particolari disposizioni del Tuir che prevedono una presunzione di onerosità per taluni prestiti e finanziamenti.
Quanto al ravvedimento operoso, di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997, è noto che per la regolarizzazione degli omessi, insufficienti o tardivi versamenti dei tributi occorre corrispondere, oltre alle sanzioni in misura ridotta, anche gli interessi moratori calcolati in base al tasso d’interesse legale, con maturazione giornaliera a decorrere dal giorno successivo a quello entro il quale doveva essere assolto l’adempimento fino al giorno in cui si effettua il pagamento.
Per effetto della riduzione del saggio d’interesse legale, in relazione alle violazioni commesse a decorrere dal 01/01/2020, nel caso di regolarizzazione “spontanea” si applicherà la nuova misura dello 0,05%.
D’altro canto, per sanare le violazioni commesse nel periodo d’imposta 2019 e precedenti, occorrerà far riferimento al criterio del pro-rata temporis. In ragione di tale criterio, per sanare, ad esempio, una violazione commessa nel corso del 2017, occorrerà corrispondere – oltre al tributo e alla sanzione ridotta – gli interessi calcolati al tasso legale pari a:
L’aumento del tasso di interesse legale coinvolge, inoltre, i seguenti istituti deflativi del contenzioso:
In tali ipotesi, nel caso di opzione per il pagamento rateale delle somme dovute all’Erario, occorrerà far riferimento alla nuova misura dello 0,05% da applicare alle singole rate successive alla prima, qualora gli atti siano perfezionati a decorrere dal 01/01/2020.
In riferimento ai vecchi piani rateali, l’Agenzia delle Entrate nella Circ. 28/E/2011 ha avuto modo di chiarire che, nel caso specifico dell’accertamento con adesione, la misura del tasso legale è quella determinata in riferimento all’anno in cui viene perfezionato l’atto di adesione, non essendo influenzata da mutamenti successivi del tasso.
Pertanto, gli atti di adesione perfezionati prima del 01/01/2020 non subiranno alcuna modifica nell’importo delle rate per effetto della riduzione del tasso dallo 0,8% allo 0,05%. Allo stesso modo, gli atti perfezionati nel corso del 2020 consentiranno di “bloccare” allo 0,05% la misura del tasso legale e saranno insensibili ad eventuali aumenti successivi.
Infine, sempre dal punto di vista fiscale, la riduzione del tasso legale ha effetto su alcune disposizioni del Testo Unico delle Imposte sui Redditi. Ci si riferisce, in particolare, agli art. 45, co. 2 e 89, co. 5, del Tuir, che disciplinano la determinazione dei redditi di capitali ai fini Irpef/Ires contemplando una presunzione di onerosità, al saggio legale appunto, in relazione ai capitali dati a mutuo che non prevedano la fissazione per iscritto della misura degli interessi da corrispondere alle singole scadenze.
Effetti ai fini contributivi
Dal punto di vista contributivo, la variazione del tasso legale ha effetto in particolare in relazione alle sanzioni civili per l’omesso o ritardato versamento dei contributi previdenziali o assistenziali aventi scadenza di pagamento a partire dal 01/01/2020.
Infatti, in caso di omesso o ritardato versamento dei contributi, le sanzioni civili possono essere ridotte fino alla misura del tasso di interesse legale, dal 01/01/2020 pari allo 0,05%, in caso di:
di Riccardo Righi
Con la presente circolare lo Studio ripropone la disciplina fiscale relativa alle spese di rappresentanza e di vitto e alloggio, al fine di rammentare la loro qualificazione e le condizioni della relativa deducibilità ai fini delle imposte dirette e detraibilità ai fini IVA.
Al fine di qualificare le spese di rappresentanza e distinguerle da altre tipologie di voci di costo si deve fare riferimento al Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 19 novembre 2008, mentre per la loro deducibilità ai fini delle imposte dirette e detraibilità ai fini IVA le norme di riferimento sono costituite rispettivamente dall’art. 54, c. 5, e dall’art. 108, c. 2, DPR 917/86 e dall’art. 19-bis1, c. 1, lett. h), DPR 633/72.
1.1 DEDUCIBILITA’ DELLE SPESE DI RAPPRESENTANZA
Per quanto riguarda il reddito d’impresa, l’articolo 108, c. 2 del TUIR stabilisce che le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo d’imposta di sostenimento, se rispondenti ai requisiti di inerenza stabiliti dal D.M. 19/11/2008, entro un limite di importo commisurato all’ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica dell’impresa e più precisamente in misura pari a:
L’eventuale eccedenza rispetto all’importo sopra definito sarà da recuperare a tassazione con una variazione in aumento in dichiarazione.
Al fine di determinare l’importo deducibile delle spese di rappresentanza non si deve tener conto delle spese relative a beni gratuitamente distribuiti di valore unitario non superiore ad € 50,00, le quali sono sempre deducibili per il loro intero ammontare.
Infine, con riferimento al reddito di lavoro autonomo, l’art. 54, c. 5 del TUIR stabilisce che le spese di rappresentanza sono deducibili nel limite dell’1% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta, comprendendosi in tale ambito anche quelle sostenute per:
1.2 DEFINIZIONE DELLE SPESE DI RAPPRESENTANZA
Vengono definite spese di rappresentanza inerenti, sempreché effettivamente sostenute e documentate, le spese per erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi, effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni e il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare, anche potenzialmente, benefici economici per l’impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore.
Le caratteristiche principali delle spese di rappresentanza, dunque, sono rappresentate da:
Il decreto individua inoltre alcune fattispecie rientranti automaticamente tra le spese di rappresentanza. In particolare:
Non costituiscono invece spese di rappresentanza, e pertanto non soggiacciono a limiti di deducibilità menzionati le cosiddette “spese di ospitalità”, ovvero le spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute per ospitare clienti, anche potenziali, in occasione di mostre, fiere, esposizioni ed eventi simili in cui sono esposti beni o servizi prodotti dall’impresa o in occasione di visite a sedi, stabilimenti o unità produttive dell’impresa. La deducibilità ordinaria di tali spese è subordinata alla tenuta di una apposita documentazione da cui dovranno risultare le generalità dei clienti o potenziali clienti ospitati, la durata e il luogo di svolgimento della manifestazione e la natura dei costi sostenuti.
Inoltre, non sono da considerarsi spese di rappresentanza le spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute dall’imprenditore individuale in occasione di trasferite effettuate per la partecipazione a mostre, fiere ed eventi simili in cui sono esposti beni e servizi prodotti dall’impresa o attinenti all’attività caratteristica della stessa. Anche per queste ultime spese è necessaria la tenuta di un’apposita documentazione giustificativa.
Tali spese sono dunque deducibili in base alle regole ordinarie, alla stregua degli altri costi commerciali e di gestione aziendale, salvo la limitazione di deducibilità (75%) prevista in generale per le spese di vitto e alloggio dall’art. 109, c. 5, del TUIR, descritta nel prossimo paragrafo.
L’art. 109 co. 5 del TUIR sancisce il limite di deducibilità dal reddito d’impresa delle spese alberghiere e di ristorazione al 75% del loro ammontare, ad eccezione delle spese di vitto e alloggio sostenute dalle imprese per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti o dai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (di cui all’art. 95 co. 3 del TUIR).
Il limite di deducibilità menzionato pocanzi trova applicazione anche quando tali costi ricadono nell’alveo delle spese di rappresentanza. In altri termini, le spese di vitto e alloggio qualificabili come “spese di rappresentanza” devono essere assoggettate:
Infine, con riferimento al reddito di lavoro autonomo, l’art. 54, c. 5 del TUIR stabilisce che le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazione di alimenti e bevande sono deducibili nella misura del 75% e, in ogni caso, per un importo complessivamente non superiore al 2 per cento dei compensi percepiti nel periodo d’imposta.
IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO
L’art. 19 bis1 comma 1 lettera h) del D.P.R. 633/72 prevede l’indetraibilità dell’IVA per le spese di rappresentanza, così come definite ai fini delle imposte sui redditi, fatta eccezione per quelle sostenute per l’acquisto di beni di costo unitario non superiore ad € 50,00.
Per quanto riguarda le spese di vitto e alloggio, la relativa IVA è detraibile sulla base del principio generale di inerenza con l’attività esercitata.
Tale detraibilità ordinaria non opera per quelle spese di vitto e alloggio qualificabili come spese di rappresentanza, per le quali continua a trovare applicazione la citata previsione di indetraibilità di cui all’art. 19 bis1, comma 1, lett. h), del D.P.R. n. 633/1972.
di Riccardo Righi
Con la presente lo Studio ripropone la disciplina civilistica e fiscale in materia di rimanenze di magazzino, con particolare riguardo alle metodologie per la loro valutazione. Inoltre, nella presente circolare viene trattato il tema delle scritture ausiliarie di magazzino, obbligatorie al superamento di taluni limiti, descritti nel relativo paragrafo.
Definizione di rimanenze di magazzino
Le rimanenze di magazzino sono costituite, nelle imprese commerciali ed industriali, dai beni destinati alla vendita o da quelli che concorrono alla loro produzione. Esse vengono generalmente suddivise nelle seguenti categorie:
Ciò che determina l’inclusione o meno dei beni nelle rimanenze di magazzino ad una certa data è, normalmente, il passaggio del titolo di proprietà poiché è in quel momento che vengono trasferiti i rischi relativi al bene. Il passaggio del titolo di proprietà si considera solitamente avvenuto alla data di consegna o spedizione per i beni mobili, tenendo in debita considerazione le modalità di acquisto da cui dipende il trasferimento dei rischi, ed alla data di stipulazione del contratto di compravendita per i beni immobili.
Conseguentemente, rientrano nelle rimanenze di magazzino anche quei beni appartenenti alle categorie sopra descritte che, pur non essendo fisicamente ubicati all’interno dei locali dell’impresa, sono ugualmente di proprietà della stessa (ad esempio beni in lavorazione presso terzi ovvero beni consegnati in conto vendita o in conto visione nonché beni acquistati ma non ancora giunti presso l’impresa).
Valutazione delle rimanenze di magazzino – Aspetti civilistici
L’articolo 2426 del codice civile stabilisce il principio generale secondo il quale le rimanenze di magazzino devono essere valutate al minore tra il costo storico e il valore di mercato. Tale principio, applicabile a tutte le categorie di rimanenze di magazzino, si fonda sulla teoria che quando l’utilità o la funzionalità del bene determinato dal costo originario diminuisce è necessario modificare il valore adeguandolo al valore di mercato.
Si ricorda che la valutazione delle rimanenze di magazzino e conseguentemente il confronto fra costo storico e il valore di mercato devono essere effettuati per singole categorie. Infatti, applicando tale principio per classi o addirittura al magazzino nel suo insieme, si potrebbero determinare significative quanto inaccettabili compensazioni tra svalutazioni e rivalutazioni patrimoniali.
Definizione di valore di mercato
Il valore di mercato, alla luce di quanto affermato dai principi contabili (OIC), è rappresentato dal:
Definizione di costo storico
Il costo storico è costituito dal complesso dei costi sostenuti per ottenere la proprietà delle rimanenze di magazzino nel loro attuale sito e condizione. Tale valore è rappresentato dal:
Il costo di acquisto (in forza di quanto affermato dall’articolo 2426 codice civile) comprende, oltre al prezzo effettivo di acquisto, anche determinati oneri accessori. A riguardo è opportuno effettuare le seguenti considerazioni.
Innanzitutto occorre precisare che costi accessori cui la legge fa riferimento sono quelli direttamente imputabili al contratto di acquisto nonché quelli, anch’essi di diretta imputazione, sostenuti per portare i beni acquistati nel luogo e nello stato in cui si trovano. Tra questi si segnalano:
Tra gli oneri accessori possono essere ricomprese le spese di trasformazione sostenute per adattare i beni acquistati all’uso o alla rivendita (ad esempio spese di confezionamento). Per quanto concerne gli oneri finanziari (interessi passivi) va precisato che essi non costituiscono elementi accessori del costo d’acquisto. Ciò deriva dal disposto normativo (art. 2426 codice civile) che prevedendo e regolando esplicitamente l’imputazione degli oneri finanziari solo per la determinazione del costo dei beni prodotti, fa presumere la loro esclusione per quelli acquistati. Nella determinazione del costo di acquisto, devono essere dedotti gli sconti commerciali (sconti incondizionati in fattura e sconti di quantità) con esclusione quindi degli sconti avente natura finanziaria.
Con riferimento al costo di produzione, l’articolo 2426 del codice civile stabilisce che esso comprende tutti costi direttamente imputabili al prodotto. Può comprendere anche altri costi, per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato; con gli stessi criteri possono essere aggiunti gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi.
Tale disposizione prevede pertanto le seguenti componenti del costo di produzione:
Tali costi indiretti sono quelli sostenuti nel “periodo di fabbricazione fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato”. Si deve cioè trattare di costi di competenza del periodo di fabbricazione che deve considerarsi concluso nel momento in cui il bene è oggettivamente utilizzabile (ciò che rileva non è quindi l’effettivo utilizzo, bensì la possibilità tecnica di utilizzo).
I principi contabili OIC propongono vari metodi di imputazione dei costi indiretti di produzione nella valutazione delle rimanenze (ad esempio l’uso del parametro delle ore o del costo della manodopera diretta, o delle ore macchina) e la loro scelta dipende dalle caratteristiche delle singole fattispecie produttive.
Con riferimento al costo di produzione è necessario segnalare che l’articolo 2426 c.c. ammette, quale componente dello stesso, gli oneri finanziari ragionevolmente imputabili al prodotto, limitatamente a quelli relativi al finanziamento della fabbricazione interna o presso terzi. Stante la difficoltà di individuare la parte dei citati oneri realmente sostenuta per finanziare le rimanenze di magazzino, la prevalente dottrina tende ad escludere, come regola generale, quale componente di costo delle rimanenze, gli oneri finanziari. Tuttavia, in quei casi in cui il finanziamento è stato chiaramente assunto a fronte di specifici prodotti che richiedono un processo produttivo di vari anni, è possibile includere i relativi interessi passivi tra i costi limitatamente al periodo di produzione e ciò sempre che gli stessi siano stati realmente sostenuti, che il costo più gli oneri finanziari non ecceda il valore di realizzo e, da ultimo, che tale capitalizzazione sia dettagliatamente indicata nella nota integrativa.
Occorre poi tenere in considerazione il fatto che l’articolo 2426 n. 9) del codice civile precisa che i costi di distribuzione non possono essere computati nel costo di produzione in quanto si riferiscono all’attività di commercializzazione del prodotto e pertanto non sono costi inventariabili ai fini della valutazione delle rimanenze. Vanno inoltre escluse le spese di ricerca e sviluppo nonché le spese generali e amministrative.
Metodologia di determinazione del costo storico
La valutazione delle rimanenze di magazzino presupporrebbe l’individuazione e l’imputazione ai singoli beni dei costi specificatamente sostenuti per i beni medesimi. A riguardo occorre precisare che il metodo del costo specifico, pur essendo quello più valido ai fini di una rappresentazione veritiera e corretta, risulta di difficile, e quindi limitata, applicazione concreta. Per questo motivo il legislatore riconosce (art. 2426 n. 10 c.c.) la possibilità di valutare i beni fungibili mediante uno dei criteri indicati successivamente ai numeri 2, 3, 4 (costo medio ponderato, LIFO e FIFO). In ogni caso, lo stesso articolo 2426 n. 10) del codice civile dispone che se il valore determinato utilizzando tali criteri “differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell’esercizio, la differenza deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa”, permettendo al lettore del bilancio di individuare l’influenza sul risultato economico di periodo dell’adozione delle sopra citate metodologie di valutazione.
Ciò premesso, la valutazione delle rimanenze può, civilisticamente, essere effettuata con i seguenti metodi:
Va subito precisato come tale disposizione, volta evidentemente a semplificare la redazione del bilancio, risulti di fatto inapplicabile. Infatti, non sussistendo un’analoga previsione fiscale, anche operando in questo modo, rimarrebbe ferma l’esigenza di rilevare l’esatta consistenza di tali componenti in base alle ordinarie metodologie applicate ai fini della determinazione del reddito imponibile.
Ad ultimo si ricorda che, a norma dell’articolo 2423-bis comma 1, n. 6) c.c. i criteri di valutazione non possono, in generale, essere modificati da un esercizio all’altro. Deroghe a tale principio sono consentite solo in presenza di casi eccezionali e la nota integrativa, oltre a motivarle, deve indicarne l’influenza sulla rappresentazione patrimoniale e finanziaria e sul risultato economico.
Valutazione delle rimanenze di magazzino – Aspetti fiscali
Le disposizioni fiscali concernenti la valutazione delle rimanenze di magazzino sono contenute negli articoli 92 e 110 del DPR 917/86. Tali disposizioni sono sostanzialmente allineate con la disciplina civilistica sopra riportata, come spiegato di seguito.
L’articolo 92 DPR 917/86 al primo comma stabilisce un concetto di imponibilità della variazione delle rimanenze finali senza imporre dei metodi obbligatori di valutazione, affermando però che, se la valutazione non viene effettuata a costi specifici, il valore da assumere fiscalmente deve essere non inferiore a quello che si ottiene applicando il metodo del LIFO. Al medesimo comma, si riconosce validità al raggruppamento dei beni in categorie omogenee per natura e per valore.
La norma fiscale, quindi, dà la massima libertà di scelta sul metodo valutativo adottabile purché ciò non determini dei valori inferiori al LIFO. Nel comma 4 del medesimo articolo 92, viene posta una deroga a tale limite minimo di valutazione. Più precisamente il legislatore tributario ha stabilito che nel caso in cui le rimanenze vengano valutate con il metodo del costo medio ponderato, del FIFO o con varianti del LIFO, il valore di assumere è quello risultante dall’applicazione di uno di tali metodi, indipendentemente dal fatto che esso sia inferiore al LIFO.
Conformemente a quanto indicato dal codice civile, se il valore unitario medio dei beni determinato secondo uno dei metodi poco sopra indicati è superiore al loro valore di mercato (valore normale medio nell’ultimo mese di esercizio), allora gli stessi beni vanno valutati a tale ultimo valore (anche dal punto di vista fiscale la valutazione delle rimanenze va quindi effettuata al minore tra “costo” e “mercato”).
La configurazione di costo da utilizzare è disciplinata dalle norme generali sulle valutazioni contenute nel comma 1 dell’articolo 110 del DPR 917/86. In particolare, la lettera b) del comma 1 stabilisce che “si comprendono nel costo anche gli oneri accessori di diretta imputazione, esclusi gli interessi passivi e spese generali”.
La dottrina più autorevole identifica gli oneri accessori di diretta imputazione in tutti quelli collegati al bene da un nesso di consequenzialità (spese di registrazione, notarili, di trasporto, di assicurazione, ecc.). Anche sotto questo punto di vista emerge quindi un sostanziale allineamento tra la normativa civilistica e la normativa fiscale in tema di valutazione delle rimanenze di magazzino.
Per quanto riguarda i contribuenti in contabilità semplificata (art. 66 del TUIR), la legge di bilancio 2017 ha introdotto il principio di cassa ai fini della tassazione dei redditi, pertanto essi non devono più tenere conto del valore delle rimanenze nel calcolo del reddito imponibile. Ciononostante, la rilevazione delle rimanenze deve comunque essere effettuata in quanto rilevante ai fini dell’attività di controllo.
Contabilità di magazzino
In questo paragrafo viene analizzata la disciplina della contabilità fiscale di magazzino.
Obbligo di tenuta della contabilità di magazzino
Come stabilito dall’articolo 1, primo comma del DPR 695/1996, le scritture ausiliarie di magazzino (di cui alla lettera d dell’art. 14, primo comma, del D.P.R. n. 600/1973) devono essere tenute dalle imprese a partire dal secondo periodo d’imposta successivo a quello in cui per la seconda volta consecutivamente l’ammontare dei ricavi di vendita dei beni ed assimilati di cui all’art. 85 del TUIR e il valore complessivo delle rimanenze finali di beni e per lavori in corso, di cui agli artt. 92 e 93 del TUIR sono superiori rispettivamente ad € 5.164.568,99 ed € 1.032.913,80. L’obbligo cessa partire dal primo periodo di imposta successivo a quello in cui per la seconda volta consecutivamente l’ammontare dei ricavi o delle rimanenze risulta inferiore a tale limite.
Conseguentemente, nel 2017 saranno tenute alla contabilità di magazzino le imprese che negli esercizi 2014 e 2015 hanno superato entrambi i citati parametri e ciò indipendentemente dai ricavi e dal valore delle rimanenze relativi all’esercizio 2016. Allo stesso modo, l’obbligo cessa a partire dal primo periodo di imposta successivo a quello in cui per la seconda volta consecutivamente l’ammontare dei ricavi o il valore delle rimanenze è inferiore ai suddetti limiti. Quindi, nel caso di impresa già obbligata alla tenuta della contabilità di magazzino, l’obbligo cessa nel 2017 se nel 2015 e 2016 non sono stati superati i limiti di cui sopra.
Caratteristiche delle scritture ausiliarie di magazzino
L’articolo 14, comma 1, lett. d) del DPR 600/73 dispone che le scritture ausiliarie di magazzino devono essere tenute in forma sistematica, secondo norme di ordinaria contabilità con periodicità almeno mensile. Per sistematicità, il legislatore ha voluto intendere che le scritture ausiliarie di magazzino rispondano sì al requisito cronologico, ma che tali rilevazioni cronologiche di carico e scarico dei beni debbano altresì essere effettuate separatamente per ogni bene o per categorie omogenee di beni. Non si deve quindi procedere ad una rilevazione cronologica del complesso delle movimentazioni di magazzino effettuate, ma esclusivamente alla tenuta di elaborati intestati ad ogni singolo bene o categoria di beni, in cui rilevare distintamente e nella successione temporale i carichi e gli scarichi.
Per quanto concerne il rinvio alle norme di ordinata contabilità, il legislatore ha inteso fare riferimento alle regole generali di rilevazione extracontabile, lasciando alla volontà del contribuente la scelta del metodo e della forma di redazione delle scritture purché queste risultino di facile ed univoca intellegibilità e sia rispettato l’obbligo di conservazione dei documenti relativi ai movimenti di magazzino. Si deve ritenere, inoltre, che dal rinvio alle norme di ordinata contabilità discende l’obbligo di conservazione della documentazione relativa ai movimenti di magazzino. Relativamente ai movimenti dei beni all’interno dello stabilimento, che non formano oggetto di documentazione obbligatoria per legge, è lasciata libertà all’imprenditore di adottare la procedura contabile ritenuta più idonea.
Ove l’impresa sia strutturata per l’immissione di bolle interne, è opportuno che anch’esse siano conservate a supporto delle scritture ausiliarie. In merito alla periodicità delle rilevazioni la norma stabilisce che esse possano essere effettuate o giornalmente o in forma riepilogativa con periodicità non superiore al mese.
L’annotazione delle movimentazioni di magazzino deve essere effettuata entro 60 giorni, che decorrono, nel caso di registrazioni giornaliere dalla data della movimentazione stessa, mentre, nel caso di registrazioni riepilogative di più movimenti, dalla fine del periodo preso a base per il raggruppamento. È necessario sottolineare che, per coloro che adottano sistemi meccanografici per la tenuta delle scritture di magazzino, il termine dei 60 giorni rileva ai fini dell’immissione dati dei supporti fisici, mentre la stampa del tabulato può essere effettuata anche una sola volta all’anno entro 60 giorni dalla data di chiusura dell’esercizio.
Beni oggetto di rilevazione
Il legislatore tributario ha stabilito per quali categorie di beni la registrazione è obbligatoria, lasciando alla discrezionalità dell’imprenditore se assoggettare a registrazione anche gli altri beni per i quali non vi è l’obbligo legale o se limitarsi, per questi ultimi, al solo inventario fisico di fine esercizio. I beni per i quali è obbligatoria la registrazione nelle scritture ausiliarie sono:
In linea di massima può dunque affermarsi che rientrano nell’obbligo di tenuta della contabilità di magazzino i beni che fisicamente vengono incorporati nei prodotti fabbricati dall’impresa.
Non sono invece soggetti all’obbligo di registrazione:
Per operare correttamente, l’impresa deve individuare in primo luogo, tutti i beni o categorie di beni che, secondo la norma citata, devono essere annotate nelle scritture ausiliarie di magazzino e calcolare, con riferimento ad ogni bene o categoria, il costo complessivo di tutti gli acquisti effettuati nel precedente periodo di imposta e la relativa percentuale di importanza. In secondo luogo, l’impresa può escludere dalle annotazioni nelle scritture ausiliarie di magazzino un numero di beni o di categorie di beni, individuati a partire da quelli aventi la percentuale di incidenza più bassa ed in modo tale che la somma delle percentuali stesse non ecceda il 20%. Al termine dell’esercizio è possibile rilevare nelle scritture di magazzino i cali di quantità e le variazioni intervenute nelle giacenze fisiche, così da giustificare differenze rilevabili da quanto registrato a quanto risultante dall’inventario fisico.
Disciplina delle scritture ausiliarie in funzione del tipo di attività
La normativa tributaria ha codificato una contabilità di magazzino che tiene conto della differente articolazione del processo produttivo esistente nei diversi settori di attività. Per la precisione, essa ha diversamente disposto per le imprese commerciali, industriali e di servizi, al fine di utilizzare a scopi tributari la contabilità eventualmente già esistente per fini gestionali. Nell’ambito del settore industriale, al fine di individuare gli obblighi inerenti alla tenuta della contabilità di magazzino, è opportuno distinguere tra attività di produzione di beni omogenei a lotti ricorrenti o a flusso continuo, e quella di produzione di beni specifici su commessa.
Per quanto riguarda le imprese che effettuano la produzione di beni omogenei a lotti ricorrenti o a flusso continuo, il legislatore ha disposto la obbligatorietà della registrazione dei movimenti di carico e scarico del magazzino di tutti beni precedentemente indicati come oggetto di rilevazione, al fine di evidenziare la consistenza delle quantità iniziali e finali e le entità delle movimentazioni. Devono perciò essere forniti dati riguardanti:
Per quanto concerne invece le imprese che producono beni o servizi pattuiti come oggetto unitario e con tempo di esecuzione ultrannuale, nonché le imprese la cui produzione si sostanzia in beni valutabili sulla base di costi specifici, il legislatore ha disposto, stante la peculiarità che contraddistingue tali beni, che le scritture ausiliarie siano costituite da schede di lavorazione dalle quali devono risultare i costi specificamente imputabili al prodotto o al bene oggetto della commessa, schede che quindi sono tenute a valore e non a quantità. Ai fini della tenuta delle schede di lavorazione si ritiene opportuno precisare che l’aggiornamento delle stesse deve essere effettuato entro 60 giorni relativamente ai costi specifici, risultanti dalla fattura o da altro idoneo documento. Per gli altri costi, i 60 giorni decorrono dalla fine del periodo di imposta.
Si ricorda, infine, che le imprese in argomento, rappresentate in linea di massima dalle imprese produttrici di grandi impianti, dalle imprese edili e in generale da quelle imprese che producono opere o forniscono servizi di durata ultrannuale pattuiti con oggetto unitario, hanno anch’esse l’obbligo di tenere le scritture ausiliarie di magazzino per quelle materie che vengono acquistate e conservate per essere utilizzate nella fabbricazione di una pluralità di prodotti.
Omessa o irregolare tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino
Si ritiene opportuno accennare, in questa sede, anche le conseguenze che potrebbero derivare dalla mancata o irregolare tenuta delle scritture di magazzino. Ove in sede di verifica risultasse che il contribuente non ha tenuto le scritture ausiliarie, o se queste non vengono per qualsiasi motivo esibite in ossequio alla richiesta dei funzionari accertatori, l’ufficio competente ha facoltà di procedere ad accertamento induttivo del reddito imponibile. Analoga facoltà è concessa all’ufficio nel caso in cui le scritture in oggetto, sebbene siano state tenute, presentino irregolarità gravi, numerose e ripetute, tali da rendere inattendibile nel loro complesso le scritture stesse.
di Riccardo Righi
Come di consueto, in prossimità delle festività natalizie, lo Studio ripercorre la disciplina fiscale degli omaggi ai fini delle imposte sui redditi, Irap e dell’imposta sul valore aggiunto.
SOCIETA’ COMMERCIALI
Imposte sui redditi
La disciplina fiscale sulle spese sostenute per omaggi si differenzia a seconda che i beni siano destinati ai clienti oppure ai dipendenti o assimilati (es. co.co.co. e lavoratori a progetto).
In linea generale, gli omaggi ai clienti rientrano nelle “spese di rappresentanza”.
Gli oneri sostenuti per omaggi destinati a ciascun cliente dell’impresa sono deducibili secondo lo schema di seguito proposto:
Tale differenziazione vale solo per le cessioni di beni, poiché, come chiarito dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 34 del 13.7.2009, la deducibilità integrale non è mai applicabile alle erogazioni di servizi a titolo gratuito, per i quali valgono di conseguenza i limiti di cui al secondo punto.
Al fine di determinare il “valore unitario” degli omaggi, è necessario fare riferimento al regalo nel suo complesso (e non ai singoli beni che lo compongono) e, in particolare, al suo valore di mercato.
Si ricorda che, per gli omaggi di valore unitario superiore a 50 euro è necessario che sia rispettato il criterio dell’inerenza, ovvero che le spese di rappresentanza siano:
Per quanto riguarda, invece, i beni autoprodotti dall’impresa (beni alla cui ideazione, produzione e commercializzazione è diretta l’attività d’impresa che vengono prodotti dalla società o che sono commissionati a lavoranti esterni e acquistati dall’impresa per la successiva rivendita), è necessario effettuare una distinzione:
Un semplice esempio è utile a chiarire quanto detto. Nel caso in cui il valore di mercato dell’omaggio sia di € 60, mentre il costo di produzione sostenuto dall’impresa sia di € 45, si avrà una spesa deducibile secondo i limiti di congruità di cui al D.M. 19.11.2008 (in quanto è superata la soglia dei 50 euro) e a concorrere al calcolo di tale limite andrà il costo di produzione di € 45.
Per quanto riguarda gli omaggi destinati ai dipendenti la disciplina di riferimento è quella dei costi per le prestazioni di lavoro, ovvero l’articolo 95, comma 1, del TUIR. I costi relativi a tali spese sono quindi deducibili dal reddito d’impresa, a condizione che non abbiano finalità di istruzione, educazione, ricreazione, assistenza sociale o di culto. Queste ultime infatti sono deducibili nel limite del 5 per mille delle spese per prestazioni di lavoro dipendente.
IRAP
Per quanto riguarda la determinazione della base imponibile Irap delle società di capitali e cooperative, il costo degli omaggi indirizzati ai clienti è deducibile per la parte stanziata a conto economico. D’altro canto, con riferimento agli omaggi destinati ai dipendenti e soggetti assimilati, le relative spese sono deducibili in quanto funzionali all’attività d’impresa e non assumenti natura retributiva per il dipendente o il collaboratore.
Con riguardo alle società di persone commerciali e alle ditte individuali, sia le spese per omaggi destinati ai clienti sia quelle per i dipendenti e soggetti assimilati sono indeducibili ai fini Irap, posto che esse non sono comprese tra i costi deducibili previsti dall’articolo 5-bis del D.Lgs. 446/97.
PROFESSIONISTI E LAVORATORI AUTONOMI
Sia ai fini Irpef che ai fini Irap, posto che sia rispettato il requisito dell’inerenza all’attività svolta, i costi relativi ai beni oggetto di omaggio ai clienti è deducibile dal reddito del professionista e dal valore della produzione, a titolo di spese di rappresentanza, nel limite dell’1% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta.
Per quanto riguarda gli omaggi destinati ai dipendenti e soggetti assimilati, i relativi costi sono integralmente deducibili sia ai fini Irpef che ai fini Irap.
Per i contribuenti assoggettati al regime dei cosiddetti “nuovi minimi”, i costi relativi agli omaggi sono integralmente deducibili se di valore non superiore a € 50. Per i costi superiori a 50 euro, si applica il trattamento previsto per le spese di rappresentanza, ovvero la deducibilità nel limite dell’1% del reddito di lavoro autonomo.
Con riferimento ai contribuenti che determinano il reddito secondo il nuovo regime forfetario per gli autonomi di cui alla L. 23.12.2014 n. 190, il tema della deducibilità degli omaggi non assume alcun rilievo, in quanto tali soggetti determinano il reddito forfettariamente e non deducono i costi analiticamente.
La tabella che segue riassume quanto sopra detto per quanto riguarda il regime fiscale delle società di capitali e cooperative (soggetti Ires), società di persone e ditte individuali (soggetti Irpef), lavoratori autonomi e professionisti.
REGIME OMAGGI |
IMPOSTE SUI REDDITI |
IRAP |
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SOGGETTI IRES |
CLIENTI |
Cessioni gratuite di beni Prestazioni di servizi |
Deducibili per l’importo stanziato a conto economico |
DIPENDENTI E ASSIMILATI |
Integralmente deducibili purchè non aventi finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto |
Deducibili in quanto funzionali all’attività d’impresa, non assumendo natura retributiva |
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SOGGETTI IRPEF |
CLIENTI |
Cessioni gratuite di beni Prestazioni di servizi |
Indeducibili |
DIPENDENTI E ASSIMILATI |
Integralmente deducibili purchè non aventi finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto |
Indeducibili |
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LAVORO AUTONOMO E PROFESSIONISTI |
CLIENTI |
Deducibili, se rispettano il requisito di inerenza, nel limite dell’1% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta |
Deducibili in quanto funzionali all’attività di lavoro autonomo e non assumenti natura retributiva per il dipendente o collaboratore |
DIPENDENTI E ASSIMILATI |
Integralmente deducibili |
Deducibili in quanto funzionali all’attività di lavoro autonomo e non assumenti natura retributiva per il dipendente o collaboratore |
DISCIPLINA IVA
La disciplina dell’imposta sul valore aggiunto relativa alle spese per beni oggetto di omaggio si divide a seconda che i beni stessi rientrino o meno nell’attività propria dell’impresa. Di seguito si espongono le principali differenze fra le due categorie di beni e, in conclusione, si riporta una tabella riassuntiva di quanto descritto.
Beni rientranti nell’attività propria dell’impresa
Come chiarito dalla Circolare Ministeriale n. 188/E del 16.7.1998, gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o commercio rientra nell’attività propria dell’impresa, non costituiscono spese di rappresentanza. Pertanto, l’Iva su tali acquisti risulta detraibile, non essendo applicabile l’articolo 19-bis1 del DPR 633/72. La relativa cessione gratuita risulta sempre imponibile Iva.
Al fine di determinare la base imponibile della cessione è necessario fare riferimento:
Tenendo in considerazione che la rivalsa dell’Iva non è obbligatoria in caso di cessioni gratuite di beni, in caso di assenza di rivalsa l’operazione può essere certificata, alternativamente:
L’Iva non addebitata in rivalsa non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi.
Campioni gratuiti
Un’eccezione al regime di imponibilità delle cessioni gratuite di beni rientranti nell’attività propria dell’impresa è rappresentata dalle cessioni gratuite di campioni:
Seguendo il disposto dell’articolo 2, comma 3, lettera d) del DPR 633/72, tali operazioni di cessione sono fuori campo Iva. Ciononostante, il relativo diritto di detrazione resta esercitabile, secondo quanto stabilito dall’articolo 19, comma 3, lettera c) del DPR 633/72.
Beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa
Facendo riferimento alla Circolare Ministeriale n. 188/E del 16.7.1998, i costi relativi ai beni destinati ad essere oggetto di cessioni gratuite, la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa, costituiscono sempre spese di rappresentanza ai fini della detrazione dell’Iva. In base al combinato disposto dell’art. 2 co. 2 n. 4 e dell’art. 19-bis1, co. 1, lett. h) del DPR 633/72, le relative operazioni di cessione sono sempre fuori campo Iva.
Per quanto riguarda il diritto di detrazione, è necessario effettuare una distinzione:
Omaggi ai dipendenti e soggetti assimilati
I beni acquistati destinati ad essere oggetto di cessione gratuita verso i propri dipendenti e soggetti assimilati non sono inerenti all’attività d’impresa e non possono essere qualificati come spese di rappresentanza. Di conseguenza la relativa Iva sugli acquisti è indetraibile e la successiva cessione è fuori campo Iva.
Nel caso in cui i beni siano oggetto dell’attività d’impresa, spetterà il diritto alla detrazione e la cessione gratuita sarà imponibile.
La tabella che segue riassume brevemente quanto sopra descritto sulla disciplina Iva degli omaggi.
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IVA ACQUISTI |
CESSIONI |
Beni rientranti nell’attività propria dell’impresa |
Detraibile |
Imponibili Base imponibile: |
Beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa |
Detraibile per costo unitario ≤ € 50 Indetraibile per costo unitario > € 50 |
Fuori campo Iva |
Beni destinati a omaggi per i dipendenti |
Indetraibile, se i beni non sono oggetto dell’attività d’impresa Detraibile, se i beni sono oggetto dell’attività d’impresa |
Fuori campo Iva, se i beni non sono oggetto dell’attività d’impresa Imponibili, se i beni sono oggetto dell’attività d’impresa |
DISCIPLINA IVA DEI “BUONI ACQUISTO” (VOUCHER)
La disciplina IVA applicabile all’emissione, al trasferimento e al riscatto dei voucher è stata riformata con il D.Lgs. 141/2018, le cui disposizioni trovano applicazione per i buoni emessi successivamente al 31/12/2018.
Nell’ambito della nuova disciplina, i voucher (o “buoni corrispettivo”) sono definiti come strumenti che contengono l’obbligo di essere accettati come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi e che riportano sul supporto utilizzato o sulla relativa documentazione le informazioni necessarie a individuare i beni o servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo dei buoni medesimi.
Nella nuova disciplina, si distingue tra:
di Enrico Ferra
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I contribuenti che tengono le scritture contabili con sistemi meccanografici hanno l’obbligo di effettuare la stampa dei registri contabili entro e non oltre tre mesi dalla scadenza del termine previsto per la presentazione della dichiarazione dei redditi.
Ciò in conformità al disposto dell’art. 7, comma 4-ter, del D.L. n. 357/1994, che sancisce la regolarità di qualsiasi registro contabile tenuto con sistemi meccanografici, in difetto di trascrizione su supporti cartacei dei dati relativi all’esercizio per il quale i termini di presentazione delle relative dichiarazioni annuali non siano scaduti da oltre tre mesi.
L’unica eccezione riguarda il registro dei beni ammortizzabili che, ai sensi dell’art. 16, primo comma, del D.P.R. n. 600/1973, deve essere compilato entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione dei redditi.
Con riferimento al 2018, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, considerato che il termine di presentazione del modello Redditi è il 30/11/2019, la stampa dei suddetti registri (libro giornale, libro degli inventari, partitari, scritture ausiliarie di magazzino e registri IVA) va effettuata entro e non oltre il 28/02/2020, mentre la stampa del registro dei beni ammortizzabili va effettuata entro il 30/11/2019.
LIBRO INVENTARI
Per quanto concerne il libro inventari si ricorda che le norme civilistiche e fiscali prevedono che l’inventario, oltre al bilancio annuale, contenga anche l’indicazione e la valutazione delle attività e passività relative all’impresa.
È quindi necessario trascrivere su tale libro un dettaglio delle rimanenze di magazzino nonché delle principali attività e passività patrimoniali.
Con riferimento alle rimanenze di magazzino, si segnala che, per le società di persone e le ditte individuali, è necessario indicare anche il criterio di valutazione utilizzato. La mancanza di tale indicazione può legittimare l’Amministrazione Finanziaria a dichiarare inattendibile la contabilità.
Per le società di capitali, è necessario trascrivere sul libro inventari anche la Nota Integrativa nonché il Rendiconto Finanziario (laddove previsto), trattandosi di documenti che costituiscono parte integrante del bilancio stesso.
Infine, il libro inventari deve essere sottoscritto dal legale rappresentante entro tre mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi.
Si ricorda che il libro inventari, così come il libro giornale, pur non essendo più soggetto a vidimazione iniziale, deve essere numerato progressivamente per anno, con l’applicazione, in via preventiva:
– della marca da bollo da € 16,00 ogni 100 pagine utilizzate (o anche frazione o multipli di 100), per le società di capitali;
– della marca da bollo da € 32,00 ogni 100 pagine utilizzate (o anche frazione o multipli di 100), per gli altri soggetti.
L’Agenzia delle Entrate ha precisato che, per il solo libro inventari, qualora le relative annotazioni occupino solo poche pagine per ciascuna annualità, l’indicazione dell’anno cui si riferisce l’inventario può essere omessa.
di Enrico Ferra
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Con la presente lo Studio comunica le novità apportate dal D.L. 30.4.2019 n. 34 (cosiddetto “Decreto Crescita”) alla disciplina della rottamazione dei ruoli.
In particolare, il Decreto Crescita ha prorogato il termine per la presentazione della domanda di rottamazione dal 30 aprile 2019 al 31 luglio 2019. Il carico potrà essere dilazionato in 17 rate: la prima, pari al 20% delle somme, scadente il 30.11.2019, le altre, di pari importo, scadenti il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre dal 2020 al 2023. È anche possibile pagare in unica soluzione entro il 30.11.2019.
Si ricorda che il beneficio consiste nello stralcio intero delle sanzioni amministrative e degli interessi di mora. I tratti essenziali della disciplina non sono stati modificati rispetto alla precedente normativa, per la quale si rimanda alla Circolare dello Studio n. 28 del 7.11.2018. Si tenga presente che:
di Agostino Mazziotti
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L’art. 2, comma 1, del D.Lgs. 127/2015 prevede l’estensione generalizzata dell’obbligo di memorizzazione e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi all’Agenzia delle Entrate da parte dei soggetti IVA che esercitano attività di commercio al dettaglio o attività assimilate (di cui all’art. 22 del DPR 633/72). L’obbligo in parola dovrà essere osservato:
Si sottolinea che il limite suddetto di € 400.000 è riferito all’intero volume d’affari e non solo al volume d’affari relativo ai corrispettivi. Pertanto, ad esempio, se un soggetto passivo IVA ha realizzato nel periodo di imposta 2018 un volume d’affari pari a euro 500.000 derivante per euro 450.000 da operazioni soggette a fatturazione e per euro 50.000 da operazioni di vendita al dettaglio, tale soggetto applicherà l’obbligo in esame già a partire dall’01/07/2019.
Per le attività avviate nell’anno 2019 il suddetto obbligo non può applicarsi a partire dall’1 luglio 2019 (ma solo dall’1 gennaio 2020) in considerazione della inesistenza di un volume di affari per il periodo di imposta 2018.
Anche se non precisato dal D.Lgs n. 127/2015, si ritiene che le operazioni oggetto di memorizzazione ed invio siano i corrispettivi rilevanti ai fini IVA (relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi di cui agli artt. 2 e 3 del DPR 633/1972).
L’obbligo di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi produrrà le seguenti semplificazioni:
– sostituirà la registrazione dei corrispettivi di cui all’art. 24, comma 1, DPR 633/1972;
– sostituirà la modalità di assolvimento dell’obbligo di certificazione fiscale dei corrispettivi (tramite scontrino o ricevuta fiscale).
Resta fermo l’obbligo di emissione della fattura (elettronica), ove richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione. Per le operazioni certificate da fattura elettronica non ricorre l’obbligo di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi all’Agenzia delle Entrate.
In considerazione delle semplificazioni succitate ed in particolare con il venir meno dell’obbligo di emissione dello scontrino o della ricevuta fiscale, il legislatore ha previsto la possibilità di emettere un “documento commerciale” da consegnare al cliente, costituente titolo per l’esercizio del diritto di garanzia in caso di vizi riscontrati sul bene acquistato.
Il “documento commerciale” deve riportare almeno i seguenti elementi:
– data e ora di emissione;
– numero progressivo;
– ditta, denominazione o ragione sociale, nome e cognome, dell’emittente;
– numero di partita IVA dell’emittente;
– ubicazione dell’esercizio;
– descrizione dei beni ceduti e/o dei servizi prestati;
– ammontare del corrispettivo complessivo e di quello pagato.
Il predetto documento, su richiesta del cliente, potrà contenere anche il codice fiscale o la partita IVA dell’acquirente in modo da acquisire validità anche ai fini fiscali.
Il D.M. 10/05/2019 ha individuato i soggetti che in relazione all’attività esercitata possono considerarsi esclusi, almeno per il momento, dal nuovo adempimento.
L’esclusione dall’obbligo di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi sino alla data che verrà definita con decreto ministeriale varrà per:
– le operazioni per le quali è attualmente previsto l’esonero dall’obbligo di certificazione fiscale (emissione di scontrino o ricevuta) come per es. cessione di tabacchi, di giornali quotidiani, periodici e libri, vendite per corrispondenza, ecc.;
– le prestazioni di trasporto pubblico certificate mediante biglietto di trasporto;
Tali operazioni non dovranno essere certificate mediante emissione di scontrino o ricevuta fiscale (in quanto già escluse ai sensi dell’art. 2 del DPR 696/1996) ma dovranno essere annotate sul registro dei corrispettivi di cui all’art. 24 del DPR 633/1972.
Inoltre, sono escluse dall’adempimento sino al 31/12/2019:
– le operazioni collegate o connesse alle succitate operazioni esonerate dall’obbligo di certificazione;
– le operazioni effettuate in via marginale rispetto alle operazioni esonerate dall’obbligo di certificazione succitate o rispetto alle operazioni soggette a fatturazione ai sensi dell’art. 21 del DPR 633/72 (intendendosi per “marginali” quelle operazioni i cui ricavi o compensi non superano l’1% del volume di affari prodotto per l’anno 2018).
Ad esempio, se un soggetto passivo IVA ha realizzato nel periodo di imposta 2018 un volume d’affari pari ad euro 800.000 derivante per un ammontare di € 8.000 (l’1% del volume di affari complessivo) da operazioni di vendita al dettaglio e per un ammontare di euro 792.000 da operazioni soggette a fatturazione, l’obbligo in esame dovrà essere osservato soltanto a partire dal 1° gennaio 2020.
Tali operazioni dovranno essere certificate mediante emissione di scontrino o ricevuta fiscale e dovranno essere annotate sul registro dei corrispettivi di cui all’art. 24 del DPR 633/1972.
Vengono temporaneamente escluse dal nuovo obbligo (fino a data che verrà indicata in un decreto ministeriale di prossima emissione), infine, le operazioni effettuate a bordo di navi, aerei o treni nell’ambito di un trasporto internazionale.
In caso di esclusione, resta ferma la possibilità di memorizzare ed inviare i corrispettivi telematici all’Agenzia delle Entrate su base volontaria.
L’agenzia delle Entrate, con il Provv. 28/10/2016 n. 182017, ha stabilito che l’obbligo di memorizzazione e di trasmissione telematica dei corrispettivi potrà essere assolto tramite i seguenti strumenti (conformi alle prescrizioni previste dall’amministrazione finanziaria in termini di inalterabilità e sicurezza dei dati):
– Registratori Telematici;
– Registratori di cassa appositamente adattati alle nuove funzioni telematiche;
– Procedura web gratuita messa a disposizione nell’area riservata del sito dall’Agenzia delle Entrate e utilizzabile anche da dispositivi mobili.
In caso di omessa memorizzazione o trasmissione telematica dei dati, ovvero in caso di memorizzazione o trasmissione di dati incompleti o non veritieri, si applicano:
– la sanzione pari al 100% dell’imposta corrispondente all’importo dei corrispettivi non trasmessi o non memorizzati;
– la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività, o dell’esercizio dell’attività, per un periodo da tre giorni a un mese, qualora siano contestate quattro distinte violazioni nel corso di un quinquennio, compiute in giorni diversi.
Allo scopo di agevolare, negli anni 2019 e 2020, l’acquisto o l’adattamento degli strumenti (registratori telematici e registratori di cassa) necessari per effettuare la memorizzazione e la trasmissione dei corrispettivi, il D.Lgs. 127/2015 ha previsto la concessione di un contributo pari al 50% della spesa sostenuta, fino a un massimo di 250 euro in caso di acquisto e di 50 euro in caso di adattamento, per ogni misuratore fiscale.
Si fa presente che la spesa relativa all’acquisto o all’adattamento del misuratore fiscale deve avvenire con mezzi tracciabili di pagamento (assegni bancari e postali, bonifici, carte di credito o di debito, ecc..).
Il contributo è concesso all’esercente come credito di imposta utilizzabile in compensazione esclusivamente tramite modello F24 (codice tributo “6899”) da presentare tramite i servizi messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate. Il credito è utilizzabile a partire dalla prima liquidazione periodica IVA successiva al mese in cui è stata registrata la fattura relativa all’acquisto o all’adattamento del misuratore fiscale.
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Alla luce dell’applicazione graduale del nuovo obbligo di memorizzazione e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi, si suggerisce di contattare nel più breve tempo possibile il proprio tecnico fornitore in modo da dotarsi tempestivamente degli strumenti tecnici necessari per ottemperare a quanto richiesto dal D.Lgs. n 127/2015.
di Agostino Mazziotti
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Con la presente circolare lo Studio segnala che ai sensi dell’art. 6, comma 2, del D.M. 17/06/2014, le fatture elettroniche emesse a partire dall’01/01/2019 sulle quali è stata assolta l’imposta di bollo € 2,00 devono riportare la seguente dicitura: “Imposta di bollo assolta ai sensi del D.M. 17/06/2014”in uno dei campi facoltativi del tracciato xml (per es. campo “Causale” o “AltriDatiGestionali”).
Attenendosi al tenore letterale dell’art. 6, comma 2, del D.M. 17/06/2014 il quale al terzo periodo recita ”Le fatture elettroniche per le quali è obbligatorio l’assolvimento dell’imposta di bollo devono riportare specifica annotazione di assolvimento dell’imposta ai sensi del presente decreto”, è necessario indicare la predetta dicitura nonostante siano stati compilati i campi obbligatori “DatiBollo” (Bollo = SI; Importo = € 2,00) previsti dal tracciato xml.
di Agostino Mazziotti
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Con la presente circolare lo Studio comunica che per le fatture elettroniche emesse a partire dall’01/01/2019 il versamento dell’imposta di bollo, a differenza della precedente disciplina che prevedeva un versamento cumulativo da effettuarsi entro 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio, dovrà avvenire con periodicità trimestrale.
E’ opportuno evidenziare che l’imposta di bollo sui documenti elettronici dovrà essere assolta nel caso in cui il totale documento sia di importo superiore ad € 77,47 e il relativo corrispettivo non sia assoggettato ad IVA (in virtù del principio dell’alternatività tra IVA e imposta di bollo).
L’art. 6 del D.M. 17 giugno 2014 (modificato dal Decreto del Ministero delle Finanze del 28/12/2018) dispone che il pagamento dell’imposta di bollo relativa alle fatture elettroniche emesse in ciascun trimestre solare sia effettuato entro il giorno 20 del primo mese successivo al trimestre stesso. Pertanto, a titolo di esempio, l’importo a titolo di imposta di bollo sulle fatture elettroniche transitate sul Sistema di Interscambio a partire dal 1° giorno del corrente anno dovrà essere corrisposto per il primo trimestre (gennaio-febbraio-marzo) 2019 entro il giorno 23/04/2019 (in quanto il 20 cade di sabato e i giorni 21 e 22 sono festivi).
Secondo il riformulato art. 6 succitato, l’importo dovuto (determinato sulla base delle fatture inviate al SDI) è reso noto dall’Agenzia delle Entrate (all’interno del proprio sito) nell’area riservata del soggetto passivo IVA.
L’imposta potrà essere versata alternativamente:
Nella tabella seguente si riepilogano per il 2019 le date di scadenza entro le quali versare quanto dovuto a titolo di imposta di bollo sulle fatture elettroniche emesse in ogni trimestre:
Trimestre di riferimento | Scadenza versamento imposta di bollo |
Gennaio-Marzo 2019 | 22/04/2019
(il 20 cade di sabato e il 21 e 22 sono giorni festivi) |
Aprile-Giugno 2019 | 22/07/2019
(il 20 cade di sabato) |
Luglio-Settembre 2019 | 21/10/2019
(il 20 cade di domenica) |
Ottobre-Dicembre 2019 | 20/01/2020 |
Lo Studio segnala che per le fatture emesse fino al 31/12/2018, il versamento dell’imposta di bollo dovrà essere effettuato con le modalità previste in passato e cioè:
entro il 30/04/2019 (120 giorni dalla chiusura dell’esercizio).
di Riccardo Righi
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Con la presente lo Studio illustra ai Clienti la nuova comunicazione delle operazioni transfrontaliere, cosiddetta “esterometro”, il cui riferimento normativo è il comma 3-bis dell’art. 1 del D.Lgs. 127/2015, introdotto dalla legge di bilancio 2018 (per gli aspetti operativi vedi il Provv. del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 30 aprile 2018, n. 89757). Tale adempimento si colloca a fianco del nuovo obbligo di fatturazione elettronica B2B (così è chiamato il nuovo obbligo in vigore dall’1/1/2019, per distinguerlo dal già vigente obbligo di fattura elettronica verso la Pubblica Amministrazione) al fine di completare il quadro di informazioni da inviare all’Agenzia delle Entrate.
Soggetti obbligati e documenti oggetto della comunicazione
I soggetti tenuti a presentare la comunicazione in oggetto sono i medesimi obbligati alla fatturazione elettronica B2B, ovvero tutti i soggetti (iva) residenti o stabiliti in Italia.
Oggetto della comunicazione sono tutte le fatture emesse e ricevute relative ad operazioni con controparti non residenti né stabilite in Italia, siano esse all’interno dell’Unione Europea o Extra UE. Il fattore discriminante è dunque la residenza (e stabilimento) della controparte dell’operazione, a prescindere dalla rilevanza o meno in Italia della cessione o prestazione.
Ad esempio, una prestazione di servizi generica (art. 7-ter, DPR 633/72) ricevuta da un soggetto svizzero andrebbe comunicata nel nuovo esterometro, in quanto la controparte è residente Extra UE, a nulla rilevando che l’operazione sia rilevante in Italia (in quanto il committente è italiano).
Esclusioni soggettive e oggettive
I soggetti esonerati dalla fatturazione elettronica devono ritenersi esonerati anche dalla comunicazione in oggetto. Si tratta di:
– coloro che rientrano nel cosiddetto “regime di vantaggio” di cui all’art. 27 del DL 98/2011 (minimi);
– coloro che rientrano nel regime forfettario di cui alla Legge 190/2014 (forfetari);
– le associazioni sportive dilettantistiche (ASD) che hanno optato ai sensi degli artt. 1 e 2 della Legge 398/91 e che nel periodo d’imposta precedente hanno conseguito proventi non superiori a 65.000 euro nell’esercizio di attività commerciali, se assicurano che la fattura venga emessa per loro conto dal cessionario o committente soggetto passivo d’imposta.
D’altro canto, da un punto di vista oggettivo le operazioni escluse dalla comunicazione sono:
– quelle per le quali è stata emessa bolletta doganale (importazioni ed esportazioni di beni);
– quelle per le quali è stata emessa fattura elettronica (si ricorda che la fattura elettronica nei confronti di soggetti esteri non è obbligatoria, ma facoltativa).
Infine, solo per l’anno 2019, sono escluse dalla fatturazione elettronica e dunque dall’esterometro le operazioni i cui dati devono essere trasmessi al sistema Tessera Sanitaria.
N.B. L’emissione di fattura elettronica facoltativamente anche nei confronti di soggetti esteri esonera dal solo obbligo di comunicare le fatture attive, in quanto le fatture passive non possono essere trasmesse elettronicamente allo SDI e, pertanto, dovranno comunque essere comunicate con il nuovo adempimento.
Pertanto, un soggetto residente in Italia che decide di emettere fattura elettronica anche nei confronti delle controparti estere UE ed ExtraUE eviterà l’esterometro solo nel caso in cui non abbia acquisti Intra o Extra UE, in quanto se ovesse averli dovrebbe comunque presentare la comunicazione per tali operazioni passive.
Modalità di comunicazione e dati da comunicare
La nuova comunicazione delle operazioni transfrontaliere deve essere effettuata secondo le specifiche tecniche allegate al Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 89757 del 30 aprile 2018. Secondo il paragrafo 9.1 di
detto provvedimento, i dati da comunicare sono:
– i dati identificativi del cedente/prestatore;
– i dati identificativi del cessionario/committente;
– la data del documento comprovante l’operazione;
– la data di registrazione (per i soli documenti ricevuti e le relative note di variazione);
– il numero del documento;
– la base imponibile;
– l’aliquota IVA applicata e l’imposta, ovvero, ove l’operazione non comporti l’annotazione dell’imposta nel documento, la tipologia dell’operazione.
Per quanto riguarda la “natura dell’operazione”, di seguito si riporta una tabella riepilogativa dei relativi codici da utilizzare.
N1 Escluse ex art. 15
N2 Non soggette
N3 Non imponibili
N4 Esenti
N5 Regime del margine / IVA non esposta in fattura
N6 Inversione contabile / Reverse charge
N7 IVA assolta in altro Stato UE
Termini di trasmissione
L’esterometro riguarda tutti i documenti emessi o ricevuti a partire dall’1/1/2019.
La trasmissione deve avvenire entro l’ultimo giorno del mese successivo:
– a quello della data del documento, per le fatture emesse;
– a quello della data di ricezione per le fatture ricevute.
Per data di ricezione si intende in questo caso la data di registrazione dell’operazione ai fini della liquidazione Iva (Provv. Agenzia delle Entrate n. 89757 del 30 aprile 2018).
Ad esempio, nella comunicazione relativa a gennaio, da inviare entro il 28 febbraio, andranno incluse tutte le fatture relative ad operazioni con soggetti esteri (non residenti e non stabili in Italia) computate nella liquidazione Iva di gennaio. Con riferimento alle fatture emesse, dovrebbero essere incluse tutte le fatture con data dall’1/1 al 31/1, mentre per le fatture ricevute dovrebbero essere incluse tutte quelle registrate entro il 15 del mese successivo e computate nella liquidazione di gennaio.
Il nuovo obbligo implica dunque dodici adempimenti all’anno (uno per ogni mese), di cui il primo scade il 28 febbraio 2019.
E’ importante sottolineare che la comunicazione in oggetto non sostituisce l’invio degli elenchi Intrastat, obbligo che rimane da effettuare secondo le regole ad oggi in vigore. E’ stata invece abrogata la comunicazione trimestrale delle fatture emesse e ricevute, cosiddetta “nuovo spesometro”.
di Enrico Ferra
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La Legge di Bilancio 2019 introduce una nuova sanatoria dei ruoli, che va ad affiancarsi alla rottamazione-ter, la cui disciplina è stata già commentata nella Circolare n. 28/2018.
Per effetto di questa ulteriore sanatoria, comunemente definita “saldo e stralcio”, i debiti delle persone fisiche, risultanti dai carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 fino al 31 dicembre 2017, derivanti dall’omesso versamento di imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali e dalle attività di controllo automatico di cui all’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 e all’articolo 54-bis del decreto Iva, a titolo di tributi e relativi interessi e sanzioni, possono essere estinti dai debitori che versano in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica versando una somma determinata in misura percentuale in base alle capacità economiche del debitore.
Possono essere estinti in forma agevolata i debiti delle persone fisiche risultanti dai singoli carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 alla data del 31 dicembre 2017 relativi ai:
Dal tenore letterale della norma, si evince che sono esclusi dall’agevolazione gli omessi versamenti dei contributi per lavoro dipendente.
Sono inoltre esclusi i debiti delle società, di capitali o di persone, e di altri enti, non trattandosi di persone fisiche.
Deve trattarsi, inoltre, di debiti diversi da quelli dell’art. 4 del D.L. n. 119/2018, ossia i debiti di valore inferiore a 1.000 euro relativi al periodo 2000-2010 in quanto annullati di diritto dall’agente della riscossione.
I debitori possono estinguere tali debiti in forma agevolata purchè versino in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica, che sussiste qualora l’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) del nucleo familiare non sia superiore ad euro 20.000.
Qualora l’indicatore ISEE sia inferiore alla predetta soglia, i debiti possono essere estinti senza corrispondere le sanzioni comprese in tali carichi, gli interessi di mora ovvero le sanzioni e le somme aggiuntive dovute agli enti previdenziali e versando:
Le nuove norme stabiliscono inoltre che indipendentemente dall’indicatore ISEE si ritiene che versino in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica i soggetti per cui è stata aperta alla data di presentazione della richiesta di “saldo e stralcio” la procedura di liquidazione di cui all’articolo 14-ter della legge 27 gennaio 2012, n. 3.
In tal caso, i debiti di tali soggetti possono essere estinti versando le somme di cui alla lettera a) del punto precedente in misura pari al 10% nonché quelle di cui alla lettera b) dello stesso punto.
A tal fine, alla richiesta deve essere allegata una copia conforme del decreto di apertura della liquidazione.
Per ottenere lo “stralcio” dei ruoli, il debitore deve manifestare all’agente della riscossione la sua volontà di procedere alla definizione rendendo, entro il 30 aprile 2019, apposita dichiarazione; in tale dichiarazione il debitore attesta la presenza dei requisiti di cui al precedente punto e indica i debiti che intende definire ed il numero di rate nel quale intende effettuare il pagamento.
Il versamento delle somme può essere effettuato in unica soluzione entro il 30 novembre 2019 o nel numero massimo di 5 rate pari al:
In caso di pagamento rateale si applicano, a decorrere dal 1° dicembre 2019, gli interessi al tasso del 2% annuo.
Entro il 31 ottobre 2019, l’agente della riscossione comunica ai debitori che hanno presentato la dichiarazione l’ammontare complessivo delle somme dovute ai fini dell’estinzione, nonché quello delle singole rate, il giorno e il mese di scadenza di ciascuna di esse.
Entro la stessa data, l’agente della riscossione comunica altresì, ove sussistenti, il difetto dei requisiti prescritti o la presenza di debiti diversi da quelli definibili e la conseguente impossibilità di estinguere il debito in forma agevolata.
In caso di diniego al “saldo e stralcio”, l’agente della riscossione avverte il debitore che i debiti inseriti nella dichiarazione presentata, ove definibili ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 (rottamazione-ter), sono automaticamente inclusi nella rottamazione-ter e indica l’ammontare complessivo delle somme dovute a tal fine, ripartito in 17 rate, e la scadenza di ciascuna di esse.
In tal caso il piano di rateazione segue le scadenze di cui appresso:
Anche in questo caso si applicano, a partire dal 1° dicembre 2019, gli interessi al tasso del 2% annuo.
I debiti relativi ai carichi in oggetto possono essere estinti anche se già ricompresi in dichiarazioni rese in base alle vecchie rottamazioni ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193 (rottamazione) e dell’articolo 1, comma 5, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148 (rottamazione-bis), per le quali il debitore non ha perfezionato la relativa definizione con l’integrale e tempestivo pagamento delle somme dovute.
I versamenti eventualmente effettuati a seguito delle predette dichiarazioni restano definitivamente acquisiti e non ne è ammessa la restituzione; gli stessi versamenti sono comunque computati ai fini della definizione.
L’agente della riscossione, in collaborazione con l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza, procede al controllo sulla veridicità dei dati dichiarati ai fini della certificazione ISEE, nei soli casi in cui sorgano fondati dubbi sulla veridicità dei medesimi.
Tale controllo può essere effettuato fino alla trasmissione degli elenchi di cui all’articolo 3, comma 19, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 (ossia il 31/12/2024).
All’esito del controllo, in presenza di irregolarità o omissioni non costituenti falsità, il debitore è tenuto a fornire, entro un termine di decadenza non inferiore a venti giorni dalla relativa comunicazione, la documentazione atta a dimostrare la completezza e veridicità dei dati indicati nella dichiarazione.
Nell’ipotesi di mancata tempestiva produzione della documentazione, ovvero nei casi di irregolarità o omissioni costituenti falsità, non si determinano gli effetti del “saldo e stralcio” e l’ente creditore, qualora sia già intervenuto il discarico automatico, procede, a seguito di segnalazione dell’agente della riscossione, nel termine di prescrizione decennale, a riaffidare in riscossione il debito residuo. Restano fermi gli adempimenti conseguenti alle falsità rilevate.
di Enrico Ferra
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Dopo aver commentato con la Circolare n. 3/2019 le principali novità apportate dalla legge n. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019), con il presente approfondimento viene integrato il quadro delle novità in materia di reddito d’impresa e di lavoro autonomo in vigore dal 01/01/2019, salvo quanto previsto in termini di decorrenza da disposizioni specifiche.
Nel dettaglio, gli interventi di rilievo che verranno affrontati in questa sede riguardano:
La Legge di Bilancio 2019 introduce, a decorrere dal periodo d’imposta 2019, una tassazione agevolata per i soggetti Ires, stabilendo che il reddito complessivo netto dichiarato da tali soggetti possa essere assoggettato all’aliquota Ires ordinaria (24%) ridotta di nove punti percentuali, per la parte corrispondente agli utili del periodo d’imposta precedente a quello per il quale è presentata la dichiarazione, conseguiti nell’esercizio di attività commerciali, accantonati a riserve diverse da quelle di utili non disponibili, nei limiti dell’importo corrispondente alla somma:
Con particolare riferimento agli investimenti, la legge in commento esclude espressamente gli investimenti in immobili e in veicoli concessi ai dipendenti in uso promiscuo.
Quanto al calcolo del valore degli investimenti in beni strumentali, occorrerà di fatto prendere in considerazione il minore importo tra:
Le agevolazioni in commento sono fruibili anche ai fini Irpef in relazione al reddito d’impresa dichiarato dagli imprenditori individuali e dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria; se i predetti soggetti operano in regime di contabilità semplificata, le disposizioni stesse si applicano a condizione che le scritture contabili previste dall’articolo 2217, secondo comma, del codice civile siano integrate con apposito prospetto da cui risultino la destinazione a riserva dell’utile di esercizio e le vicende della riserva.
L’Irpef è determinata applicando alla quota parte del reddito complessivo attribuibile al reddito d’impresa le aliquote progressive ridotte di nove punti percentuali a partire da quella più elevata.
L’esame delle disposizioni in commento verrà integrato a seguito di eventuali chiarimenti ministeriali.
Alcune importanti novità vengono apportate in materia di iper-ammortamenti per i soggetti titolari di reddito d’impresa e per gli esercenti arti e professioni, consentendo agli stessi di maggiorare, ai fini del calcolo del valore degli ammortamenti deducibili, il costo di acquisizione dei beni materiali strumentali nuovi inclusi nell’Allegato A alla Legge n. 232/2016 con esclusivo riferimento alla determinazione delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria.
L’agevolazione si applica pertanto anche agli investimenti agevolabili effettuati:
La maggiorazione del costo di acquisizione degli investimenti si applica nella misura del:
La maggiorazione del costo non si applica sulla parte di investimenti complessivi eccedente il limite di 20 milioni di euro.
In abbinamento a questa agevolazione, si ricorda che per i soggetti che beneficiano dell’iper-ammortamento è prevista una maggiorazione del 40% del costo di acquisizione dei beni immateriali strumentali inclusi nell’Allegato B alla legge n. 232/2016, ossia: software, sistemi, piattaforme e applicazioni connessi a investimenti in beni materiali “Industria 4.0”.
Si segnala infine che a partire dal periodo d’imposta 2019 non sarà più possibile beneficiare del superammortamento.
La Legge di Bilancio 2019 apporta alcune modifiche alla disciplina in materia di credito d’imposta in ricerca e sviluppo di cui all’art. 3 del D.L. 145/2013.
In primo luogo, viene rimodulata la misura del credito, che passa in generale dal 50% al 25%. Di conseguenza, a seguito delle modifiche, la misura del 50% si applica solo con riferimento ad alcune tipologie di costi e in particolare per:
Gli altri costi, tra cui le quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio, saranno quindi agevolati non più al 50% ma al 25%.
Il credito d’imposta spetterà fino ad un importo massimo annuale di 10 milioni di euro per ciascun beneficiario, in luogo dell’importo di 20 milioni di euro previsto fino al 2018.
Spese per materiali e forniture
L’agevolazione è inoltre estesa ai materiali, alle forniture e ad altri prodotti analoghi direttamente impiegati nelle attività di ricerca e sviluppo anche per la realizzazione di prototipi o impianti pilota relativi alle fasi della ricerca industriale e dello sviluppo sperimentale.
Certificazione contabile
Ai fini del riconoscimento del credito d’imposta, l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall’impresa devono risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti.
Per le imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti, la certificazione è rilasciata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale dei conti, iscritti nella sezione A del registro di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39.
Per le sole imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti, le spese sostenute per adempiere all’obbligo di certificazione della documentazione contabile sono riconosciute in aumento del credito d’imposta per un importo non superiore a 5.000 euro, fermo restando, comunque, il limite massimo di 10 milioni di euro.
Utilizzo del credito
L’utilizzo del credito è subordinato al rispetto degli obblighi di certificazione.
Si ritiene, quindi, che diversamente dal passato il credito non sia utilizzabile fino al rilascio della certificazione del revisore legale.
Relazione tecnica
Ai fini dei successivi controlli, le imprese beneficiarie del credito d’imposta sono tenute a redigere e conservare una relazione tecnica che illustri le finalità, i contenuti e i risultati delle attività di ricerca e sviluppo svolte in ciascun periodo d’imposta in relazione ai progetti o ai sottoprogetti in corso di realizzazione.
Tale relazione, nel caso di attività di ricerca e sviluppo organizzate e svolte internamente all’impresa, deve essere predisposta a cura del responsabile aziendale delle attività di ricerca e sviluppo o del responsabile del singolo progetto o sottoprogetto e deve essere controfirmata dal rappresentante legale dell’impresa.
Nel caso in cui le attività di ricerca siano commissionate a soggetti terzi, la relazione deve essere redatta e rilasciata all’impresa dal soggetto commissionario che esegue le attività di ricerca e sviluppo.
Decorrenza
Le modifiche relative alla rimodulazione del credito dal 50% al 25% e all’ambito applicativo dell’agevolazione si applicano dal periodo d’imposta 2019 (per i soggetti “solari”), mentre le modifiche concernenti gli aspetti formali e documentali (quali l’obbligo di certificazione dei costi e di redigere la relazione tecnica) si applicano già dal periodo d’imposta 2018.
Un ulteriore credito d’imposta viene attribuito alle imprese, al fine di incrementare il riciclaggio delle plastiche miste e degli scarti non pericolosi dei processi di produzione industriale e della lavorazione di selezione e di recupero dei rifiuti solidi urbani, in alternativa all’avvio al recupero energetico.
Ambito oggettivo
Oggetto dell’agevolazione è l’acquisto di prodotti realizzati con materiali provenienti dalla raccolta differenziata degli imballaggi in plastica e di imballaggi biodegradabili e compostabili secondo la normativa UNI EN 13432:2000 o derivati dalla raccolta differenziata della carta e dell’alluminio.
Ambito temporale
Il credito d’imposta è riconosciuto per il 2019 e 2020.
Misura dell’agevolazione
Il credito d’imposta è pari al 36% delle spese sostenute e documentate per i predetti acquisti e viene riconosciuto fino ad un importo massimo annuale di 20.000,00 euro per ciascun beneficiario, nel limite massimo complessivo di 1 milione di euro annui per ciascuno degli anni 2020 e 2021.
Utilizzo dell’agevolazione
Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione con il modello F24, esclusivamente mediante i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, a decorrere dal 1° gennaio del periodo d’imposta successivo a quello in cui sono stati effettuati gli acquisti dei prodotti oggetto dell’agevolazione.
Trattamento fiscale
Il credito in questione non è imponibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP.
Disposizioni attuative
Un apposito decreto, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della Legge di Bilancio 2019, definirà i requisiti tecnici e le certificazioni idonee.
Viene prorogato anche per il 2019 il credito d’imposta per le imprese che effettuano spese di formazione 4.0.
Ambito oggettivo
Sono ammissibili al credito d’imposta solo le spese in attività di formazione svolte per acquisire e consolidare le conoscenze delle tecnologie previste dal piano nazionale “Industria 4.0”, quali:
Le attività di formazione devono, inoltre, essere pattuite attraverso contratti collettivi aziendali o territoriali.
Misura dell’agevolazione
Il credito d’imposta è pari al:
Si precisa che la categoria delle piccole e medie imprese è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro. D’altro canto per piccola impresa si intende un’impresa che occupa meno di 50 dipendenti e che realizza un fatturato annuo non superiore a 10 milioni di euro.
Utilizzo dell’agevolazione
Il credito d’imposta è utilizzabile in compensazione mediante modello F24, ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. n. 241/97 a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui i costi sono sostenuti (quindi, per le spese sostenute nel 2019, il credito potrà essere utilizzato dal 2020).
Trattamento fiscale
Il credito non è imponibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP.
Certificazione dei costi
Ai fini dell’ammissibilità al credito d’imposta, i costi devono essere certificati:
Tale certificazione deve essere allegata al bilancio.
Disposizioni attuative
Con apposito decreto dovranno essere definite le disposizioni attuative.
Per i due periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2018 (per i contribuenti “solari”, 2019 e 2020), alle micro e piccole imprese è attribuito un contributo a fondo perduto, nella forma di voucher, per l’acquisto di prestazioni consulenziali di natura specialistica finalizzate a sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale attraverso le tecnologie abilitanti previste dal Piano nazionale impresa 4.0 e di ammodernamento degli assetti gestionali e organizzativi dell’impresa, compreso l’accesso ai mercati finanziari e dei capitali.
Il contributo per le micro e piccole imprese è riconosciuto in relazione a ciascun periodo d’imposta in misura pari al 50% dei costi sostenuti ed entro il limite massimo di 40.000 euro.
Alle medie imprese il contributo è riconosciuto in relazione a ciascun periodo d’imposta in misura pari al 30% dei costi sostenuti ed entro il limite massimo di 25.000 euro.
In caso di adesione a un contratto di rete, avente nel programma comune lo sviluppo di processi innovativi in materia di trasformazione tecnologica e digitale attraverso le tecnologie abilitanti previste dal Piano nazionale impresa 4.0 e di organizzazione, pianificazione e gestione delle attività, compreso l’accesso ai mercati finanziari e dei capitali, il contributo è riconosciuto alla rete in misura pari al 50% dei costi sostenuti ed entro il limite massimo complessivo di 80.000 euro.
I contributi in oggetto sono subordinati alla sottoscrizione di un contratto di servizio di consulenza tra le imprese o le reti beneficiarie e le società di consulenza o i manager qualificati iscritti in un elenco istituito con apposito decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della Legge di Bilancio 2019. Con lo stesso decreto sono stabiliti i requisiti necessari per l’iscrizione nell’elenco delle società di consulenza e dei manager qualificati, nonché i criteri, le modalità e gli adempimenti formali per l’erogazione dei contributi e per l’eventuale riserva di una quota delle risorse da destinare prioritariamente alle micro e piccole imprese e alle reti d’impresa.
I contributi sono erogati in conformità ai limiti previsti dal regolamento “de minimis”.
La Legge di Bilancio 2019 riapre la disciplina dell’estromissione degli immobili strumentali detenuti dagli imprenditori individuali.
Per effetto della riapertura, possono essere estromessi in forma agevolata gli immobili strumentali posseduti sia alla data del 31 ottobre 2018 sia alla data del 01/01/2019 e gli effetti dell’estromissione decorrono dal 1 gennaio 2019.
L’agevolazione non compete agli imprenditori che abbiano cessato l’attività prima del 1 gennaio 2019.
Gli immobili oggetto di estromissione sono quelli strumentali per natura o per destinazione, mentre non possono essere estromessi in forma agevolata gli immobili “merce” e quelli non strumentali.
Il regime agevolato prevede:
Infine, con l’intervento sull’art. 14, co. 1, del D.Lgs. n. 23/2011, viene aumentata dal 20% al 40% la percentuale di deducibilità Irpef e Ires dell’IMU relativa agli immobili strumentali.
di Federica Simoni
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La Legge di Bilancio per il 2019 (all’art. 1, commi da 9 a 11) ha modificato il regime fiscale agevolato per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arte o professione, definito “regime forfetario”.
Le modifiche decorrono dall’1/01/2019 e riguardano i requisiti d’accesso e le cause di esclusione, mentre non viene modificata la restante parte del regime.
I contribuenti persone fisiche applicano il regime forfetario se nell’anno precedente hanno conseguito ricavi o percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 65.000,00 euro. Nel caso di esercizio contemporaneo di attività contraddistinte da differenti codici ATECO, ai fini del computo del limite di ricavi e compensi, si assume la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate.
L’utilizzo del regime agevolato è precluso ai soggetti che si trovino nelle seguenti situazioni:
Per completezza di informativa si ripercorrono di seguito le principali caratteristiche del regime non modificate dalla normativa.
I contribuenti che applicano il regime agevolato:
La determinazione del reddito avviene in maniera forfetaria, mediante l’applicazione di un coefficiente di redditività (diversificato in funzione del codice ATECO del contribuente) all’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti.
L’unico costo deducibile dal reddito imponibile è rappresentato dai contributi previdenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge.
Sul reddito imponibile si applica un’imposta sostitutiva dell’Irpef, delle addizionali regionali e comunali e dell’Irap, pari al 15%.
4.1 Ulteriore agevolazione per le nuove attività
La norma prevede inoltre un’ulteriore agevolazione per le nuove attività.
È previsto, in particolare, che per il periodo d’imposta in cui l’attività è iniziata e per i quattro successivi, l’aliquota dell’imposta sostitutiva sia ridotta al 5% a condizione che:
I ricavi e i compensi relativi al reddito oggetto del regime forfetario non sono assoggettati a ritenuta d’acconto da parte del sostituto d’imposta.
Per evitare l’assoggettamento a ritenuta, i contribuenti devono rilasciare un’apposita dichiarazione dalla quale risulti che il reddito cui le somme afferiscono è soggetto ad imposta sostitutiva.
Fermo restando l’obbligo di conservare i documenti ricevuti ed emessi, i contribuenti che applicano il regime forfetario sono esonerati:
– dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili;
– dall’obbligo di operare le ritenute alla fonte. Tuttavia, nella dichiarazione dei redditi, i medesimi contribuenti indicano il codice fiscale del percettore dei redditi per i quali all’atto del pagamento degli stessi non è stata operata la ritenuta e l’ammontare dei redditi stessi.
È previsto inoltre a favore dei soli soggetti iscritti alla gestione INPS artigiani e commercianti la possibilità di beneficiare di un particolare regime agevolato ai fini della determinazione dei contributi.
Il regime contributivo agevolato dà diritto alla riduzione del 35% dei contributi da versare. Il suddetto regime ha carattere opzionale ed è accessibile esclusivamente a domanda.
L’accesso al regime avviene sulla base di apposita dichiarazione che il contribuente dovrà presentare con tempestività, nel caso di apertura di partita IVA, o entro il 28 febbraio dell’anno per il quale si intende usufruire del regime agevolato, per i soggetti già in attività.
Il regime contributivo agevolato cessa di avere applicazione a partire dall’anno successivo a quello in cui viene meno taluna delle condizioni per rimanere nel regime agevolato oppure sulla base di apposita domanda. La cessazione determina, ai fini previdenziali, l’applicazione del regime ordinario di determinazione e di versamento del contributo dovuto.
Per completezza di informazione si segnala che a decorrere dall’1 gennaio 2020 le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arte o professione che hanno conseguito ricavi o percepito compensi compresi tra € 65.001,00 e € 100.000,00 nel periodo d’imposta precedente potranno applicare un’imposta sostitutiva pari al 20% sui redditi d’impresa e di lavoro autonomo determinati con i criteri ordinari.
Il nuovo regime sotto molti aspetti è analogo al regime forfettario, ma si differenzia sostanzialmente sotto il profilo della determinazione del reddito.
Qualora la disciplina in commento non dovesse subire variazioni nel corso del corrente anno, lo Studio valuterà insieme ai potenziali interessati l’eventuale convenienza all’accesso al nuovo regime agevolato.
di Federica Simoni
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Con la presente Circolare vengono approfondite le principali novità contenute nella legge n. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019) in materia di Irpef in vigore dal 01/01/2019, salvo quanto previsto in termini di decorrenza da disposizioni specifiche.
Nel dettaglio, gli interventi di rilievo che verranno affrontati in questa sede riguardano:
Il comma 67 contiene diverse disposizioni in tema di detrazioni, sia in ambito Irpef che in ambito Ires, con riferimento al comparto immobiliare.
In materia di riqualificazione energetica, viene confermata la detrazione Irpef/Ires del 65% per tali interventi sugli edifici: la proroga riguarda di conseguenza le spese sostenute fino al 31/12/2019.
Si ricorda, al riguardo, che a partire dal 01/01/2018 la detrazione spetta nella misura del 50% per alcune tipologie di interventi: è il caso ad esempio delle finestre e delle schermature solari, in relazione alle quali la detrazione Irpef/Ires spetta nella misura del 50% per gli interventi di acquisto e posa in opera delle stesse.
Anche la detrazione Irpef del 50% prevista per gli interventi volti al recupero del patrimonio edilizio, introdotta a regime nell’art. 16-bis co. 1 del Tuir e ordinariamente stabilita nella misura del 36%, viene prorogata anche alle spese sostenute fino al 31/12/2019.
Si ricorda che la detrazione spetta nel limite massimo di spesa di 96.000,00 euro per unità immobiliare.
2.1 Detrazione Irpef del 50% per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici (c.d. “bonus mobili”)
Vengono prorogate inoltre le agevolazioni relative al c.d. “bonus mobili ed elettrodomestici” previste dal co. 2 dell’art. 16 del D.L. n. 63/2013.
La detrazione spetta ai soggetti che beneficiano della detrazione Irpef per gli interventi di recupero edilizio, che godono quindi di un’ulteriore detrazione Irpef del 50% per le ulteriori spese documentate sostenute nell’anno 2019 in relazione all’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore ad A+, nonché A per i forni, per le apparecchiature per le quali sia prevista l’etichetta energetica, finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione.
Un’ulteriore proroga riguarda la detrazione Irpef del 36% delle spese documentate e sostenute nel 2019 relative agli interventi (anche se eseguiti sulle parti comuni condominiali di cui agli artt. 1117 e 1117-bis c.c.) riguardanti:
Tra le spese agevolabili sono comprese quelle di progettazione e manutenzione connesse all’esecuzione degli interventi sopra elencati.
Sono agevolati gli interventi di “sistemazione a verde” qualora siano effettuati:
Si ricorda che la detrazione è fruibile fino ad un ammontare complessivo delle spese non superiore a 5.000,00 euro per unità immobiliare e deve essere ripartita in 10 quote annuali di pari importo nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi. Per gli interventi effettuati sulle parti comuni esterne degli edifici condominiali la detrazione spetta al singolo condomino nel limite della quota a lui imputabile a condizione che la stessa sia stata effettivamente versata al condominio entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi.
La Legge di Bilancio 2019 ripropone le agevolazioni fiscali introdotte e disciplinate dagli artt. 5 e 7 della L. n. 448/2001.
In particolare, è consentito alle persone fisiche, società semplici, enti non commerciali e soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia di rivalutare il costo o valore di acquisto delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni posseduti alla data del 01/01/2019, al di fuori del regime d’impresa, affrancando in tutto o in parte le plusvalenze che dovessero emergere nel caso in cui le partecipazioni o i terreni vengano ceduti a titolo oneroso.
Tale agevolazione presuppone l’assolvimento di un’imposta sostitutiva sul c.d. “valore di perizia” previsto per le partecipazioni o i terreni (agricoli ed edificabili).
A tal fine, occorre che entro il 30/06/2019:
L’aliquota dell’imposta sostitutiva, che nel 2018 era pari all’8% sia nel caso di rivalutazione delle partecipazioni (e a prescindere dal fatto che fossero o meno qualificate) sia nel caso di rivalutazione dei terreni è ora aumentata come segue:
Tra le novità in materia di tassazione agevolata c’è l’estensione dell’applicazione della cedolare secca sulle locazioni stipulate nel 2019 aventi ad oggetto immobili commerciali classificati nella categoria C/1 (negozi e botteghe) aventi superficie fino a 600 mq.
Di conseguenza, la cedolare secca al 21% può essere applicata ai contratti di locazione stipulati a decorrere dal 01/01/2019 agli immobili classificati nella categoria C/1 a condizione che la superficie non sia superiore a 600 mq.
Per espressa previsione di legge tale regime non è applicabile ai contratti stipulati nell’anno 2019, qualora alla data del 15 ottobre 2018 risulti in corso un contratto non scaduto, tra i medesimi soggetti e per lo stesso immobile, interrotto anticipatamente rispetto alla scadenza naturale.
Infine, per quanto concerne la misura dell’acconto della cedolare secca, viene previsto che la stessa sia:
di Enrico Ferra
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Con la presente Circolare vengono approfondite le principali novità contenute nella legge n. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019) in materia di reddito d’impresa e di lavoro autonomo in vigore dal 01/01/2019, salvo quanto previsto in termini di decorrenza da disposizioni specifiche.
Vengono, in particolare, esaminate le novità di carattere fiscale concernenti l’imposizione diretta, rinviando l’analisi di specifiche disposizioni, tra cui quelle in tema di saldo e stralcio delle cartelle, ad ulteriori approfondimenti.
Nel dettaglio, gli interventi di rilievo che verranno affrontati in questa sede riguardano:
Il comma 67 contiene diverse disposizioni in tema di detrazioni, sia in ambito Irpef che in ambito Ires, con riferimento al comparto immobiliare.
In materia di riqualificazione energetica, viene confermata la detrazione Irpef/Ires del 65% per tali interventi sugli edifici: la proroga riguarda di conseguenza le spese sostenute fino al 31/12/2019.
Si ricorda, al riguardo, che a partire dal 01/01/2018 la detrazione spetta nella misura del 50% per alcune tipologie di interventi: è il caso ad esempio delle finestre e delle schermature solari, in relazione alle quali la detrazione Irpef/Ires spetta nella misura del 50% per gli interventi di acquisto e posa in opera delle stesse.
Anche la detrazione Irpef del 50% prevista per gli interventi volti al recupero del patrimonio edilizio, introdotta a regime nell’art. 16-bis co. 1 del Tuir e ordinariamente stabilita nella misura del 36%, viene prorogata anche alle spese sostenute fino al 31/12/2019.
Si ricorda che la detrazione spetta nel limite massimo di spesa di 96.000,00 euro per unità immobiliare.
2.1 Detrazione Irpef del 50% per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici (c.d. “bonus mobili”)
Vengono prorogate inoltre le agevolazioni relative al c.d. “bonus mobili ed elettrodomestici” previste dal co. 2 dell’art. 16 del D.L. n. 63/2013.
La detrazione spetta ai soggetti che beneficiano della detrazione Irpef per gli interventi di recupero edilizio, che godono quindi di un’ulteriore detrazione Irpef del 50% per le ulteriori spese documentate sostenute nell’anno 2019 in relazione all’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore ad A+, nonché A per i forni, per le apparecchiature per le quali sia prevista l’etichetta energetica, finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione.
Un’ulteriore proroga riguarda la detrazione Irpef del 36% delle spese documentate e sostenute nel 2019 relative agli interventi (anche se eseguiti sulle parti comuni condominiali di cui agli artt. 1117 e 1117-bis c.c.) riguardanti:
Tra le spese agevolabili sono comprese quelle di progettazione e manutenzione connesse all’esecuzione degli interventi sopra elencati.
Sono agevolati gli interventi di “sistemazione a verde” qualora siano effettuati:
Si ricorda che la detrazione è fruibile fino ad un ammontare complessivo delle spese non superiore a 5.000,00 euro per unità immobiliare e deve essere ripartita in 10 quote annuali di pari importo nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi. Per gli interventi effettuati sulle parti comuni esterne degli edifici condominiali la detrazione spetta al singolo condomino nel limite della quota a lui imputabile a condizione che la stessa sia stata effettivamente versata al condominio entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi.
Un’ulteriore proroga interessa la c.d. “Nuova Sabatini” di cui all’art. 2 del D.L. n. 69/2013, con il rifinanziamento della misura fino al 2023.
Rinviando alla Circolare dello Studio n. 15/2014 per maggiori chiarimenti, si ricorda che le disposizioni del D.L. n. 69/2013 consentono alle piccole e medie imprese di accedere a finanziamenti e a contributi a tasso agevolato in relazione agli investimenti – anche in leasing – in macchinari, impianti, beni strumentali d’impresa e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, nonché in relazione agli investimenti in hardware, software e tecnologie digitali.
La Legge di Bilancio 2019 ripropone le agevolazioni fiscali introdotte e disciplinate dagli artt. 5 e 7 della L. n. 448/2001.
In particolare, è consentito alle persone fisiche, società semplici, enti non commerciali e soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia di rivalutare il costo o valore di acquisto delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni posseduti alla data del 01/01/2019, al di fuori del regime d’impresa, affrancando in tutto o in parte le plusvalenze che dovessero emergere nel caso in cui le partecipazioni o i terreni vengano ceduti a titolo oneroso.
Tale agevolazione presuppone l’assolvimento di un’imposta sostitutiva sul c.d. “valore di perizia” previsto per le partecipazioni o i terreni (agricoli ed edificabili).
A tal fine, occorre che entro il 30/06/2019:
L’aliquota dell’imposta sostitutiva, che nel 2018 era pari all’8% sia nel caso di rivalutazione delle partecipazioni (e a prescindere dal fatto che fossero o meno qualificate) sia nel caso di rivalutazione dei terreni, ora aumenta come segue:
La Legge di Bilancio 2019 riapre le disposizioni in materia di rivalutazione dei beni d’impresa e di riallineamento dei valori civili e fiscali.
Per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, la rivalutazione è operata nel bilancio al 31/12/2018.
6.1 Soggetti ammessi
I soggetti ammessi alla rivalutazione sono tutti coloro che detengono i beni in regime di impresa.
La rivalutazione può essere eseguita anche da parte dei soggetti in contabilità semplificata.
6.2 Beni rivalutabili
Possono essere rivalutati:
I beni rivalutabili devono risultare dal bilancio dell’esercizio in corso al 31/12/2017.
6.3 Effetti fiscali
Sui maggiori valori iscritti in bilancio per effetto della rivalutazione è dovuta un’imposta sostitutiva pari:
I maggiori valori sono riconosciuti ai fini fiscali:
6.4 Saldo attivo di rivalutazione
Come contropartita dei maggiori valori iscritti può essere iscritto nel passivo dello stato patrimoniale (al netto dell’imposta sostitutiva) un saldo attivo di rivalutazione.
Tale saldo attivo, se distribuito ai soci, concorre alla formazione del reddito della società e dei soci stessi; all’atto della distribuzione è concesso alla società un credito d’imposta pari all’imposta sostitutiva a suo tempo versata.
Il saldo attivo di rivalutazione può essere affrancato con un’imposta sostitutiva del 10% ed è ammesso l’affrancamento anche di una sola parte della riserva.
6.5 Versamento delle imposte sostitutive
Le imposte sostitutive per la rivalutazione dei beni d’impresa, l’affrancamento del saldo attivo e/o il riallineamento dei valori civili e fiscali devono essere versate in un’unica soluzione, entro il termine per il versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d’imposta con riferimento al quale le operazioni sono eseguite (2018, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare).
È espressamente ammessa la compensazione in F24 del debito per le imposte sostitutive con altri crediti d’imposta.
6.6 Riallineamento dei valori civili e fiscali
Oltre alla rivalutazione dei beni d’impresa, viene riaperta la possibilità di allineare i valori civili e fiscali dei beni ai sensi dell’art. 14 della L. 342/2000 con un’imposizione sostitutiva pari a quella prevista per la rivalutazione.
I maggiori valori sono riconosciuti ai fini fiscali con le stesse tempistiche previste per la rivalutazione, ad eccezione del valore degli immobili che è riconosciuto a partire dal 2020.
La Legge di Bilancio 2019 abroga la disciplina dell’IRI, che avrebbe dovuto trovare applicazione dal 2018 e che quindi non risulta mai entrata in vigore.
Si ricorda che tale disciplina dell’Imposta sul Reddito d’Impresa (c.d. IRI), le cui disposizioni erano state riportate nell’art. 55-bis del Tuir, prevedeva come modello di tassazione alternativo alla tassazione progressiva (per scaglioni) una tassazione del 24% del reddito imponibile reinvestito nell’attività d’impresa.
Viene abrogata inoltre, a decorrere dal periodo d’imposta 2019, la disciplina dell’ACE (aiuto alla crescita economica), che consentiva di portare in deduzione dal reddito una quota dello stesso in proporzione agli incrementi di patrimonio netto registrati a partire dal 2010.
In mancanza di chiarimenti sul punto, si ritiene che l’agevolazione abbia efficacia ancora per l’esercizio 2018, seppure con un coefficiente ridotto del 1,5%.
Un’ulteriore abrogazione è quella che interessa il credito d’imposta del 10% dell’Irap lorda a favore dei soggetti privi di dipendenti.
Anche in questo caso non è prevista una specifica decorrenza. Si ritiene pertanto che la soppressione di tale agevolazione operi dal periodo d’imposta 2019.
di Enrico Ferra
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Con il D.M. 12/12/2018, pubblicato sulla G.U. n. 291 del 15/12/2018, il saggio di interesse legale di cui all’art. 1284 c.c. è stato aumentato dall’attuale 0,3% allo 0,8% con decorrenza dal 01/01/2019.
Come noto, il saggio d’interesse si applica ad alcune disposizioni fiscali e contributive.
Effetti ai fini fiscali
Dal punto di vista fiscale, l’aumento del tasso di interesse legale ha effetto, da un lato, sugli importi dovuti in caso di “ravvedimento operoso” e, dall’altro, sugli istituti deflativi del contenzioso. Vengono, inoltre, influenzate dall’aumento del saggio d’interesse legale anche alcune particolari disposizioni del Tuir che prevedono una presunzione di onerosità per taluni prestiti e finanziamenti.
Quanto al ravvedimento operoso, di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997, è noto che per la regolarizzazione degli omessi, insufficienti o tardivi versamenti dei tributi occorre corrispondere, oltre alle sanzioni in misura ridotta, anche gli interessi moratori calcolati in base al tasso d’interesse legale, con maturazione giornaliera a decorrere dal giorno successivo a quello entro il quale doveva essere assolto l’adempimento fino al giorno in cui si effettua il pagamento.
Per effetto dell’aumento del saggio d’interesse legale, in relazione alle violazioni commesse a decorrere dal 01/01/2019, nel caso di regolarizzazione “spontanea” si applicherà la nuova misura dello 0,8%.
D’altro canto, per sanare le violazioni commesse nel periodo d’imposta 2018 e precedenti, occorrerà far riferimento al criterio del pro-rata temporis. In ragione di tale criterio, per sanare, ad esempio, una violazione commessa nel corso del 2016, occorrerà corrispondere – oltre al tributo e alla sanzione ridotta – gli interessi calcolati al tasso legale pari a:
L’aumento del tasso di interesse legale coinvolge, inoltre, i seguenti istituti deflativi del contenzioso:
In tali ipotesi, nel caso di opzione per il pagamento rateale delle somme dovute all’Erario, occorrerà far riferimento alla nuova misura dello 0,8% da applicare alle singole rate successive alla prima, qualora gli atti siano perfezionati a decorrere dal 01/01/2019.
In riferimento ai vecchi piani rateali, l’Agenzia delle Entrate nella Circ. 28/E/2011 ha avuto modo di chiarire che, nel caso specifico dell’accertamento con adesione, la misura del tasso legale è quella determinata in riferimento all’anno in cui viene perfezionato l’atto di adesione, non essendo influenzata da mutamenti successivi del tasso.
Pertanto, gli atti di adesione e, verosimilmente, gli altri accordi rateali definiti in base ad uno degli istituti abrogati dalla legge di stabilità per il 2015 (adesione agli inviti al contraddittorio, adesione ai processi verbali di constatazione e acquiescenza all’accertamento) perfezionati prima del 01/01/2019 non subiranno alcuna modifica nell’importo delle rate per effetto dell’aumento del tasso dallo 0,3% allo 0,8%. Allo stesso modo, gli atti perfezionati nel corso del 2019 consentiranno di “bloccare” allo 0,8% la misura del tasso legale e saranno insensibili ad eventuali aumenti successivi.
Infine, sempre dal punto di vista fiscale, la riduzione del tasso legale ha effetto su alcune disposizioni del Testo Unico delle Imposte sui Redditi. Ci si riferisce, in particolare, agli art. 45, co. 2 e 89, co. 5, del Tuir, che disciplinano la determinazione dei redditi di capitali ai fini Irpef/Ires contemplando una presunzione di onerosità, al saggio legale appunto, in relazione ai capitali dati a mutuo che non prevedano la fissazione per iscritto della misura degli interessi da corrispondere alle singole scadenze.
Effetti ai fini contributivi
Dal punto di vista contributivo, la variazione del tasso legale ha effetto in particolare in relazione alle sanzioni civili per l’omesso o ritardato versamento dei contributi previdenziali o assistenziali aventi scadenza di pagamento a partire dal 01/01/2019.
Infatti, in caso di omesso o ritardato versamento dei contributi, le sanzioni civili possono essere ridotte fino alla misura del tasso di interesse legale, dal 01/01/2019 pari allo 0,8%, in caso di:
enti non economici di enti, fondazioni e associazioni non aventi fini di lucro.
di Federica Simoni
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Come noto, i contribuenti che tengono le scritture contabili con sistemi meccanografici hanno l’obbligo di effettuare la stampa dei registri contabili entro e non oltre tre mesi dalla scadenza del termine previsto per la presentazione della dichiarazione dei redditi.
Ciò in conformità al disposto dell’art. 7, comma 4-ter, del D.L. n. 357/1994, che sancisce la regolarità di qualsiasi registro contabile tenuto con sistemi meccanografici, in difetto di trascrizione su supporti cartacei dei dati relativi all’esercizio per il quale i termini di presentazione delle relative dichiarazioni annuali non siano scaduti da oltre tre mesi.
L’unica eccezione riguarda il registro dei beni ammortizzabili che, ai sensi dell’art. 16, primo comma, del D.P.R. n. 600/1973, deve essere compilato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione dei redditi.
Con riferimento al 2017, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, considerato che il termine di presentazione del modello Redditi è il 31/10/2018, la stampa dei suddetti registri (libro giornale, libro degli inventari, partitari, scritture ausiliarie di magazzino e registri IVA) va effettuata entro e non oltre il 31/01/2019, mentre la stampa del registro dei beni ammortizzabili va effettuata entro il 31/10/2018.
LIBRO INVENTARI
Per quanto concerne il libro inventari si ricorda che le norme civilistiche e fiscali prevedono che l’inventario, oltre al bilancio annuale, contenga anche l’indicazione e la valutazione delle attività e passività relative all’impresa.
È quindi necessario trascrivere su tale libro un dettaglio delle rimanenze di magazzino nonché delle principali attività e passività patrimoniali.
Con riferimento alle rimanenze di magazzino, si segnala che, per le società di persone e le ditte individuali, è necessario indicare anche il criterio di valutazione utilizzato. La mancanza di tale indicazione può legittimare l’Amministrazione Finanziaria a dichiarare inattendibile la contabilità.
Per le società di capitali, è necessario trascrivere sul libro inventari anche la Nota Integrativa nonché il Rendiconto Finanziario (laddove previsto), trattandosi di documenti che costituiscono parte integrante del bilancio stesso.
Infine, il libro inventari deve essere sottoscritto dal legale rappresentante entro tre mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi.
Si ricorda che il libro inventari, così come il libro giornale, pur non essendo più soggetto a vidimazione iniziale, deve essere numerato progressivamente per anno, con l’applicazione, in via preventiva:
L’Agenzia delle Entrate ha precisato che, per il solo libro inventari, qualora le relative annotazioni occupino solo poche pagine per ciascuna annualità, l’indicazione dell’anno cui si riferisce l’inventario può essere omessa.
di Enrico Ferra
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L’art. 57-bis del D.L. n. 50 del 24/04/2017 prevede il riconoscimento di un credito d’imposta per gli investimenti incrementali in campagne pubblicitarie su stampa, radio e televisioni.
Con il D.P.C.M. n. 90 del 16/05/2018, pubblicato sulla G.U. n. 170 del 24/07/2018, sono state emanate le disposizioni attuative di tale agevolazione.
Al fine di accedere all’agevolazione i soggetti interessati devono presentare una comunicazione mediante un apposito modello, approvato con provvedimento del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 31/07/2018.
Nel dettaglio, vengono esaminati sinteticamente i termini e le modalità di attuazione delle disposizioni in commento.
Possono beneficiare del credito d’imposta in esame:
L’agevolazione si applica indipendentemente dalla natura giuridica assunta, dalle dimensioni aziendali e dal regime contabile adottato.
Il credito d’imposta, che spetta comunque nel limite massimo di spesa stabilito, è pari al:
Oggetto dell’agevolazione sono gli investimenti incrementali riferiti all’acquisto di spazi pubblicitari e inserzioni commerciali effettuati:
Per beneficiare dell’agevolazione il valore complessivo degli investimenti deve superare almeno dell’1% l’ammontare degli analoghi investimenti effettuati nell’anno precedente sugli stessi mezzi di informazione. Per “stessi mezzi di informazione” si intendono le tipologie di canale informativo, quindi la stampa, da una parte, e le emittenti radio-televisive dall’altra (non le singole testate giornalistiche o radiotelevisive).
Sono escluse dall’agevolazione le spese sostenute per:
Inoltre, le spese per l’acquisto di pubblicità sono ammissibili al netto delle spese accessorie, dei costi di intermediazione, di ogni altra spesa diversa dall’acquisto dello spazio pubblicitario, anche se ad esso funzionale o connessa.
Sono agevolabili:
Per gli investimenti 2017, il loro valore deve superare almeno dell’1% l’ammontare degli analoghi investimenti pubblicitari effettuati dai medesimi soggetti sugli stessi mezzi di informazione nel corrispondente periodo dell’anno 2016 (24/06/2016 – 31/12/2016).
L’effettivo sostenimento delle spese, ai sensi dell’art. 109 del TUIR, deve risultare da apposita attestazione rilasciata:
Modalità di presentazione
Al fine di accedere al beneficio, i soggetti interessati devono presentare, mediante l’apposito modello:
Fermi restando i previsti termini di presentazione, non rileva l’ordine temporale di invio dei modelli.
La comunicazione e la dichiarazione sostitutiva devono essere presentate al Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, utilizzando i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate:
Termini di presentazione
4.1 Investimenti 2017
Con riferimento agli investimenti effettuati nel 2017 non deve essere presentata la “comunicazione per l’accesso al credito d’imposta”, mentre la “dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti effettuati”, necessaria per l’accesso al beneficio per l’anno 2017, deve essere presentata dal 22/09/2018 al 22/10/2018.
4.2 Investimenti 2018
Con riferimento agli investimenti effettuati nel 2018:
4.3 Investimenti a regime
A regime:
Entro il 21/11/2018 (a regime, entro il 30 aprile di ciascun anno), il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri forma l’elenco dei soggetti richiedenti il credito d’imposta per gli investimenti relativi all’anno 2018, con l’indicazione dell’eventuale percentuale provvisoria di riparto in caso di insufficienza delle risorse e dell’importo teoricamente fruibile da ciascun soggetto dopo la realizzazione dell’investimento incrementale.
L’ammontare del credito effettivamente fruibile dopo l’accertamento in ordine agli investimenti effettuati è disposto con apposito provvedimento del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che sarà pubblicato sul sito istituzionale del Dipartimento stesso.
Il credito d’imposta riconosciuto è utilizzabile esclusivamente in compensazione mediante il modello F24, ai sensi dell’art. 17 del DLgs. 241/97, dopo la realizzazione dell’investimento incrementale nella misura indicata dal provvedimento. Il modello F24 deve essere presentato esclusivamente tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate.
Il credito d’imposta va indicato nella dichiarazione dei redditi relativa ai periodi d’imposta di maturazione del credito a seguito degli investimenti effettuati e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta successivi fino a quello nel corso del quale se ne conclude l’utilizzo.
Il credito d’imposta è alternativo e non cumulabile, in relazione a medesime voci di spesa, con ogni altra agevolazione prevista dalla normativa statale, regionale o europea.
Il credito d’imposta è revocato nel caso in cui venga accertata l’insussistenza di uno dei requisiti previsti ovvero, la documentazione presentata contenga elementi non veritieri o risultino false le dichiarazioni rese.
di Lidia Gandolfi
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Con la presente Circolare lo Studio approfondisce il tema delle spese legali della parte vittoriosa in giudizio, poste a carico della parte soccombente dalla sentenza del Giudice del processo. In particolare, si pone il problema di individuare il corretto trattamento dell’Iva e della ritenuta d’acconto sull’onorario corrisposto al legale della parte vittoriosa, anche con riguardo agli aspetti documentali.
Imposta sul valore aggiunto
Innanzitutto, è necessario premettere che l’imputazione al soccombente delle spese legali della parte vittoriosa può avvenire con due modalità, previste nello specifico da due articoli del Codice di Procedura Civile:
Nel primo caso, in cui il soccombente viene condannato a rimborsare la parte vittoriosa delle spese legali sostenute, l’Iva deve essere rimborsata solo nel caso in cui essa rappresenti un costo per la parte vittoriosa. Ciò accade, ad esempio, quando quest’ultima non sia un soggetto passivo dell’imposta (ad es. un privato), oppure quando, anche rivestendo la qualità di soggetto passivo, non possa portare l’Iva assolta in detrazione e, quindi, questa rappresenti un costo del giudizio. Per quanto riguarda la parte soccombente, essa non potrà portare in detrazione l’Iva rimborsata. D’altro canto, laddove la parte vittoriosa possa portare in detrazione l’imposta assolta a titolo di rivalsa, la parte soccombente sarà tenuta a rimborsarle solamente le spese relative all’onorario.
Dal punto di vista documentale, il legale emetterà fattura nei confronti del suo cliente, mentre la parte vittoriosa non dovrà emettere fattura per il rimborso delle spese. La parte soccombente, infine, registrerà in contabilità le spese rimborsate, documentando la registrazione con una ricevuta/quietanza rilasciata dalla parte vittoriosa o anche dal dispositivo della sentenza.
Allo stesso modo, per quanto riguarda il caso contemplato dall’articolo 93 c.p.c. dove il legale della parte vittoriosa riceve il pagamento del suo onorario direttamente dalla parte soccombente, il fattore discriminante è rappresentato dalla possibilità di detrazione dell’Iva della parte vittoriosa. Con la sentenza n. 3544 del 12 giugno 1982, la Cassazione ha stabilito che la parte soccombente in giudizio debba corrispondere al legale, oltre all’onorario, anche la relativa Iva ogni qualvolta la parte vittoriosa non sia autorizzata a portare in detrazione tale imposta ed essa, di conseguenza, rappresenti una componente di costo del processo. Anche in questo caso la parte soccombente non potrà portare in detrazione l’Iva pagata al legale della parte vittoriosa.
Nel caso, invece, in cui la parte vittoriosa possa detrarre l’Iva, il legale avrà diritto di richiedere il pagamento dell’onorario alla parte soccombente, mentre riceverà la relativa Iva dal suo cliente.
Infine, dal punto di vista documentale, il legale della parte vittoriosa dovrà emettere una fattura intestata al suo cliente, con la specifica annotazione che la soluzione di pagamento è avvenuta da parte del soccombente (con inclusione o meno dell’Iva a seconda del caso).
Ritenuta d’acconto
Per quanto riguarda la problematica della ritenuta d’acconto, nel caso di distrazione delle spese ex art. 93 c.p.c., a prescindere dal contenuto del provvedimento di distrazione, la parte soccombente che effettua il pagamento degli onorari del legale della parte vittoriosa riveste la qualità di sostituto d’imposta e pertanto deve operare la ritenuta d’acconto. In tal senso si è pronunciato il Ministero delle Finanze con la Circolare n. 203/E del 6 dicembre 1994.
di Lidia Gandolfi
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Con la presente circolare si vuole far chiarezza sulla disciplina Iva dei cosiddetti “resi merce”, nella particolare fattispecie del reso documentato dal cliente.
L’articolo 26, comma 2 del DPR 633/72 (Decreto Iva), prevede la possibilità per il cedente, in seguito alla ricezione di resi da parte del cliente, di detrarre l’Iva relativa alla variazione in diminuzione dell’imponibile derivante dall’emissione della relativa nota di credito. Si ricorda che, considerato il richiamo all’articolo 19 del DPR 633/72 presente nell’articolo 26 del medesimo decreto, il fornitore, se vuole detrarre l’imposta relativa al reso, è tenuto a emettere la nota di credito entro il termine di presentazione della dichiarazione Iva relativa al secondo anno successivo a quello in cui si è verificato il reso (ovvero il medesimo termine per la detrazione dell’Iva relativa alle fatture di acquisto).
In alcuni settori, dove la gamma dei beni è particolarmente variegata e le previsioni delle richieste di mercato sono difficili, il fenomeno del reso è tutt’altro che infrequente. Per questa ragione, alcune volte accade che sia l’acquirente ad emettere una nota di debito nei confronti del cedente, invece che aspettare che questi emetta una nota di credito. Tale operazione, pur non essendo di per sé errata (Corte di Giustizia UE – causa C-141/96, Bernhard Langhorst) può suscitare contestazioni da parte dell’Amministrazione Finanziaria, che potrebbe riqualificare la restituzione dei beni come un’operazione di retrovendita.
Tuttavia, con alcuni accorgimenti operativi, è possibile evitare il rischio di contestazioni sulla natura dell’operazione. In particolare, l’articolo 21, c. 1 del DPR 633/72, stabilisce che il cedente “emette fattura ( … ) o, ferma restando la sua responsabilità, assicura che la stessa sia emessa, per suo conto, dal cessionario o dal committente ovvero da un terzo”. Considerato che le norme che regolano l’emissione delle note di credito sono le stesse che presiedono l’emissione della fattura, è possibile seguire la succitata procedura anche nel caso in oggetto, al fine di prevenire contestazioni in sede di accertamento. E’ dunque necessario che:
Tali obblighi dovranno essere adempiuti con il massimo dettaglio, anche al fine di permettere al cedente di porre in essere gli ulteriori obblighi di registrazione del documento emesso dal cliente, ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione di cui all’art. 26 c. 2 del DPR 633/72 e ai fini dichiarativi.
Infine, si specifica che, nel caso in cui l’acquirente risieda in un Paese con il quale non siano in vigore strumenti per la reciproca assistenza in materia di Iva (extra UE), il fornitore dovrà comunicare all’Amministrazione Finanziaria, in via telematica, il possesso di alcuni requisiti di affidabilità, quali: